Questi libri sono la prova che la narrativa italiana è viva, audace e capace di affrontare la storia, l’impegno sociale e la memoria famigliare con una voce unica e ineguagliabile. Novembre non smette di stupirci nemmeno questa volta, facendo spazio a uscite nostrane nell’editoria che sfida nuove aspettative per lettori esigenti come quelli di Libreriamo.
Narrativa italiana sotto l’occhio di bue: libri da non perdere in uscita a novembre
Quelli che vi proponiamo oggi sono sette libri di narrativa italiana che sanno tenere incollato il lettore, sfidando le aspettative. C’è chi trascina in un incubo mediatico, chi usa l’ironia tagliente che attualizza Dickens nella Città Eterna, chi esperimenta con i cozy-crime e chi, ancora cerca la profondità in temi come l’amicizia.
“Braccata” di Marina Di Guardo (Mondadori, 18 novembre)
Angela ha lavorato duro per costruire la sua vita, divisa tra la frenesia di essere una senior fashion buyer di successo e la necessità di trovare, a volte, un angolo di pace. Sembra averlo trovato in Sicilia, a Ortigia, accanto all’amica Beatrice: tra i tramonti dorati e la complicità, si gode un fragile, meritato equilibrio.
Ma la calma è destinata a durare pochissimo. Una sera, Beatrice esce per una commissione e scompare nel nulla, frantumando ogni certezza. Le ricerche tra i vicoli diventano presto un incubo che si concretizza con il ritrovamento di un corpo tra le rovine di una tonnara abbandonata.
Il mondo di Angela è in pezzi, ma il peggio deve ancora arrivare: da vittima indiretta si ritrova, incredibilmente, accusata. Inizia un processo parallelo spietato, amplificato dai media e dai social. La sua vita privata viene sviscerata, ogni suo gesto letto come indizio. Braccata da giornalisti, polizia e follower, Angela è intrappolata in una caccia feroce che non distingue più tra innocenza e colpa.
Con “Braccata“, Marina Di Guardo torna al thriller psicologico per offrirci più di un giallo: un inquietante affresco sulla nostra epoca, dove l’ossessione mediatica annulla la verità e la paura di essere giudicati diventa la prigione più stretta.
“Canto di Natale con autotune” di Marco Presta (Einaudi, 11 novembre)
Cosa succede se prendi l’arguzia dissacrante di Marco Presta e la metti al servizio del più celebre classico natalizio? Ne esce “Canto di Natale con autotune“, una favola satirica e dolente che inchioda il nostro tempo con un sorriso amarissimo. Aurelio Scrocchia è uno Scrooge dei giorni nostri: un produttore musicale di Roma, di mezza età, cinico e incattivito, che vive tra l’ego smisurato dei suoi artisti e il rumore di fondo dei jingle natalizi. Lui sognava la musica autentica, ma ora fabbrica successi effimeri per cantanti che si esibiscono solo grazie all’autotune, l’unico strumento che pare riesca a correggere anche la sua anima.
Mentre organizza l’esibizione della giovane performer Salomè per la Vigilia, Aurelio commette un errore tragico-comico: inghiotte un potente allucinogeno al posto di una pastiglia per la pressione. La realtà si deforma in un attimo, trasformandosi in una giostra lisergica e grottesca. Trascinato dagli equivalenti moderni dei fantasmi dickensiani, Scrocchia è costretto a guardare in faccia le illusioni del suo successo e i cocci dei suoi rimpianti.
Presta orchestra una commedia irresistibile nella Roma delle luci al neon, dove la bontà è solo marketing. Il suo protagonista è lo specchio di una società anestetizzata, incapace di sentire le note della vita senza un correttore di voce. Tra risate e malinconia, questo “canto” lascia filtrare un inatteso, piccolo bagliore di speranza.
