Nonostante le differenze abissali tra libri e generi che vi presentiamo in questo articolo, opere come “Il porcospino d’acciaio” di Canfora e “Torno subito (Forse)” di Psicologa Cruda si uniscono in un’unica, grande domanda: “cosa succede quando la realtà che credevamo solida si frantuma?”
Questa selezione è una vera e propria anatomia della crisi, intesa sia in senso storico-politico, sia in senso intimo ed esistenziale. Il filo conduttore è la necessità di smantellare l’illusione per poter finalmente ritrovare l’autentico.
Due autori, distanti un secolo, usano l’arma affilata della satira per abbattere i pilastri del potere: Luciano Canfora ci sbatte in faccia la cruda verità geopolitica: il suo “Il porcospino d’acciaio” non è solo un saggio, ma un atto d’accusa contro un Occidente che ha trasformato “libertà” e “democrazia” in una mera retorica di dominio; è la denuncia del disincanto finale, dove gli ideali sono diventati strumenti di guerra.
Auguste de Villiers de l’Isle-Adam con i suoi “Racconti Crudeli” anticipò questa critica. Pubblicata nel 1883, la raccolta è una galleria di orrori raffinati contro la stupidità borghese, la presunzione scientifica e il culto del progresso. Villiers ci ricorda che, anche nell’era della ragione, la vera natura umana è grottesca e animata da un disperato desiderio di assoluto.
Ma, se la Storia è un inganno, l’unica via d’uscita è guardare dentro di sé. La crisi, in questo caso, non è una disgrazia, ma un catalizzatore di verità: la protagonista di “Torno Subito (Forse)” sperimenta un attacco di panico. È il suo corpo che dice “basta” a una vita “perfetta” ma vuota. Psicologa Cruda trasforma la terapia in un romanzo di formazione, dimostrando che il dolore non si cancella, ma si può trasformare in uno spazio dove si impara a scegliere oltre i dettami del passato.
In “Flashback”, Cristina Comencini usa l’amnesia come tecnica narrativa per espandere il sé. La crisi personale si risolve solo connettendosi a una genealogia femminile nascosta – le vite di altre donne in momenti storici cruciali. La guarigione arriva quando il privato si lega al collettivo.
Gli ultimi due libri offrono una chiave per ripartire: la capacità di trasformarsi e di non dimenticare le origini della propria ferita.
“Italian Dream” di Elena Bascone è la storia di una metamorfosi che si ispira ai grandi miti classici, un inno alla resilienza e all’arte di “guardare al futuro” con coraggio, accettando le contraddizioni (e la bellezza) di essere italiani in cerca di un sogno.
Infine, l’estetica gotica di “Forget Me Not” di Loputyn ci porta nel regno della fiaba per parlare di memoria e oblio. La giovane strega Veronica deve affrontare un’infestazione misteriosa: un simbolo del dolore che aveva tentato di nascondere. Il messaggio è chiaro: per rinascere, non si può dimenticare.
Dunque, che si tratti del mondo in guerra o di un cuore in crisi, tutti questi autori ci indicano la stessa rotta.
Approfondiamo insieme questi libri
“Racconti crudeli” di Auguste de Villiers de l’Isle-Adam (Carbonio, 12 dicembre)
Pubblicata nel 1883, questa raccolta è il vertice della produzione di Auguste de Villiers de l’Isle-Adam, figura eccentrica e geniale del simbolismo francese. In un’epoca segnata dal positivismo e dal culto del progresso, Villiers si pone come un visionario ribelle, pronto a smascherare la borghesia ottocentesca e le sue illusioni razionaliste con ironia, lirismo e ferocia.
I ventotto racconti che compongono l’opera sono lampi di crudeltà raffinata, allegorie che mescolano sarcasmo e poesia per rivelare il lato grottesco della modernità. La scienza diventa un gioco diabolico, la fede nel progresso una superstizione nuova, e la morale borghese un teatro di ipocrisia. In ogni pagina, Villiers colpisce la presunzione umana di capire e dominare il mondo: dietro le sue invenzioni assurde e i suoi personaggi caricaturali si nasconde infatti un disperato desiderio di assoluto, una tensione verso l’invisibile che attraversa la sua scrittura come una corrente elettrica.
Con uno stile cesellato e sontuoso, Villiers costruisce un universo in cui la satira si fonde con la metafisica. Ogni frase è pensata come un gioiello barocco, ogni racconto un piccolo teatro dove la vita appare come una farsa di attori che recitano senza comprenderne il senso. Il risultato è un libro che anticipa tanto il decadentismo quanto il surrealismo, capace di unire il gusto per il macabro e l’eccesso a una ricerca spirituale profonda.
