7 libri sul prezzo del desiderio e il costo del sacrificio

22 Ottobre 2025

7 libri che indagano l'etica del desiderio: dalla vendetta di Abercrombie al sacrificio di Susanna Tamaro. Quanto sei disposto a perdere per la libertà?

7 libri sul prezzo del desiderio e il costo del sacrificio

Ogni desiderio autentico pretende un’offerta. Questa è la legge segreta dell’esistenza: una parte di noi deve essere lasciata indietro perché l’altra possa avanzare.

Libri sul desiderio di…

Desiderare significa esporsi, ferirsi e cambiare pelle. E in questa perdita — fisica, morale o spirituale — si rivela ciò che siamo davvero.

Questi sette libri, che attraversano epoche e generi, affrontano la stessa, scomoda domanda:

Quanto di noi siamo disposti a sacrificare per ottenere ciò che vogliamo?

Il saggio di Susanna Tamaro (“La via del cuore”) offre il primo spunto filosofico: il sacrificio è interiore, rinunciando alla velocità e all’apparenza per ritrovare la libertà autentica. Negli altri romanzi, il costo è più lacerante: il corpo, la ragione, la moralità.

Dal gotico viscerale di “Luna fredda su Babylon” al fantasy feroce di “La migliore vendetta”, dalla distopia queer di “MM84” al thriller psicologico di “Tutto quel che è successo con Miranda Huff”, il desiderio diventa materia di scontro. Tutti i protagonisti barattano una parte di sé per ottenere giustizia o amore, scoprendo che la conquista a volte coincide con la distruzione.

“Luna fredda su Babylon” di Michael McDowell

In “Luna fredda su Babylon”, il desiderio non è solo erotico o vendicativo: è la forza oscura che tiene in vita l’intera comunità. Le donne della cittadina pagano il prezzo della vergogna e del silenzio, sacrificando la propria innocenza per mantenere l’ordine apparente.

McDowell mostra come, nel Sud più vischioso e superstizioso, la verità sia un lusso che nessuno può permettersi: ogni gesto di ribellione diventa un atto di condanna. Il sacrificio, qui, è collettivo — un rito che lega vivi e morti, madre e figlia, carne e colpa.

A Babylon, cittadina sonnolenta dell’Alabama, il tempo sembra essersi fermato: la polvere copre le insegne, il fiume scorre lento, ma il male resta in attesa. È qui che, diciannove anni prima, una ragazza è stata uccisa e il suo corpo abbandonato sulle rive. Ora, sotto la stessa luna lattiginosa, qualcuno o qualcosa riporta alla luce l’orrore sepolto.

Le donne di Babylon — madri, vedove, peccatrici — sono il cuore pulsante della storia: testimoni di un male che non viene da fuori, ma germoglia dentro la comunità stessa.

In questa lenta discesa nel peccato, la verità non redime ma consuma, e chi osa cercarla finisce per pagare con se stesso.

Con la precisione di un antropologo del peccato, l’autore mostra come la paura diventi un linguaggio collettivo, una religione silenziosa che tiene insieme i vivi e i morti.

“La migliore vendetta” di Joe Abercrombie

Per Monza Murcatto, la vendetta è l’unico modo di sopravvivere, ma anche la sua condanna. Il desiderio di giustizia la spinge oltre il limite umano, costringendola a sacrificare la propria pietà, la sua femminilità, perfino la propria umanità.

In una Stiria dilaniata da guerre e tradimenti, Monza è una leggenda: la più spietata comandante mercenaria del continente, amata dai soldati e temuta dai nemici. Ma il suo successo inquieta troppo il potente duca Orso, che la fa tradire e gettare giù da una rupe insieme al fratello. Lui muore, lei no.

Sfigurata, spezzata nel corpo ma non nell’anima, Monza sopravvive solo per un motivo: la vendetta.

Sette nomi, sette colpevoli, sette morti da infliggere.

Per riuscirci recluta un gruppo di compagni improbabili — un assassino tossicodipendente, un ex carcerato con il vizio del gioco, un killer ossessionato dal numero sette e un nordico silenzioso. Abercrombie racconta la metamorfosi di una donna che, per non soccombere, diventa simile ai suoi carnefici.

