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”A occhi aperti”, un libro per capire l’essenza della fotografia giornalistica

Negli ultimi cinque anni Mario Calabresi ha raccolto una serie di interviste ai più grandi fotografi della scena internazionale...

Da Steve McCurry a Sebastião Salgado, i grandi fotografi intervistati da Mario Calabresi raccontano i momenti in cui la storia si è fermata in uno scatto

 

MILANO – Negli ultimi cinque anni Mario Calabresi ha raccolto una serie di interviste ai più grandi fotografi della scena internazionale. Il risultato dei suoi incontri è “A occhi aperti”, un appassionante tuffo nella storia attraverso le immagini e le parole di grandi testimoni che hanno immortalato e vissuto alcuni dei momenti più intensi e drammatici del nostro passato.

 

UN VIAGGIO NEL TEMPO – Con una prosa coinvolgente in grado di restituire la forza e le emozioni dei protagonisti, Calabresi porta il lettore in un viaggio affascinante nel tempo, offrendogli contemporaneamente una prospettiva incredibilmente privilegiata: gli occhi di fotoreporter che hanno creato la comune memoria storica. Ecco allora Paul Fusco che racconta i funerali di Bob Kennedy o Josef Koudelka che descrive i primi istanti dell’ingresso dei carri armati a Praga. E poi ancora Steve McCurry, Don McCullin, Elliott Erwitt, Alex Webb, Gabriele Basilico, Abbas, Paolo Pellegrin e Sebastião Salgado.

 

LE FOTO RENDONO GIUSTIZIA – “Cosa potremmo sapere, cosa potremmo immaginare, cosa potremmo ricordare dell’invasione sovietica di Praga se non ci fossero, stampate nei nostri occhi, le immagini di un ‘anonimo fotografo praghese’, che si scoprì poi chiamarsi Josef Koudelka?” si chiede Mario Calabresi, e “Quanta giustizia hanno fatto quelle foto, capaci di raccontare al mondo la freschezza e l’idealismo di una primavera di libertà”.

 

LA STORIA IN UNA FOTO – “Ci sono fatti, pezzi di storia – prosegue l’autore – che esistono solo perché c’è una fotografia che li racconta. Un’immagine talmente forte da riuscire a muovere sensibilità e coscienze pubbliche. Penso al giovane Sebastião Salgado che nel 1984 si presenta alla redazione del quotidiano francese Liberation con i suoi scatti in bianco e nero che denunciano gli effetti della carestia in Sahel, un racconto sconvolgente nella sua forza, che obbliga l’Occidente a fermarsi e impone di non voltare la testa dall’altra parte. Salgado apre gli occhi al mondo e tornerà a farlo due anni dopo, rivelando l’immenso formicaio umano di una miniera d’oro a cielo aperto brasiliana, dove la vita e la fatica umana non hanno alcun valore”.

 

LA MISSIONE – “Queste foto – conclude Calabresi – che hanno plasmato il nostro immaginario collettivo, mi hanno spinto ad andare a cercare i loro autori, per farmi raccontare il momento in cui hanno incontrato la Storia e hanno saputo riconoscerla”.

 

27 novembre 2013

 

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