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A Bookcity, Edgarda Ferri e la storia dello chef che rivoluzionò l’alta cucina nel Settecento

Scoperto da Talleyrand, ne diventa lo chef e viene ''prestato'' a Napoleone per i banchetti ufficiali, a Londra lavora per il Reggente (futuro Giorgio IV) e da qui si sposta a San Pietroburgo alla corte dello Zar. Tornato in patria, diventa lo chef preferito dei Rothschild e dell'alta società parigina. È l'incredibile parabola di Antonin Carême, dalla strada alle grandi corti europee, raccontata dalla giornalista e scrittrice Edgarda Ferri...

La giornalista e scrittrice, oggi ospite al festival milanese con “Il cuoco e i suoi re”, ci presenta il suo libro

MILANO – Scoperto da Talleyrand, ne diventa lo chef e viene “prestato” a Napoleone per i banchetti ufficiali, a Londra lavora per il Reggente (futuro Giorgio IV) e da qui si sposta a San Pietroburgo alla corte dello Zar. Tornato in patria, diventa lo chef preferito dei Rothschild e dell’alta società parigina. È l’incredibile parabola di Antonin Carême, dalla strada alle grandi corti europee, raccontata dalla giornalista e scrittrice Edgarda Ferri nel libro “Il cuoco e i suoi re”. L’autrice ne parlerà oggi a Bookcity Milano, durante un incontro che si terrà dalle 17 alla Società Umanitaria. Con lei ci saranno Enzo Restagno e Paola Ricas.

Com’è venuta l’idea e perché ha deciso di dedicare un libro a questo personaggio?
Io di Carême non sapevo assolutamente niente. Anche se mi piace mangiare bene, non mi ero mai occupata di cucina.
Quando ho scoperto la storia di questo personaggio me ne sono appropriata immediatamente. Mi ha conquistata: non tanto il fatto che sia diventato lo chef di re e imperatori, o che abbia avuto una carriera sfolgorante, ma il fatto che fosse stato nella sua infanzia il classico bambino da strada. Carême veniva infatti da una famiglia povera – suo padre era muratore – e aveva tantissimi fratelli, abitavano tutti in rue du Bac in una baracca. In piena Rivoluzione francese, nel 1792, quando tagliarono la testa a Maria Antonietta – Carême si chiamava Marie Antoine proprio in onore della regina, ma dovette a cambiare nome in Antonin –, lui aveva 10/12 anni e fu messo sulla strada dal padre. È raccontato nelle sue scarse memorie: il padre lo portò a mangiare in una trattoria e gli disse che da allora avrebbe dovuto cavarsela da solo.
Bambino abbandonato, senza conoscenze e senza esperienze, riuscì comunque a costruirsi una carriera straordinaria e a diventare il cuoco più famoso del suo tempo, considerato un genio.
Mi è piaciuta la storia di questo bambino che, con la sua volontà, ce l’ha fatta.

C’è qualche notizia divertente tratta dal suo libro che ci può anticipare?
Carême è stato un grande inventore nel campo della cucina. Per esempio ha inventato il cappello da cuoco, che ha disegnato rielaborando il classico berretto scozzese arricciato sul capo, visto in testa a un inserviente nelle cucine di Carlton House quando lavorava per il principe reggente. Carême ne alza la fascia e lo fa in cotone bianco, ottenendo così quello che ancora oggi è il classico cappello da chef.
La cosa però che trovo più divertente è che abbia inventato la ricetta per il dado del brodo, che tra l’altro è l’unica riportata nel mio libro – “Il cuoco e i suoi re” non è un libro di cucina, ma un libro di costume sulla cucina di quell’epoca, tra la Rivoluzione francese e la metà dell’Ottocento. Alta cucina naturalmente, perché Carême frequenta soltanto principi, imperatori, zar e personaggi ricchissimi dell’alta borghesia, come Rothschild. Ho deciso però di pubblicare la ricetta del dado perché la trovavo particolarmente interessante, anche perché è molto vicina a quelle dei nostri libri di cucina.
Un’altra sua invenzione sono le barrette di potage sotto ghiaccio, da buttare in acqua calda per preparare una minestra.

In che modo Carême riuscì a rivoluzionare l’alta cucina di quell’epoca?
Carême era un vero genio: da analfabeta che era aveva imparato a leggere e scrivere, disegnava benissimo, studiava molto. Faceva ricerche sulle ricette del passato, dall’epoca dei Romani fino a inizio Settecento, all’epoca dell’illuminismo. Era informato sulle nuove ricerche dei chimici sulla composizione degli alimenti, sulle reazioni tra alimenti caldi e freddi, sulle reazioni con pentole di rame piuttosto che con quelle di ceramica, e traduceva in pratica tutte queste sue conoscenze.
A ragione dli si riconosce di aver rivoluzionato l’alta cucina di quell’epoca. Nel Settecento infatti si usava la cucina rinascimentale, molto grassa, molto condita, speziata, diffusa nelle grandi corti da Anna de’ Medici. Lui trasformò tutto: al posto delle spezie introdusse delle erbe aromatiche, iniziò a utilizzare la cottura a vapore. Aveva letto infatti le relazioni di due medici, un francese e un inglese, che avevano fatto degli esperimenti sulle ossa degli animali, da cui estraevano i midolli grazie al getto violento del vapore. Con queste sostanze estratte avevano preparato dei brodi che avevano dato da bere ai convalescenti della Salpêtrière, riscontrando degli effetti benefici.  Carême applica comunemente l’uso dell’osso dell’animale per preparare i brodi. La sua genialità sta secondo me, più che nella sua capacità di inventare, nell’aver saputo applicare invenzioni,  che esistevano già

23 novembre 2013

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