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Aldo Cazzullo, ”Nel mio ultimo libro racconto le tante facce della Resistenza”

A Sant'Anna di Stazzema e Pietrasanta, ad un giorno dall'uscita nelle librerie di tutta Italia, Aldo Cazzullo lancia il suo nuovo libro 'Possa il mio sangue servire: Uomini e donne della Resistenza' che si potrebbe definire una antologia della Resistenza

PIETRASANTA – A Sant’Anna di Stazzema e Pietrasanta, ad un giorno dall’uscita nelle librerie di tutta Italia, Aldo Cazzullo lancia il suo nuovo libro ‘Possa il mio sangue servire: Uomini e donne della Resistenza‘ che si potrebbe definire una antologia della Resistenza, una raccolta di storie che cerca come forse non era mai stato fatto prima di descrivere tutte le sfaccettature di un fenomeno, la Resistenza appunto, che fu tante cose. Fu la guerra armata di giovani che scappavano sulle montagne per fuggire dalla leva, fu il combattimento di uomini più o meno ideologicamente motivati che volevano la libertà, fu la resistenza quotidiana di donne, preti, carabinieri, militari dell’esercito regio che lasciavano gli ultimi messaggi che Aldo Cazzullo ha cercato di compendiare in un libro edito per Rizzoli che si annuncia un grande successo editoriale.
 
Aldo Cazzullo perché un libro sulla Resistenza?
Avevo da poco terminato il libro sulla guerra dei nostri nonni, la Prima Guerra Mondiale che mi hanno chiesto un libro sulla Liberazione del nostro Paese dal nazifascismo. Erano anni che raccoglievo storie su questo tema e la ricorrenza del 70esimo anniversario mi ha dato l’occasione per cercarne di nuove e metterle tutte in questo libro in cui lascio parlare i protagonisti di quel periodo storico che furono molto diversi tra di loro.
 
Perché tutte queste storie?
Perché la Resistenza ebbe molte facce. É una sciocchezza parlare di una ideologia della Resistenza e sarebbe riduttivo cercarne una o ridurla ad una cosa di sinistra come è accaduto per molti anni. L’altro errore è quello di una certa storiografia che l’ha ridotta ad un movimento sanguinario. Sono visioni parziali o faziose che non aiutano a comprendere. Inizio con la storia di un capitano dell’esercito regio il comandante Ftanco Balbis che si legò alla Resistenza e nella sua ultima lettera scrive alla moglie sperando che il suo sacrificio serva a ricostruire l’unità della patria. Non era un comunista, anzi era un eroe di guerra che aveva fatto la campagna d’Africa, che chiede alla moglie di ricordare con una messa lui e tutti i suoi soldati nella ricorrenza della battaglia di EL Elamein. Ma sentiva forte la necessità che il nostro Paese dovesse ritrovare una dignità perduta.
 
Hai cercato di ricostruire tutte le Resistenze.
Vi sono le storie di partigiani comunisti, ma anche di suore che salvarono centinaia di ebrei, di liberali come Indro Montanelli, di preti che come Innocenzo Lazzeri a Sant’Anna di Stazzema cercarono di scambiare inutilmente la propria vita con quella dei propri fedeli o di Don Fiore Menguzzo che fu ucciso prima che iniziasse la strage di Sant’Anna di Stazzema perché si diceva che forse aveva aiutato dei partigiani feriti. Senza dimenticare la resistenza del Internati Militari che preferirono i lavori nei campi di concentramento al ritorno in patria per combattere per la Repubblica di Salò e i nazisti. Furono seicento mila e molti non fecero ritorno a casa. Tutti coloro che scrivono temono per loro e per coloro che lasciano, hanno parole di dolcezza per mogli,  mamme, padri, per i  figli che non vedranno e tutti hanno la sensazione di fare la cosa giusta, che forse può costare loro la vita. Altre sono storie di gioia per il rientro a casa e la speranza di un Paese diverso. Ci sono tante storie di donne che con la guerra divennero protagoniste della politica e per la prima volta dopo la guerra poterono votare.
 
Cosa vuoi dire con questo libro ai ragazzi che ti hanno ascoltato a Sant’Anna di Stazzema?
Voglio dire che devono far tesoro dei valori e dei diritti che sono venuti dalla guerra di Ljberazione e vorrei che fossero più orgogliosi del fatto di essere italiani. Vorrei che fosse chiaro che vi fu una parte giusta ed una sbagliata che si trovarono a confronto: la scelta fu talvolta casuale, ma non possiamo parificare le due parti in conflitto. Vorrei che tornasse questo sentimento di sacrificio per una missione più grande. Amo l’Italia, ovunque vado nel mondo tutti vogliono vestire, mangiare essere come gli italiani: non mi piace l’Italia in cui vi è la criminalità organizzata più potente al mondo, in cui il 43% dei giovani non ha un lavoro ed ha smesso di cercarlo, perché non ha più prospettive, ma credo che il futuro sia in mano ai nostri ragazzi. I giovani credono di essere la prima generazione che sta peggio dei propri padri. I nostri nonni hanno conosciuto le guerre mondiali ed hanno ricostruito un paese devastato. Oggi abbiamo bisogno di aver di nuovo la fiducia, non di ottimismo.

Michele Morabito

22 aprile 2015
 
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