Come le foglie, anche ottobre si tinge di giallo e porta con sé le prime pubblicazioni misteriose e thriller del rientro. In questo autunno 2025, le case editrici si sono impegnate per alzare il tiro e variare un po’, arricchendo gli scaffali delle librerie con storie che spaziano dal noir psicologico alla detection storica, e che passano dalle atmosfere gotiche alla suspense archeologica.
6 gialli da non perdere in uscita in libreria a ottobre
Libri che parlano di enigmi e di segreti, ma anche del nostro rapporto con la memoria, la paura, la colpa e il desiderio. In comune, questi romanzi hanno la capacità di usare il crimine come specchio: non tanto per rispondere alla domanda “chi è stato?”, quanto per esplorare le zone d’ombra della coscienza collettiva. È grazie a loro che ottobre diventa il mese perfetto per una lettura fuori dagli schemi classici, che scava nelle paure che ci abitano e nelle verità che preferiremmo non vedere.
“La cena dei sospetti. Le indagini di Moriarty” di Jack Anderson (14 ottobre)
Tutto comincia da una premessa: il professor Moriarty, celebre “Napoleone del crimine”, è sopravvissuto alla caduta alle Cascate di Reichenbach mentre Sherlock Holmes annegava. Ora disilluso, privo di risorse e con il suo impero criminale distrutto, decide di fingersi morto e assume l’identità dell’inventore Hugo Strahm. Tuttavia, una lettera postuma dell’antico nemico — Holmes in persona — lo richiama alla realtà, invitandolo a vestire i panni di detective per accettare la sfida che gli lascia come eredità.
Clara Mendel, studentessa di medicina, torna al castello Schloss Alber, sua casa d’infanzia ormai sull’orlo del disfacimento familiare. Qui, il furto di un cimelio inestimabile scatena tensioni tra un gruppo di persone sospette — lord Alber, i suoi figli tormentati, un maggiordomo irascibile — e un ospite misterioso, Hugo Strahm, che cerca di ricostruire il puzzle nascosto dietro il furto e un omicidio consumato durante una cena in cui ognuno è potenzialmente colpevole…
Lei e Strahm avviano un’indagine che sfida i rapporti di fiducia: chi è veramente Hugo Strahm? Quanto può fidarsi Clara delle sue intenzioni? Strahm, benché incaricato di fare chiarezza, sembra avere un interesse tutto personale più che un’etica professionale.
Ciò che rende questo giallo interessante non è solo la trama in stile “enigma classico”, con castello, sospetti e cena mortale, ma la scelta narrativa di porre Moriarty — l’ombra stessa della malvagità — come figura che assume il ruolo dell’investigatore; è un ribaltamento della scena che affascina il lettore: l’antagonista diventa detective. Anderson gioca con il mito holmesiano, confrontando la figura dell’eroe detective con quella dell’anti-eroe criminale che cerca redenzione o vendetta.
“Empusium” di Olga Tokarczuk (21 ottobre)
È il nuovo romanzo della Premio Nobel Olga Tokarczuk, che si colloca a cavallo fra il gotico, l’horror e il romanzo filosofico. Ambientato nel 1913 a Görbersdorf, nella Bassa Slesia, il protagonista è Mieczysław Wojnicz, giovane studente di ingegneria affetto da tubercolosi, che giunge alla pensione per uomini gestita da Wilhelm Opitz, poiché il sanatorio principale è completo. Lì incontra altri ospiti: il cattolico Longin Lukas, l’intellettuale August August, il pittore Thilo von Hahn e altri, ciascuno con le proprie visioni del mondo e idee forti su arte, politica, femminilità e natura.
Di sera i pazienti consumano un liquore locale psicoattivo e discutono — fra trascendenze, misoginie palesi e dubbi filosofici — del destino delle nazioni, della scienza e della morale. Tuttavia, intorno al guesthouse si avvertono inquietudini: rumori notturni, sussurri nei boschi, presenze oscure che sembrano scrutare gli uomini dall’ombra. Le leggende locali parlano di creature come le empuse — esseri terreni, seducenti e feroci — che si aggirano fra le fronde. Mieczysław si trova al centro di un intreccio fra realtà e allucinazione, in cui la tensione cresce fino a un finale che scioglie in parte l’oscuro mistero.
