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Aldo Nove, ”Nel mio libro Mia Martini racconta la sua travagliata esistenza poche ore prima di morire”

''La Anna Magnani della canzone''. E' questo l'appellativo affibbiato da Dori Ghezzi a Mia Martini, la protagonista del libro di Aldo Nove ''Mi chiamo …'', presentato questa settimana alla Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano ...
Presentato questa settimana a Milano il nuovo libro di Aldo Nove, “Mi chiamo…”, dedicato alla memoria di Mia Martini
MILANO – “La Anna Magnani della canzone”. E’ questo l’appellativo affibbiato da Dori Ghezzi a Mia Martini, la protagonista del libro di Aldo Nove “Mi chiamo…”, presentato questa settimana alla Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano. All’evento sono intervenuti, oltre all’autore, Dori Ghezzi, compagna di Fabrizio De André, Ricky Gianco e Alberto Tonti. 
 
IL DOLORE INCOMPRESO – “Mi chiamo …” ricostruisce la travagliata vita di Mia Martini, come un resoconto fatto  poche ore prima della morte, avvenuta il 12 maggio 1995. Il libro è raccontato in prima persona, attraverso la voce stessa della cantante, definita da Ricky Gianco come “una voce con il sangue, con la carne”. Il personaggio che emerge dalle righe di questa sorta di confessione autobiografica è una donna determinata ma allo stesso tempo fragile. Dori Ghezzi ricorda i momenti trascorsi con lei “Con me non ha mai parlato del dolore che la lacerava. Quando mi chiamava piangendo per sfogarsi riguardo le ingiustizie e le male lingue che la affliggevano, io le dicevo di non farlo, che non sarei riuscita a rincuorarla sentendola così. Allora, quando capitava che avesse bisogno di dar sfogo ai suoi problemi, mi chiamava e mi raccontava tutto, ma ridendo!” Quando si soffre si torna un po’ bambini, e Mia Martini nell’ultimo periodo della sua vita era tornata quella bambina che, scoperta l’esistenza dell’Amazzonia, decise con un’amica di scappare per raggiungerla. Come racconta Aldo Nove “Presi i panini, un coltellino per difendersi dai coccodrilli, un paio di calze ed il libro di Pinocchio, si diressero verso il porto di Bagnara Calabra. Vennero ritrovate poche ore dopo dalla polizia, allertata dalle famiglie”. 
 
L’AMORE PER LA CANZONE – La vera grande passione di Mimì era la canzone. Da piccola il suo idolo era Nilla Pizzi. Dori Ghezzi ha ricordato uno degli episodi, riportati anche nel libro, in cui, durante la sua detenzione nelle carceri di Tempio Pausania, non potendo fare a meno della musica, cantava per le compagne di cella. Aveva una voce che ti catturava, quasi magnetica. A causa delle precarie condizioni psicologiche in cui versava, si ammalò davvero, tanto da non poter cantare. Quando ha ricominciato a cantare ha cercato di superare le negatività , ma si è poi lasciata travolgere, in un momento in cui soffriva anche per altro, per amore. Ricky Gianco la dipinge in modo diverso all’immagine che traspare dal libro “Non la ricordo mai come triste, la ricordo come seria ed allegra, alla continua ricerca di uno stile, che esternava attraverso un abbigliamento piuttosto appariscente”. La leggenda che portasse sfortuna la distrusse psicologicamente. Non poteva accettare questo genere di critica, nonostante, come ricorda ancora una volta Dori Ghezzi, lei credesse molto nel karma e si definisse una “strega buona”. 
 
IL DIFFICILE RAPPORTO CON IL PADRE – Il rapporto tra la Martini e il padre fu molto controverso. Quando lui lasciò la madre, Mia, Loredana e le altre sorelle erano diventate lo zimbello del paese, prese in giro ed additate a causa di questo fatto. L’autore racconta come il padre di Mia fosse un personaggio molto particolare, mitizzato dall’intera famiglia in senso negativo. “Lui stimava molto Mimì, e apprezzava il fatto che volesse fare la cantante, ma desiderava che facesse musica classica, perché seria”. Fu la stessa Martini, molti anni dopo, a voler ricucire i rapporti con il padre, tanto da trasferirsi a Cardano al Campo per potergli essere più vicina. Il ritorno al paesino, una sorta di alter ego del suo paese natale, Bagnara Calabra, unito alla riconciliazione con il padre, è stato interpretato dall’autore come una sorta di ritorno all’utero materno, di chiusura del cerchio della vita. Infatti è proprio nella sua casa del piccolo borgo in provincia di Varese in cui si è spenta, per cause non ancora chiarissime. Come raccontato anche nel libro, Mimì morì a causa di un arresto cardiaco, avvenuto in seguito ad un’assunzione eccessiva di medicinali. Ricky Gianco ha sostenuto strenuamente “Io sono convinto che non si sia uccisa, una persona che vuole uccidersi non muore con la cornetta del telefono tra le mani”. 
 
20 aprile 2013
 
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