“Racconti crudeli” è una galleria di visioni taglienti, illuminate da un’ironia corrosiva ma anche da una malinconia vertiginosa: una delle opere più enigmatiche e attuali del XIX secolo, che mostra come, dietro ogni sorriso, possa celarsi un atto di violenza poetica.
“Torno subito (forse)” di Psicologa Cruda (Magazzini Salani, 11 novembre)
Con il suo stile diretto e ironico, Psicologa Cruda trasforma la vulnerabilità in racconto, portando il lettore dentro e fuori la stanza di terapia. “Torno subito (forse)” è la storia di una donna che, dopo anni di equilibrio apparente, si ritrova improvvisamente a perdere il controllo: un attacco di panico la travolge in un momento qualunque, durante una vacanza con l’amica di sempre, e la costringe a fare i conti con tutto ciò che aveva accuratamente tenuto a bada.
Ha un ex “perfetto”, un lavoro competitivo, una vita scandita da pilates, riunioni e voli presi come autobus. Ma quando l’ansia si insinua tra le crepe della routine, ogni certezza si sgretola. È la vicinanza inaspettata di Nico, il collega che non ha mai sopportato, a offrirle un fragile punto di calma. Eppure sarà la decisione di iniziare una terapia a cambiarle davvero la prospettiva: seduta dopo seduta, impara a riconoscere le proprie fragilità, a dare un nome alle ferite dell’infanzia, a distinguere chi sceglie davvero da ciò che il passato ha scelto per lei.
Il romanzo alterna introspezione e leggerezza, mostrando che la terapia non cancella il dolore ma apre uno spazio: quello in cui si può scegliere, anche solo per cinque secondi, chi vogliamo essere. Mentre il lavoro si fa sempre più pressante e Ludo, l’ex idealizzato, ricompare con i suoi sorrisi rassicuranti, la protagonista capisce che crescere significa accettare l’imperfezione — e imparare a restare, anche quando tutto spinge alla fuga.
Con la voce sincera e spiazzante che l’ha resa popolare sui social, Psicologa Cruda racconta l’amore, l’amicizia e la fatica di rinascere, trasformando il percorso terapeutico in un romanzo di formazione contemporaneo, intimo e sorprendentemente luminoso.
“Il porcospino d’acciaio. Occidente ultimo atto” di Luciano Canfora (Laterza, 18 novembre)
Luciano Canfora, storico e filologo tra i più lucidi interpreti del nostro tempo, firma un nuovo saggio che è insieme analisi geopolitica e riflessione morale sul destino dell’Occidente. “Il porcospino d’acciaio” parte da una metafora coniata ai vertici dell’Unione Europea per descrivere un’Europa armata, pronta a difendersi da tutto e da tutti: un’immagine che, per Canfora, sintetizza il crepuscolo di una civiltà che ha trasformato i propri ideali in strumenti di potere.
Ripercorrendo la nascita del Patto Atlantico e la costruzione del mito della “libertà occidentale”, l’autore mostra come il linguaggio della democrazia e dei diritti sia stato progressivamente piegato a giustificare l’espansione economica e militare. Alla metà del Novecento, mentre i vecchi imperi coloniali crollavano, la NATO si ergeva a baluardo di un nuovo dominio, sostenuto non più dal verbo del progresso ma da quello della sicurezza. “Libertà” e “democrazia” diventano parole intercambiabili, lucidate per mascherare la continuità di un sistema che ha bisogno di un nemico per esistere.
Canfora ricostruisce con precisione storica e ironia tagliente la parabola di un Occidente che ha perso la propria identità morale, spostando di volta in volta i confini del “nemico” fino al paradosso: oggi, osserva, il nemico è un pezzo dello stesso Occidente. Da qui l’immagine finale — un “porcospino d’acciaio” che, credendosi invulnerabile, si chiude su se stesso fino all’autodistruzione.
Tra riflessione storica e denuncia politica, “Il porcospino d’acciaio” è un libro che smonta la retorica della civiltà occidentale per rivelarne le crepe più profonde. Un saggio necessario, che invita a guardare oltre la propaganda dei valori universali e a interrogarsi sull’eredità — forse terminale — di un mondo che si crede ancora al centro della storia.
“Italian Dream. L’arte di guardare al futuro” di Elena Bascone (Mondadori, 18 novembre)
Con “Italian Dream”, Elena Bascone firma un romanzo di formazione che unisce introspezione e immaginazione, tradizione classica e contemporaneità pop. La protagonista, Lia, è una giovane donna dei nostri giorni che cerca, come molti, di capire chi è e dove vuole andare. Nelle sue incertezze e nei suoi desideri si riflettono le domande universali di chi cresce e si confronta con il mondo, tra amore, ambizione e ricerca di senso.