Ogni corpo che cade è un passo in più verso la libertà e un pezzo in meno della sua anima. trasforma il racconto di vendetta in un’epopea nera sulla brutalità del potere e sull’illusione della giustizia. “La migliore vendetta” è la cronaca di un’anima che si auto-divora, dove l’eroismo e la crudeltà si confondono; un romanzo di spade, politica e ossessioni, dove nessuno è innocente, e il perdono è solo un’altra forma di debolezza. Il sacrificio di Monza è la prova che nessun desiderio di riscatto è mai innocente.

“Il canto del male” di Éric Fouassier

Nel labirinto di inganni e superstizioni che attraversa “Il canto del male”, Fouassier costruisce un gioco morale tra ragione e fede, scienza e superstizione.

Parigi, maggio 1832. Mentre il colera svuota le strade e semina paura, l’ispettore Valentin Verne riceve un incarico segreto che lo costringe a lasciare la capitale senza spiegazioni, persino alla sua compagna e collega, l’ex attrice Aglaé Marceau, da poco entrata ufficialmente nell’Ufficio degli affari occulti.

L’ispettore sacrifica la sua tranquillità, il suo amore e la fiducia nel mondo per inseguire un’idea di verità razionale in un secolo che crede ancora ai demoni.

Il suo viaggio nella Vandea non è solo un’indagine: è una discesa nella paura collettiva, dove ogni certezza si incrina.

La destinazione è la Vandea, terra di brume e memorie insorte, dove due morti misteriose hanno riacceso voci di cospirazioni e superstizioni: c’è chi parla di spie del re Luigi Filippo, chi di complotti realisti in nome della duchessa di Berry, chi giura di aver udito un canto malefico levarsi dai canneti e da imbarcazioni avvolte nella nebbia.

Verne, razionalista e anticonformista, si muove in un dedalo di falsi indizi, culti arcani, messaggi cifrati e odi provinciali, mentre a Parigi Aglaé prova a ricomporre il quadro politico che potrebbe spiegare l’enigma. L’indagine intreccia delitti comuni e grandi manovre di Storia, fino a rivelare come la paura — più del pugnale — sia l’arma più efficace per orientare le masse. Fouassier firma un romanzo labirintico e atmosferico, in bilico tra feuilleton, poliziesco e avventura, che riflette sul potere delle credenze e sull’uso politico del soprannaturale.

“La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita” di Susanna Tamaro

Tamaro propone un sacrificio opposto: non di sangue ma di velocità, non di vendetta ma di distrazione. Non un “manuale rapido” di benessere, ma un cammino. Osserva la modernità con sguardo quasi entomologico e ne evidenzia l’inganno: vite velocissime e distratte, entusiasmi a scatto, paure indotte, desideri standardizzati. Nel frastuono che ci promette felicità, dice l’autrice, si consuma il vuoto: diventiamo cose tra le cose, misurati dall’utile e dall’immagine.

Da qui la proposta: un percorso sapienziale che rimetta al centro il cuore come luogo della conoscenza, dell’ascolto e della libertà interiore. Qui il sacrificio del sé non è perdita, ma ritorno: imparare a rinunciare per tornare a essere interi.

Tamaro invita a rallentare, a coltivare il silenzio, l’attenzione, l’originalità dello sguardo; a riconoscere la bellezza — non come lusso, ma come esperienza trasformativa — e a “riprodurla” nei gesti quotidiani: nella cura degli altri, nella responsabilità verso ciò che ci circonda, nella gratitudine. Il testo alterna diagnosi lucide (sulle nostre rimozioni, le dipendenze da stimoli, l’ego ferito che chiede sempre di più) a piccole pratiche: imparare a contemplare, dare un nome alle emozioni, sottrarsi al ricatto dell’efficienza, ritrovare la misura.

La felicità che inseguiamo fuori, conclude, abita già dentro di noi: serviranno disciplina gentile e coraggio per tornarvi. “La via del cuore” è un saggio luminoso che unisce rigore e tenerezza, filosofia del quotidiano e invito operativo al cambiamento.

“Seppellisci le mie ossa nel suolo di mezzanotte” di V.E. Schwab

Tre donne, tre secoli, un solo destino: sacrificare la propria libertà per inseguire la possibilità di una vita diversa. María, Charlotte e Alice desiderano fuggire — dalla fame, dal peccato o dalla colpa — ma ogni fuga esige un prezzo. Schwab costruisce un racconto circolare in cui il desiderio di libertà diventa una maledizione ereditaria.

Nel 1532, a Santo Domingo de la Calzada, María sa di essere merce di scambio nel gioco degli uomini: la bellezza è una gabbia, la fame l’unico motore. Quando un’affascinante sconosciuta le porge una via di fuga, sceglie l’azzardo e giura di non voltarsi indietro.