“Empusium” non è un giallo classico, ma un thriller dell’anima: un libro che chiede al lettore di ascoltare le ombre, di non dare tutto per scontato, e di accettare che la linea fra scienza e superstizione sia più sottile di quanto pensiamo.
“Il caso dell’uomo che fu ucciso due volte” di Alvise Trisciuzzi (3 ottobre)
Nel cuore della Bassa, tra nebbie fitte e piazze silenziose, la comunità si ritrova sconvolta da un omicidio che sembra uscito da una cronaca nera d’altri tempi. La vittima è Fabio Mazza, il rubacuori del paese: un uomo che ha infranto matrimoni, collezionato amanti e acceso rancori. Il suo corpo viene ritrovato nella piazza, abbandonato come un monito alla collettività. Ma il dettaglio che rende il caso unico è che Mazza non è stato ucciso una sola volta: sul cadavere si contano due ferite mortali, inflitte da armi diverse e da mani differenti. Chi ha inferto il colpo decisivo?
A investigare è il maresciallo Arturo Bonomi, uomo pratico, caparbio e dotato di un istinto che sa andare oltre le apparenze. Accanto a lui si muovono figure altrettanto incisive: l’ineffabile dottor Peruzzi, Boris l’oste e una piccola cerchia di amici che diventano compagni di indagine. Le ipotesi si moltiplicano man mano che il passato di Mazza si rivela in tutta la sua ambiguità: amori che finiscono bruscamente, gelosie brucianti, passioni segrete e rancori covati per anni.
Ogni indizio sembra aprire uno squarcio su un mondo sommerso di ipocrisie e desideri repressi. La vita di paese, con i suoi ritmi scanditi dalle consuetudini, nasconde in realtà un fitto tessuto di tradimenti e silenzi. Trisciuzzi costruisce un giallo che è anche affresco sociale, mescolando la precisione dell’indagine poliziesca con l’analisi psicologica dei personaggi. La nebbia della Bassa non è solo un elemento atmosferico: diventa metafora di una verità che si lascia intravedere a fatica, dove ciascun sospettato porta con sé una parte di colpa e una parte di verità taciuta.
Con uno stile che unisce tensione narrativa e ironia sottile “Il caso dell’uomo che fu ucciso due volte” si presenta come un giallo storico capace di sorprendere e intrattenere, ricordando che dietro ogni delitto si cela non solo un assassino, ma un’intera comunità chiamata a fare i conti con le proprie ombre.
“Le chiavi del cosmo” Glenn Cooper (28 ottobre)
Con Le chiavi del cosmo, Glenn Cooper torna a intrecciare archeologia, mistero e cospirazioni globali, confermando la formula che lo ha reso celebre con la trilogia della “Biblioteca dei morti”. Questa volta al centro della vicenda c’è David Birch, archeologo di fama abituato a sfidare i confini del sapere con rigore accademico, che si trova di fronte a un enigma capace di mettere in discussione l’intera storia dell’umanità.
Durante uno scavo a Derinkuyu, leggendaria città sotterranea della Cappadocia rimasta inviolata per oltre duemila anni, viene rinvenuto un misterioso congegno di bronzo. Sulla sua superficie è incisa una mappa del mondo che mostra oceani e continenti ancora sconosciuti all’epoca. Un oggetto impossibile, capace di sfidare le leggi del tempo e della logica. Per decifrarne il significato, David è costretto a lasciare le certezze della ricerca accademica e intraprendere un viaggio che lo condurrà attraverso la Turchia, la Grecia, l’Inghilterra e la Germania, seguendo le tracce lasciate da generazioni di custodi del segreto.
La scoperta apre una riflessione inquietante: ci sono oggetti troppo potenti per essere usati, reliquie capaci di contenere in sé passato, presente e futuro. Se cadessero nelle mani sbagliate, potrebbero riscrivere la nostra storia e il nostro destino. Cooper gioca così con l’idea di un determinismo cosmico, di una narrazione già tracciata in cui l’uomo non è libero, ma solo interprete di un copione antico.