“Comprensorio Rossolago” di Chiara Moscardelli (Einaudi, 25 novembre)
Olga Bellomo non è una detective, è una tatuatrice con una curiosità che non le dà tregua e un’ironia affilata come un ago. Disastrosa in amore e maldestra nei rapporti sociali (nonostante l’addestramento da ninja impartitole dal padre!), Olga vive in un perenne equilibrio instabile. Dopo anni di disastri emotivi, sembra finalmente aver trovato un po’ di pace.
La tregua, però, finisce subito. Il suo grande amore, il giornalista Gabriele Pasca, le ha insegnato il significato della fiducia, ma nel suo comprensorio la tranquillità è merce rara. Quando un cadavere viene trovato in un bidone della raccolta differenziata, il paese è sotto shock. La polizia è nel caos e una testimone sostiene di aver visto il killer.
Restare fuori dai giochi è impossibile per Olga. Con l’aiuto dei suoi amici eccentrici, si ritrova invischiata in un’indagine che la obbliga a fare i conti con vecchi tradimenti e verità che tutti preferirebbero tacere. Con “Comprensorio Rossolago“, Chiara Moscardelli firma un rosa-crime brillante e serrato. Olga è un’eroina fuori dagli schemi: goffa ma coraggiosa, un simbolo di un femminile libero dalle regole del noir tradizionale. Un romanzo che mescola mistero e autoironia, dimostrando che, a volte, risolvere un omicidio serve solo a imparare a guardarsi dentro.
“I convitati di pietra” di Michele Mari (Einaudi, 18 novembre)
Cosa succede quando un gioco adolescenziale, nato tra risate, si trasforma in un vero e proprio patto con il destino? È questa la domanda che ti tiene incollato a “I convitati di pietra“, il nuovo, atteso romanzo di Michele Mari, un affresco denso di ironia, malinconia e tensione morale.
La storia inizia nel luglio del 1975, quando una classe di liceali appena diplomati, durante i festeggiamenti, sigla un “patto sciagurato”: verseranno ogni anno una quota di denaro e il montepremi finale spetterà solo ai tre superstiti. Ogni 22 luglio si ritrovano per una cena: un rito per brindare alla vita, ma anche per sperare, in segreto, che tocchi agli altri.
Decennio dopo decennio, il gioco diventa sinistro. Il tempo passa, i volti si segnano, ma le rivalità e i vecchi rancori nati tra i banchi di scuola non si estinguono. Anzi, riemergono ad ogni incontro. Le cene si tramutano in una spietata arena dove si misurano invidie mai sopite. Il romanzo diventa un meccanismo a orologeria, un thriller esistenziale sulla mortalità. Ogni 22 luglio è una roulette: il vero premio non è il denaro, ma la sopravvivenza stessa.
Con la sua prosa chirurgica, Mari alterna sarcasmo e commozione per costruire un ritratto lucido e crudele dell’amicizia: non un rifugio, ma uno specchio fedele del nostro destino.
“Il destino di Sofonisba” di Chiara Montani (Neri Pozza, 7 novembre)
Cremona, 1546. Sofonisba Anguissola è poco più che una bambina quando capisce che la sua unica, vera felicità si trova nei colori. In un’epoca che chiude le porte alle donne ambiziose, suo padre Amilcare, un nobile illuminato, non spegne il suo talento. Sofonisba impara a dipingere in segreto, esclusa dalle “scienze” maschili come l’anatomia, ma sviluppando una rara sensibilità: coglie le emozioni e i moti dell’anima, fermando sulla tela ciò che sfugge agli occhi.
Il suo genio presto travalica i confini di Cremona. Tra ritratti che circolano come vere e proprie reliquie, Sofonisba approda alla corte degli Asburgo in Spagna, diventando di fatto la pittrice di corte. Osserva il teatro del potere, ritraendo infanti e regine: volti segnati dai doveri, figure solenni che nascondono fragilità. Ogni successo, però, ha un prezzo altissimo. La convenienza politica le strappa l’amore più grande, e Filippo II le impone un matrimonio “utile”, lontano dai suoi desideri.
