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Alessandro Alciato, ”Nel mio libro emerge un Andrea Pirlo inedito, diverso da quello che vediamo in tv”

Ai più piccoli, insieme ad un pallone, andrebbe regalato anche un libro. E' questa l’unico modo per rendere la lettura un'attività popolare come il calcio secondo alessandro Alciato, il giornalista sportivo di Sky, autore di “Penso, quindi gioco” libro scritto a 4 mani con Andrea Pirlo...

Il giornalista di Sky presenta “Penso, quindi gioco”, il libro scritto a 4 mani con il fuoriclasse della Juventus e della Nazionale

 

MILANO – Ai più piccoli, insieme ad un pallone, andrebbe regalato anche un libro. E’ questa l’unico modo per rendere la lettura un’attività popolare come il calcio secondo Alessandro Alciato, il giornalista sportivo di Sky, autore di “Penso quindi gioco” libro scritto a 4 mani con Andrea Pirlo, talentuoso calciatore della Juventus e della Nazionale Italiana di calcio. Come spiega lo stesso Alciato, in questo libro non si parla solo di calcio, ma anche di vita e di valori, senza censure: dal calcioscommesse alla violenza negli stadi, dalla “corte spietata” dei maggiori club europei per agli scherzi da spogliatoio dei quali lo stesso Pirlo è stato abile regista (non solo, quindi, in campo). Un Andrea Pirlo inedito, che Alessandro Alciato ci racconta in questa intervista.


Come è stato collaborare con Andrea Pirlo per la realizzazione del libro?

Stupefacente, perché ho conosciuto la parte vera di Pirlo. Durante la stesura del libro si è aperto come mai aveva fatto prima, raccontando molti episodi inediti della sua vita, e quasi tutti all’uscita del libro hanno fatto scalpore. Mentre scrivevo, pensavo sempre la stessa cosa: “Penso quindi gioco” farà discutere, sia chi gli vuole bene sia chi non lo ama. E così è stato.

Siamo abituati in tv a vedere Andrea Pirlo sempre serio, spesso taciturno. E’ anche così nella vita di tutti i giorni, oppure all’interno del libro emerge un Pirlo diverso?
All’interno del libro emerge un Pirlo inedito, incredibilmente diverso da quello che siamo abituati a vedere in tv. Parla, parla tantissimo, sia di argomenti molto seri che di cose più soft, e soprattutto ride e sa far ridere. Mi è capitato più di una volta di dirgli che, se non avesse fatto il calciatore, avrebbe potuto intraprendere la carriera di comico. E in quel caso sì che avrebbe vinto il Pallone d’Oro…

Quale episodio o passaggio del libro è esplicativo per capire che tipo di persona è Andrea Pirlo?
La parte in cui racconta di una partita in particolare, giocata con la maglia di una formazione giovanile del Brescia. Nessuno dei suoi compagni gli passava la palla, perché lo ritenevano troppo bravo, e lui è scoppiato a piangere in mezzo al campo, davanti a tutti. Andrea definisce quel momento uno dei più importati della sua carriera, utile per capire che davanti alle difficoltà si apre un bivio: va scelta la strada giusta. O si crolla e basta, o si crolla e poi si risorge. Toccante anche il passaggio in cui svela che i genitori dei suoi compagni di squadra lo insultavano dalla tribuna urlandogli “vai a fare il fenomeno da un’altra parte”, e allora suo papà era costretto a correre via per non sentirli. Soffriva,  e Andrea con lui, e per lui.

Qual è l’aneddoto o retroscena particolare contenuto nel libro, che ti ha maggiormente colpito?
La lucidità con cui parla del doping nel ciclismo e, di conseguenza, della preoccupazione nei confronti dei ciclisti più giovani. Perché in questo libro non si parla solo di calcio, ma anche di vita e di valori, senza censure.


Pirlo è sicuramente uno dei giocatori più talentuoso del nostro calcio. A quale scrittore si sentirebbe di accostarlo (e perché)?

Ovviamente ad Andrea Pirlo. Adesso è uno scrittore anche lui. Sul campo l’hanno considerato sempre un calciatore inimitabile, non è abituati ai paragoni…

Purtroppo, la lettura non è popolare in Italia quanto il calcio. Da cosa dipende? Cosa si potrebbe fare affinché un ragazzo, con la stessa naturalezza con cui prende un pallone e inizia a giocare a calcio, possa prendere un libro e iniziare a leggerlo?
Dipende dal fatto che per un genitore è più facile dare un pallone a un bambino piuttosto che un libro: nel primo caso non gli insegna niente ma, mandandolo in cortile a giocare, guadagna del tempo per sé. Direi che è quasi una questione di egoismo. La soluzione c’è ed è molto semplice: ai bambini piccoli, con il pallone, andrebbe regalato anche un libro. Da subito. Io con Niccolò, il mio bimbo di 16 mesi, l’ho fatto, e il risultato è stato incredibile: la sera non va a dormire senza aver prima preso in mano quelli che lui chiama “bibi”. Guarda le figure mentre io e mia moglie leggiamo il testo ad alta voce. Sembra piacergli molto. Con il pallone, invece, già ora è un disastro!

12 maggio 2013

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