Lo scenario che ci troviamo di fronte in “Alchemised” è quello di un mondo straziato dalla guerra, infestato dalla necromanzia, disegnato come un grimdark di tutto punto. Qui, Helena Marino si risveglia prigioniera, con la memoria corrotta. Secondo i registri della Resistenza era una guaritrice di scarsa importanza; eppure qualcuno la vuole viva, e Kaine Ferron – alto funzionario del nuovo regime – viene incaricato di scavarle dentro per scoprire cosa nasconde.
L’amnesia, punto di partenza e fulcro narrativo si dipana lentamente, mentre Helena tenta di ricomporre il suo passato; e il lettore, con lei, capisce l’origine di quei: non sono “neutri”, ma zone contaminate da traumi, manipolazioni e colpe.
È una storia di sopravvivenza, ma anche di potere politico, alchemico e sentimentale.
“Alchemised”, un’opera contraddittoria
“Alchemised” è un “mattone” di oltre mille pagine che alterna scene di tortura, processi inquisitori e momenti di cura paradossale. Per alcuni potrebbe essere definito un hurt-comfort book.
La prosa è tesa e cinematica, più attenta al vettore emotivo che al worldbuilding enciclopedico: le gilde, i negromanti, le classi dirigenti compaiono il tanto che basta a dare peso alla tragedia di Helena; e ciononostante gran parte dei lettori hanno ben lodato proprio questo suo tratto: l’atmosfera, il worldbuilding, sottolineandone la cura.
La critica estera ha insistito sull’emotività, sul suo lato drammatico, sostenendo che: “non è un libro divertente… è oscuro, intenso e doloroso”; così scrive Fantasy Hive.
Paste lo definisce come una “maratona di immagini disturbanti… con trigger warning da prendere sul serio”.
Anche in Italia i trigger warning sono stati presi sul serio e hanno diviso subito i lettori in due fazioni distinte, tra sostenitori del purismo grimdark – che ammette questo e altro – e lamentele di sorta.
Questa scelta di tonalità è coerente con le origini dell’autrice, nota nel fandom per “Manacled”, fanfiction cupissima (coppia “Dramione”) poi rielaborata in un universo originale. Per alcuni lettori l’ascendenza fanfictional è un valore (intensità, ritmo, coinvolgimento), per altri un limite: senza il contrappunto dell’opera di partenza la storia risulta meno “necessaria”. Anche le discussioni di community come StoryGraph e Reddit registrano questa polarizzazione.
Trigger warning: trauma, memoria, consenso e il cuore tossico del potere
Il trauma, in “Alchemised”, non è un punto di partenza: è la materia stessa del racconto.
L’amnesia di Helena non funziona come un espediente narrativo, ma come una riflessione sulla politica della memoria. Ogni ricordo che riaffiora porta con sé una domanda implicita: “chi decide cosa ricordiamo, e a quale prezzo?”
La perdita di memoria diventa allora una forma di difesa ma anche di colpa, una ferita che impedisce e al tempo stesso protegge.
All’interno di questo orizzonte simbolico, alchimia e necromanzia non sono più soltanto elementi di worldbuilding, ma un vero e proprio lessico morale. L’idea, più volte evocata nel romanzo, dell’“oro tirato fuori dal marcio” riassume perfettamente la tensione etica della storia: ciò che ci salva è spesso ciò che ci brucia. L’alchimia è trasformazione, ma anche perdita di purezza; la resurrezione necromantica è potere, ma anche profanazione. È in questo spazio ambiguo che il libro costruisce la sua forza simbolica, lasciando che il soprannaturale parli il linguaggio del trauma.
Al centro resta la relazione tra Helena e Kaine, uno dei nuclei più controversi del romanzo. È un legame che vive nella zona grigia tra cura e controllo, tra desiderio e manipolazione.
Niente è chiaramente innocente, e proprio per questo la lettura diventa una prova morale per chi legge. Come scrive Grimdark Magazine, “non consola, non perdona e non fa sconti”: l’autrice costringe il lettore a convivere con l’inquietudine, a chiedersi quanto sia disposto a empatizzare con l’aguzzino, o con chi lo giustifica.
In questo risiede forse il cuore tossico e potentissimo del romanzo: mostrare che il potere, come l’amore, è una forma di alchimia che trasforma sempre chi la esercita – e mai senza lasciare cenere.
Dalla fanfiction alla pubblicazione: il caso “pull-to-pub”
Il percorso di “Alchemised” è esemplare del nuovo canale industriale: editori che intercettano testi nati nel fandom, li lavorano con editor e legali, e li rilanciano come romanzi originali. The Week ricostruisce la traiettoria come parte della strategia “pull-to-pub”, già vista con “50 sfumature di grigio” e, in altro genere, con “Il teorema dell’amore”.
