Addio a Stefano Benni, il maestro dell’ironia malinconica

9 Settembre 2025

Addio a Stefano Benni, maestro dell’ironia letteraria italiana. Dai romanzi fantastici alla satira sociale, ci lascia un’eredità viva e geniale.

Addio a Stefano Benni il maestro dell’ironia malinconica

“Un giorno, se sarò capace di raccontare bene una barzelletta triste, vorrà dire che ho capito qualcosa della vita” . Stefano Benni l’ha fatto per decenni: raccontare il mondo con ironia e malinconia, con giochi linguistici e ribaltamenti poetici, con personaggi improbabili e surreali che, però, ci somigliavano fin troppo.

Il 9 settembre 2025, a 78 anni, ci ha lasciato uno dei più amati scrittori italiani contemporanei. Ma il suo sguardo, affilato e tenero, resta incastonato nelle parole.

Curiosità su Stefano Benni: lo sapevi che…

Ha venduto oltre 2,5 milioni di copie solo in Italia.

I suoi libri sono stati tradotti in più di 30 lingue. Ha rifiutato più volte premi letterari, dichiarando che “i veri premi sono i lettori”.

Il suo racconto più letto è L’ultima lacrima, tratto dalla raccolta omonima del 1994. Ha creato la “ Pluriversità dell’Immaginazione”, un laboratorio gratuito per giovani autori.

Addio a Stefano Benni: la scrittura come gioco, resistenza e libertà

Stefano Benni non era solo un autore comico. Era un poeta dell’assurdo, un giocoliere della lingua, un filosofo travestito da umorista.

In un paese che spesso si prende troppo sul serio o troppo poco, la sua voce era quella di chi sa ridere con intelligenza e piangere con stile.

Oggi, più che mai, abbiamo bisogno della sua eredità: una letteratura che non abbia paura del sogno, del gioco, dell’amore, della ribellione. Una letteratura viva, come lui.

Dalla cronaca al fantastico: la nascita di uno stile

Nato a Bologna nel 1947, Stefano Benni è stato un autore poliedrico: giornalista, scrittore, poeta, drammaturgo, sceneggiatore, perfino musicista mancato.

Ha iniziato la carriera nel giornalismo, collaborando con L’Espresso, Panorama, La Repubblica, Il Manifesto, Il Mago e Linus. In quelle pagine ha cominciato a forgiare la sua voce: una satira feroce contro il potere e le sue retoriche, ma sempre giocata con la leggerezza dell’assurdo.

Il suo debutto letterario, Bar Sport (1976), è un caso editoriale: una raccolta di racconti ambientati in un bar di provincia popolato da personaggi caricaturali eppure straordinariamente credibili.

Il Bar Sport diventa subito un luogo mitico, dove si incontrano l’Italia più vera e quella più assurda. Ne seguiranno molti altri, tra cui Prima o poi l’amore arriva, La compagnia dei celestini, Saltatempo , Achille piè veloce, Margherita Dolcevita, Pane e tempesta, Prendiluna, Giura, fino all’ultimo romanzo, Le Avventure del Lupo, uscito nel 2023.

Un autore che ha inventato una lingua Stefano Benni non si è mai accontentato di raccontare storie: le ha reinventate. Ha costruito un linguaggio tutto suo, fatto di neologismi, iperboli, deformazioni comiche, rime interne e nonsense geniali.

Ha portato la lingua italiana a un livello di sperimentazione ludica raramente eguagliato. Le sue frasi, che sembrano semplici, sono in realtà architetture complesse, dove il ritmo è musicale, quasi jazzistico.

Spesso Benni mescolava registri alti e bassi, letterario e parlato, sacro e profano, dentro lo stesso periodo.

Questa abilità gli ha permesso di creare universi narrativi paralleli in cui ogni parola ha un’eco filosofica. Ma dietro il gioco, c’era sempre una critica sociale chiara: l’omologazione culturale, il consumismo, la distruzione dell’ambiente, la corruzione del potere, il razzismo, la guerra.

Temi che Benni ha sempre trattato con sdegno allegro, mai con sermoni, ma con parabole surreali.

Teatro, musica, televisione: un intellettuale trasversale

La scrittura di Benni non si è mai chiusa tra le pagine. Era anche un uomo di teatro e spettacolo. Ha scritto testi per attori come Angela Finocchiaro  Ivano Marescotti , Lucilla Giagnoni, e ha collaborato con musicisti come Umberto Petrin e Paolo Damiani.

Nel 2003 ha fondato insieme a Umberto Petrin e altri il progetto Misterioso, una lettura-concerto dedicata a Thelonious Monk, fondendo jazz e letteratura.

Le sue letture pubbliche erano eventi amati da più generazioni: riusciva a tenere il palco con un misto di affabilità da narratore e ironia mordace da giullare postmoderno.

In TV ha collaborato con Beppe Grillo negli anni Ottanta, scrivendo sketch satirici diventati iconici, tra cui quello che definiva Pietro Longo = P2, contribuendo a trasformare Grillo in una voce scomoda del panorama mediatico italiano.

L’anima politica e la difesa dell’immaginazione

Benni era uno scrittore profondamente politico, ma non ideologico. Non ha mai aderito a partiti o movimenti, ma ha sempre preso posizione: contro le guerre, contro la censura, contro le ingiustizie sociali.

Nel 2005 rifiutò di partecipare a un evento Rai perché erano stati esclusi alcuni autori scomodi. Per lui, la libertà di parola era sacra.

In un’intervista dichiarò: “L’immaginazione è l’unico strumento che abbiamo per resistere alla barbarie. Per questo bisogna difenderla, anche a costo di sembrare pazzi.”

Nei suoi romanzi, anche i più fantastici, si avverte sempre una profonda umanità : i personaggi sono disadattati, ribelli, bambini strani, gatti parlanti, filosofi falliti, ma tutti alla ricerca di un senso in un mondo che spesso li ignora o li schiaccia.

Un’eredità viva, da leggere e rileggere

Oggi, la scomparsa di Benni lascia un vuoto nel cuore di molti lettori e lettrici che con i suoi libri sono cresciuti. Ma il suo lascito è vivo: Bar Sport è ancora ristampato, Saltatempo è considerato un piccolo classico del romanzo di formazione italiano, Margherita Dolcevita viene letto nelle scuole.

Il suo personaggio più celebre resta forse Il Lupo, alter ego narrativo e maschera ironica. Il Lupo è apparso in racconti, romanzi, testi teatrali, come simbolo della scrittura randagia e ribelle. Un’immagine che oggi torna con forza: il Lupo ha lasciato il bosco, ma il suo ululato resta.

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