Lo stile serrato e cinematografico dell’autore trasforma ogni indizio in un cliffhanger, mescolando il fascino del romanzo storico con il ritmo del thriller. “Le chiavi del cosmo” non è solo un’avventura archeologica, ma anche una meditazione sul rapporto tra scienza e fede, libero arbitrio e necessità, conoscenza e pericolo. Chi troverà le chiavi, troverà il futuro.
“L’annegata” di John Banville (28 ottobre)
Siamo nell’Irlanda degli anni Cinquanta, un contesto ancora avvolto nelle ombre del dopoguerra e nei silenzi di una società cattolica e rigida. Una sera d’autunno, Denton Wymes, uomo solitario e segnato da un passato turbolento, trova una Mercedes abbandonata nei pressi della sua roulotte. Poco dopo arriva il proprietario, sconvolto: dopo una lite, la moglie si è allontanata e lui teme si sia gettata in mare. L’ipotesi di suicidio è la prima a imporsi, ma l’ispettore Strafford — già protagonista della serie che Banville ha avviato mescolando noir e introspezione psicologica — capisce ben presto che dietro la scomparsa della donna c’è molto di più.
Le indagini svelano strati di menzogne, matrimoni falliti, bugie tra amanti, colpe mai confessate. E, come spesso accade nei romanzi di Banville, il mistero non è solo “chi ha fatto cosa”, ma anche come il dolore privato e i segreti personali diventino il motore stesso del crimine.
Strafford deve muoversi tra verità indicibili e rancori sepolti, mentre la sua stessa vita personale si complica: la moglie chiede il divorzio — ancora illegale nell’Irlanda del tempo — e l’amante Phoebe, figlia dell’anatomo-patologo Quirke, gli confessa di essere incinta.
Banville, con la sua prosa raffinata e intrisa di malinconia, costruisce un noir che è al tempo stesso un’indagine sulla colpa e sulla memoria. “L’annegata” diventa così un titolo emblema: la donna scomparsa è specchio di un’intera società che trattiene e soffoca, incapace di liberarsi dal peso delle convenzioni.
“Le furie di Venezia” di Fabiano Massimi (17 ottobre)
Ci troviamo a Venezia, nel 1934. Piazza San Marco è gremita di camicie nere: Benito Mussolini incontra per la prima volta Adolf Hitler, in una coreografia di potere che sembra annunciare il futuro asse tra Italia e Germania; ma tra la folla si muovono anche l’ex commissario di polizia Siegfried Sauer e il suo inseparabile compagno Mutti, approdati in laguna con un intento opposto: unirsi alla resistenza antifascista e tentare di spegnere sul nascere l’alleanza tra i due dittatori.
Quello che i due non immaginano è di imbattersi in un mistero capace di cambiare il corso della Storia. Nella notte, infatti, Mussolini viene visto imbarcarsi su un motoscafo diretto verso l’isola di San Clemente. Ad attenderlo non ci sono gerarchi o alleati, ma l’ombra di un segreto impronunciabile: il Duce entra in un edificio appartato e ne esce visibilmente scosso. Sauer e Mutti decidono di seguirne le tracce e scoprono che sull’isola sorge un manicomio femminile. Lì è rinchiusa Ida Dalser, una donna che sostiene di essere la prima e unica legittima moglie di Mussolini.
La sua presenza, nascosta dietro le mura di un ospedale psichiatrico, solleva interrogativi inquietanti: è davvero la moglie dimenticata del Duce o solo una visionaria? E se le sue parole fossero vere, che pericoli rappresenterebbero per il regime? Mentre l’Europa si prepara a precipitare nella spirale totalitaria, Sauer e Mutti si trovano a indagare in un labirinto di bugie, tradimenti e verità occultate.
Con una prosa densa e cinematografica, Massimi intreccia storia reale e fiction investigativa, restituendo la tensione di un’epoca sospesa tra complotti, spionaggio e follia politica. “Le furie di Venezia” diventa così non solo un thriller storico mozzafiato, ma anche una riflessione sul potere delle verità negate e sulle donne cancellate dalla Storia.