The Guardian ha dedicato un lungo pezzo al fenomeno attorno ad “Alchemised”: romanzo da 1.040 pagine, fanbase costruita online, e un discorso pubblico che – al di là dell’etichetta “romantasy” – interroga il trauma bellico e l’ambiguità morale (“ossessioni non idealizzate”, sottolinea il quotidiano).
Cosa dicono i giornali e dove l’opinione si divide
- The Guardian: “fanfiction scritta su un telefono che diventa bestseller con un affare cinematografico a sette cifre”; l’autrice rifiuta l’etichetta “romantasy” pura e rivendica un romanzo “sul trauma di guerra e sull’amore non idealizzato”.
- Paste Magazine: “gargantuan doorstopper… a marathon of dark, disturbing imagery” (“porta il lettore al limite, con avvisi di contenuto da prendere sul serio”).
- Grimdark Magazine: “speculative fiction still has teeth”, la narrativa speculativa “ha ancora i denti” quando abbandona le formule di sicurezza.
- Fantasy Hive: avverte i lettori: “non è un libro divertente”, ma premia chi accetta la discesa nella sofferenza di Helena.
Alchemised è davvero “romantasy”?
Non esiste una risposta univoca a questa domanda. Il motore emotivo è una relazione che attraversa odio, cura, dipendenza e desiderio, ma la gerarchia dei danni – guerra, torture mediche, eugenetica – sposta il baricentro dal “romance” al trauma fiction.
Non c’è promessa di felicità standard, e molti lettori abituati al romantasy più consolatorio potrebbero sentirsi traditi.
Qui il “lieto fine”, ammesso che si possa chiamare così, ha il sapore di una resa negoziata con la realtà, non di una vittoria.
Dove funziona e dove inciampa
Funziona quando lega intimità e geopolitica: i colloqui tra Helena e Kaine sono scene di potere più che d’amore, e ogni gesto di cura tipico dell’hurt-comfort arriva carico di ambiguità. Funziona anche nella costruzione dell’angoscia: l’oscillazione di Helena tra ricordi falsi e memorie recuperate tiene bene.
Tuttavia, il romanzo zoppica per via del suo distacco con il mondo circostante. Tutto lo sforzo per creare il worldbuilding resta per l’appunto solo uno sforzo, sullo sfondo: alcune istituzioni – gilde, credo, sistemi di caste – sono più suggerite che spiegate.
Per un tomo da mille pagine, qualcuno avrebbe voluto più architettura e meno camera di tortura.
Il confronto utile: da “Manacled” all’“originale”
La domanda che circola è una: “Regge senza Harry Potter?”
Le letture sono spaccate. Alcuni sostengono che la forza d’urto di “Manacled” derivasse dal contrasto con il canone (innestare il perturbante su un immaginario “innocente”), e che la trasposizione attenui l’effetto; altri leggono “Alchemised” come un upgrade etico: tolto il paracadute del canone, la storia deve camminare da sola.
La verità sta nel mezzo: la struttura di interrogatorio/ricordo funziona, ma chiede al lettore di sposare una poetica grimdark senza il gioco meta-testuale.
Il mercato si muove
Attorno a “Alchemised” si è già messo in moto un meccanismo industriale imponente. I diritti cinematografici sono stati opzionati da Legendary Entertainment per una cifra a sette zeri, come riportano The Bookseller, them. e news.com.au: un investimento che colloca il romanzo tra i progetti fantasy più attesi degli ultimi anni.
Il passaggio dallo schermo mentale del lettore al grande schermo, del resto, sembra quasi inevitabile: la struttura visiva del libro, la costruzione delle scene d’interrogatorio e il linguaggio emotivo da camera chiusa si prestano perfettamente a una trasposizione cinematografica ad alto impatto.
Anche sul piano editoriale, le aspettative sono da blockbuster. The Guardian parla di preordini record per Penguin e di un lancio in grande stile, con tirature iniziali che ricordano quelle dei fenomeni da classifica più recenti del genere romantasy. La prima edizione, prevista per l’autunno, è già in prevendita ai vertici delle classifiche internazionali, segno di un hype estremo.
Ma non si tratta di un consenso unanime: le reazioni dei lettori si muovono su poli opposti. Gli aggregatori come SoBrief e StoryGraph registrano valutazioni molto alte accanto a rifiuti radicali, creando un grafico “a pettine” che racconta bene la natura divisiva dell’opera.
Chi lo ama, lo difende come un’esperienza totalizzante; chi lo detesta, lo accusa di eccesso di cupezza e ambiguità morale. In ogni caso, “Alchemised” è già più di un romanzo: è un caso di polarizzazione culturale che attraversa la narrativa di oggi, segnalando quanto il fantasy contemporaneo sia diventato terreno di scontro tra chi cerca evasione e chi vuole affrontare l’oscurità fino in fondo.