Nel 1827, la giovane Charlotte viene allontanata dal suo paradiso di campagna e spedita a Londra dopo un istante di intimità proibita. Il richiamo di una vedova magnetica le spalanca la porta della libertà, ma il prezzo si rivela più alto di quanto avesse immaginato.

Nel 2019, a Boston, Alice ha attraversato l’oceano per ricominciare. Un’avventura di una notte le lascia addosso domande che non smettono di bruciare: chi è davvero, da dove viene quella rabbia nuova, chi (o cosa) la sta chiamando?

Schwab intreccia fame, amore e ira in un romanzo che echeggia nel tempo, dove i destini femminili si specchiano e si richiamano, legati da una presenza che sembra attraversare i secoli e sussurrare scelte impossibili. Le sue protagoniste scavano letteralmente e metaforicamente la propria tomba per rinascere, pagando con il corpo e con l’anima la possibilità di essere sé stesse.

Il romanzo svela il lato oscuro dell’emancipazione: ogni riscatto lascia cicatrici. Più che un mystery, è un rito di passaggio: la libertà ha un costo, la vendetta una genealogia, la rinascita un patto. Un racconto sul corpo e sul desiderio, su quanto siamo disposti a seppellire per tornare a vivere.

“MM84. Resistenza” di Ju Maybe

Nel mondo post-apocalittico di Ju Maybe, il sacrificio non è simbolico ma politico. Ci troviamo a metà del XXII secolo: l’umanità ha imparato a sopravvivere ma non a convivere. Dopo decenni di crisi e governi autoritari, il “Decreto 21” ha sancito il controllo totale del Patriarcato: uomini bianchi, sani e eterosessuali dominano ogni sfera sociale, mentre le minoranze — queer, donne, persone nere o disabili — sono sorvegliate, represse, cancellate dal linguaggio stesso.

Damiano Domini, figlio del dittatore, è il volto perfetto del regime: erede designato, simbolo di purezza e forza. Ma dietro l’immagine dorata si nasconde un ragazzo pieno di crepe, intrappolato in una menzogna di sangue e ideologia. Tutto cambia quando incontra Massimo Kurah, un uomo diverso da lui in tutto: libero, empatico, parte della Resistenza. Tra i due nasce un legame che è insieme rivelazione e condanna.

In un mondo che ha abolito la verità, l’amore diventa atto politico, il corpo campo di battaglia, la compassione un crimine. Con uno stile crudo e visionario, Ju Maybe intreccia distopia, romance e riflessione sociale, raccontando il crollo di un sistema tossico e la nascita di una coscienza nuova. “MM84” è una parabola sul desiderio come rivoluzione intima, dove l’amore queer diventa il gesto più sovversivo e umano: non parla solo di ribellione, ma di riconoscimento di sé, dell’altro e del diritto di amare in un futuro che ha dimenticato l’umanità. Il sacrificio del sé è totale: rinunciare al privilegio per guadagnare la coscienza, perdere il mondo per salvare l’anima.

“Tutto quel che è successo con Miranda Huff” di Javier Castillo

Ryan e Miranda, coppia di sceneggiatori un tempo inseparabili, si sono conosciuti tra cineprese e sogni di gloria. Oggi, però, il loro matrimonio è alla deriva. Su consiglio del terapeuta, decidono di trascorrere un weekend in un cottage isolato, lontani da Hollywood e dalle maschere quotidiane. Ma quando Ryan arriva, trova la porta aperta, due bicchieri di vino, il letto sfatto e il bagno imbrattato di sangue.

Miranda è scomparsa.

Nel tentativo disperato di ritrovarla, Ryan si ritrova coinvolto in un’indagine che riapre un vecchio caso irrisolto: la sparizione di una donna trent’anni prima, legata a James Black, suo mentore e regista osannato, simbolo della vecchia Hollywood. Mentre la polizia scava nel passato e nei segreti del cinema, Ryan scopre che la verità non è mai lineare, e che la finzione può diventare il più pericoloso dei copioni.

Con la sua scrittura cinematografica e i continui cambi di prospettiva, Javier Castillo costruisce un thriller psicologico di grande tensione, dove l’amore e il sospetto si confondono, e la verità è una pellicola montata male. “Tutto quel che è successo con Miranda Huff” è una riflessione cupa e affascinante sul desiderio di raccontare, di possedere e di riscrivere la realtà.

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