Sofonisba obbedisce, ma non cede. Trasforma il dolore in lavoro e il lavoro in libertà. Montani dipinge un romanzo di formazione e un’avventura artistica: dalla bottega domestica alle udienze di corte, segue una pioniera lodata da Michelangelo e d’ispirazione per Caravaggio. La sua vera impresa? Costruirsi, pennellata dopo pennellata, un destino di artista libera che sfida i secoli.
“Dal punto in cui il sentiero scompare” Adriana Parrella (Baldini + Castoldi, 7 novembre)
Amaranta è una giovane del Sud che non è mai stata facile da inquadrare. Ha sempre vissuto in controtempo rispetto alla sua famiglia, che, seppur amorevole, era troppo “premurosa” nel tracciarle una vita senza inciampi. Fin da bambina, ha imparato l’arte della fuga, cercando spazi per respirare fuori dai binari stabiliti. Cresce, lavora nelle Risorse Umane di una grande organizzazione umanitaria, ma la sua stabilità è fragile.
Quando la madre muore all’improvviso, lo shock è devastante. Per tenere insieme i pezzi, Amaranta accetta una missione nella Repubblica Democratica del Congo. Non è una fuga, ma un tentativo disperato di affrontare il dolore che le ha frantumato il mondo.
Nel cuore di un Paese magnifico e ferito – segnato da violenza, epidemie, ma anche da una straordinaria resilienza – Amaranta si impegna nel coordinamento di attività mediche. Il lavoro è spossante, ma proprio lì, tra ospedali improvvisati e piste di terra, si apre una fessura. Incontri minuscoli scalfiscono il suo cinismo, e il sentiero che credeva perduto riappare. Ripercorrendo il legame con la madre e le mancanze della sua “famiglia-fortino”, capisce che guarire è toccare con amore ciò che si è toccato con paura.
Questo romanzo di formazione adulta intreccia la giungla equatoriale e le sue piste che scompaiono con la pioggia, con le mappe interiori della protagonista. È un racconto potente su come si torna responsabili, si riapprende una lingua comune con gli altri e, infine, si decifra il codice di chi abbiamo perduto.
“Miss Bee & il giardino avvelenato” di Alessia Gazzola (Longanesi, 25 novembre)
Beatrice Bernabò – per gli amici Miss Bee – ha poco più di vent’anni e un talento naturale per finire nei guai giusti. Dopo un evento che le ha stravolto la vita, è costretta a cambiare marcia. Ha nuove responsabilità e, soprattutto, capisce che il suo intuito infallibile può finalmente diventare una vera e propria bussola. La sua vita sentimentale è un caos, ma c’è poco tempo per l’amore: all’orizzonte si addensano misteri più foschi del solito e l’ombra di reati reali.
La pista è suggerita dal titolo: un “giardino avvelenato” che è tanto un luogo fisico quanto una metafora. Attorno a un parco storico, tra serre, piante officinali e fiori velenosi, si nascondono segreti familiari, piccoli ricatti e vecchie, terribili rivalità. Quando un incidente sospetto innesca la miccia, Miss Bee entra in azione. Si lascia guidare dai dettagli che sfuggono a tutti – un odore insolito, un polline fuori posto, una bugia sussurrata male – e ricompone un quadro in cui l’avidità conta molto più dell’affetto.
Tra amici fedeli e incontri che le scompigliano il cuore, Miss Bee indaga con la sua cifra inconfondibile: tanta ironia, testardaggine e una gentilezza che non arretra di fronte all’ingiustizia. Questo cozy-mystery brillante mostra come la verità sia fatta di dosi minime e scelte massime. Quando l’enigma si risolve, Miss Bee resta con la sensazione di aver imparato a fidarsi di più delle sue domande che delle risposte facili.