La voce dei social
TikTok non ci ha messo molto a dire la sua e, come spesso accade, l’onda emotiva non è univoca: “Alchemised” viene raccontato come esperienza totalizzante, come romanzo magnetico ma disorientante, e addirittura come buon libro imperfetto.
C’è chi arriva ai ringraziamenti “in briciole”
Travolta dal ritmo e dall’intreccio di traumi, una creator internazionale racconta: “I’m devastated. I’m in shambles… I cried for like 30 minutes”. Per lei, Alchemised non è un libro “divertente”, ma una lunga camminata nel dolore: “dark, dark, epic fantasy about grief, war, religious trauma and manipulation”.
La lettura è totalizzante, notturna, quasi ipnotica: il video mostra le pagine sottolineate e il volto di chi non riesce a dormire, confessando di essere andata avanti fino alle due e mezza di notte. Eppure, dice, nulla è gratuito: ogni atrocità, ogni gesto violento ha un senso interno. “Every atrocity has meaning”. Nel suo sguardo, il romanzo si regge su un equilibrio raro: crudele ma necessario, come se la sofferenza avesse una funzione etica.
Cita la costruzione a specchio tra le tre parti – un gioco di richiami che invoglia alla rilettura immediata – e rivendica la piena autonomia dal testo d’origine: “You don’t need Manacled or HP; this book stands on its own.”
Per lei, Alchemised è un “must-read 2025”, un viaggio oscuro ma magistralmente calibrato, dove la scrittura di SenLinYu si fa sostanza viva, persino terapeutica nel modo in cui espone la ferita.
“Mi prende, ma mi confonde”: le prime 200 pagine
Diversa, ma non opposta, è la prospettiva di una creator italiana che si ferma intorno a pagina duecento, con uno sguardo più analitico e cauto. Ammette che la narrazione parte lentamente – “ingrana dopo le 150 pagine” – e che l’impianto magico appare inizialmente confuso: negromanti, vivimanti, animanti, categorie di potere che si sovrappongono senza ancora trovare una logica coerente.
Eppure, dice, questo non spegne il coinvolgimento, anzi: “lo stile è tridimensionale, scava in profondità, mi tiene lì attaccata”. Il romanzo, secondo lei, sa essere immersivo anche quando non è del tutto chiaro, e la violenza che trapela dalle prime pagine – “molto crudo, molto violento” – non serve a scandalizzare ma a mantenere viva la tensione.
Il suo giudizio resta sospeso, “in progress”, come la lettura stessa: è il punto di vista di chi si sente catturato da una trama in costruzione, ma ancora disorientato dal linguaggio alchemico che la sorregge.
“Buono, non grande”: la lettura disillusa
A chiudere il trittico, un’altra voce internazionale più disillusa, che separa nettamente il talento dell’autrice dal risultato finale. “Sta in piedi da solo”, concede, “ma i personaggi sono dimenticabili, il world-building è meh”.
Il sistema magico, pur affascinante, resta poco spiegato; il finale, affrettato, riduce l’impatto emotivo di ciò che avrebbe potuto essere un crescendo. Secondo lei, “Alchemised” non si guadagna davvero le sue mille pagine: avrebbe giovato di un editing più severo, di tagli e precisione.
La chiusura è ironica ma amara: “I have personal beef with the word resonance”, scherza, assegnando al romanzo tre stelle e mezzo.
È la recensione di chi riconosce il potenziale di SenLinYu ma non riesce a ignorare le sbavature di ritmo e misura, definendolo un buon libro, ma non un grande libro.
Cosa ci dicono (davvero) queste tre letture
Tre voci, tre esperienze di lettura, tre modi di attraversare lo stesso labirinto. L’entusiasmo emotivo, la curiosità sospesa e la disillusione lucida compongono il ritratto più onesto della ricezione online di “Alchemised”.
Per alcuni è un’esperienza catartica, da cui si esce devastati ma trasformati; per altri un piacere narrativo con attrito, coinvolgente ma opaco nei suoi codici magici; per altri ancora una promessa non del tutto mantenuta.
A ogni modo, resta la domanda che attraversa anche la critica ufficiale: fino a che punto un romanzo nato nel fandom può reggersi da solo, quando decide di prendere sul serio il dolore?
“Alchemised” funziona quando lega intimità e potere, quando trasforma l’interrogatorio in dialogo e il trauma in linguaggio. Scricchiola invece quando il mondo si sfoca o quando la richiesta emotiva del testo supera la chiarezza del sistema che lo contiene. Ma è proprio in questa frizione, nel suo modo di non accomodare mai il lettore, che il libro rivela la sua natura: un fantasy crudo, che chiede adesione totale o rigetto. Un libro, appunto, di cui è impossibile non parlare.