Il romanzo è una metafora della metamorfosi, quella che attraversa ogni individuo nel passaggio all’età adulta, ma anche un dialogo con le grandi narrazioni della cultura occidentale: da Apuleio a Ovidio, da Kafka fino alla contemporaneità di Taylor Swift. La storia personale di Lia si intreccia così a quella collettiva dell’Italia, vista come un laboratorio di sogni, contraddizioni e rinascite — un Paese che, tra arte e fragilità, continua a reinventarsi.
Bascone costruisce un racconto vivace, scritto con uno sguardo empatico e generazionale, dove la psicologia dei personaggi diventa il motore dell’azione. Attraverso la voce di Lia, invita i lettori — e soprattutto le lettrici — a non rinunciare al diritto di cercare la felicità, a guardare avanti con coraggio, imparando a trasformare le proprie paure in possibilità.
In equilibrio tra romanzo d’amore, riflessione culturale e viaggio di crescita, “Italian Dream” è un inno alla resilienza e alla speranza. Un libro che celebra la bellezza di sognare, anche quando la realtà sembra chiedere il contrario, e che ricorda come l’arte di guardare al futuro sia, in fondo, la più antica forma di libertà.
“Flashback” di Cristina Comencini (Feltrinelli, 18 novembre)
Con “Flashback”, Cristina Comencini costruisce un romanzo intimo e visionario che attraversa la memoria collettiva femminile, intrecciando passato e presente come se fossero riflessi di uno stesso specchio. Tutto comincia con brevi amnesie, con immagini che affiorano senza spiegazione: un paio di scarpette rosse, una molletta per capelli, grandi occhi blu velati di mascara, una carrozzina. Frammenti che diventano porte aperte su altre vite.
In un momento di crisi personale, l’autrice si ritrova travolta da improvvisi flashback che la trascinano in epoche diverse, dentro storie di donne vissute in contesti lontani ma legate da una misteriosa corrispondenza interiore. C’è Eloisa, la cortigiana della Parigi del 1871 che durante la Comune scopre la forza della ribellione; Sofia, la giovane russa i cui sogni si infrangono con la Rivoluzione d’ottobre; Elda, un’operaia friulana che lotta per la sopravvivenza durante la Seconda guerra mondiale; e una ragazza inglese degli anni Sessanta, sospesa tra musica e libertà nella Swinging London.
Comencini attraversa le loro esistenze con empatia e lucidità, componendo un mosaico di resistenza e desiderio. Ogni donna, nel suo piccolo, combatte contro le costrizioni del tempo in cui vive: la loro ostinazione diventa un filo rosso che unisce le generazioni e rivela quella parte della Storia che raramente viene raccontata — quella fatta di gesti quotidiani, di coraggio silenzioso, di libertà conquistate centimetro dopo centimetro.
“Flashback” è un romanzo sulla memoria del corpo e dell’anima, sull’eredità invisibile che le donne si tramandano. Una genealogia immaginaria e poetica che restituisce voce a chi, con tenacia indomabile, ha mandato avanti il mondo senza che nessuno la celebrasse davvero.
“Forget Me Not” di Loputyn (Rebelle Edizioni, 12 novembre)
Con “Forget Me Not”, Loputyn torna a incantare i lettori con un racconto illustrato sospeso tra fiaba gotica, poesia visiva e riflessione esistenziale. Al centro della storia c’è Veronica, una giovane strega che vive isolata tra i monti, in compagnia dell’asino Burro, unico legame rimasto con la sua famiglia. La sua casa, un rifugio intimo e silenzioso, viene improvvisamente invasa da un’infestazione di insetti che sembrano moltiplicarsi senza sosta. Veronica tenta invano di trovare una spiegazione, finché nella sua vita compare Ari, un ragazzo misterioso che sostiene di essersi perso.
Tra i due nasce un legame fragile e profondo, fatto di piccoli gesti quotidiani — dolci preparati insieme, parole sussurrate, ricordi condivisi — che sembrano riaccendere un tempo sospeso. Ma quando la minaccia degli insetti diventa incontrollabile, Veronica si vede costretta a guardare dentro di sé: per affrontare non tanto il male esterno, quanto ciò che aveva cercato di dimenticare o forse di nascondere.
Loputyn costruisce un universo visivo e narrativo dove ogni tavola è un incanto: i toni polverosi, i simboli naturali e i dettagli fiabeschi disegnano una storia di rinascita e perdono. “Forget Me Not” è una fiaba dark sull’elaborazione del dolore e la memoria, ma anche una parabola sull’amore come atto di cura — verso sé stessi e verso gli altri.
Con la sua estetica delicata e il suo linguaggio sospeso tra il sogno e la malinconia, Loputyn firma un’opera che tocca le corde più intime dei lettori, evocando mondi interiori e atmosfere incantate. Un libro per chi ama le storie che sanno parlare attraverso le immagini, dove la magia non è fuga, ma modo per ricordare — e per guarire.
