I libri disturbanti sono famosi tanto quanto i comfort book: basta fare un giro sui social per rendersene conto; e se è vero che la lettura dell’uno non esclude l’altro, è vero anche che non tutti riescono a leggerli dall’inizio alla fine.
C’è chi cerca nelle pagine di un romanzo la fuga dalla realtà e chi, invece, una sfida… Perché alcuni libri non sono semplicemente da leggere: sono da affrontare. Sono esperienze difficili, che mettono a nudo il nostro grado di sopportazione. Disturbano, spaventano, disgustano, ma soprattutto costringono a guardare in faccia ciò che normalmente cerchiamo di rimuovere: il dolore, la crudeltà, la violenza, l’abisso umano. Per farlo ci vuole coraggio e non tutti ne hanno, o ne vogliono avere — perché, per citare qualcuno, “il mondo è tanto brutto così com’è”.
3 libri che sono tre prove di coraggio
I libri che vi proponiamo oggi non hanno nulla in comune, se non la capacità di scuotere profondamente chi li apre. Sappiamo che non tutti quelli che hanno provato a leggerli sono riusciti a raggiungere l’ultima pagina, ma sappiamo anche che hanno accettato di mettersi in gioco, di sondare i propri limiti, di conoscersi meglio e capire cosa significhi davvero provare paura e disgusto.
Adesso la domanda è: “Siete abbastanza coraggiosi?”
“Lapvona” di Ottessa Moshfegh
Con “Lapvona” (2022), Ottessa Moshfegh ci trascina in un Medioevo immaginario, lordo, superstizioso, impregnato di fede cieca e brutalità.
Il protagonista è Marek, un ragazzino deforme che vive nel villaggio di Lapvona sotto la tirannia di un signore crudele. La carestia, le credenze religiose e la crudeltà quotidiana ci mostrano un mondo corrotto, in cui il potere dei pochi si regge sulla miseria dei molti. Non c’è spazio per la speranza: solo per la sopravvivenza; e per sopravvivere in un mondo simile non c’è spazio per la bontà d’animo.
Il romanzo è disturbante non tanto per scene splatter — che comunque hanno la loro parte, seppur ridotta —, ma per la sua capacità di evocare un’atmosfera cupa, soffocante, dove il fanatismo religioso e la violenza sono la norma. È un libro che spinge a riflettere sull’oscurità del passato, ma anche su quanto sia facile che quella stessa oscurità riaffiori nel presente, in circostanze al limite.
Leggere “Lapvona” significa confrontarsi con l’orrore della fede cieca, con la brutalità del potere e con la fame.
“Cadavere squisito” di Agustina Bazterrica
Se “Lapvona” scava nell’immaginario medievale, “Cadavere squisito” (2017) ci scaraventa in una distopia contemporanea. Nel mondo immaginato dall’autrice argentina Agustina Bazterrica, un virus ha reso la carne animale immangiabile e la soluzione trovata dalle multinazionali e dai governi è tanto semplice quanto agghiacciante: trasformare gli esseri umani in capi di bestiame da allevare, macellare e consumare.
Il romanzo segue Marcos, impiegato in un grande mattatoio. Abituato alla normalizzazione dell’orrore, si trova improvvisamente davanti a una scelta: ribellarsi o continuare a far parte del sistema.
“Cadavere squisito” è un libro disgustoso, perché parla nel dettaglio di capi di bestiame che non sono tali ed è sempre più disturbante nell’andare avanti della storia perché ci sbatte in faccia la violenza nascosta nei meccanismi del consumo: non parla solo di cannibalismo, ma della logica industriale che trasforma la vita in merce.
Chi lo legge, difficilmente riesce a dimenticare certe immagini: la disumanizzazione, il linguaggio burocratico che annulla la coscienza morale, il ribaltamento totale dell’empatia. È un libro che fa paura non perché impossibile, ma perché sembra terribilmente plausibile.
“Le 120 giornate di Sodoma” del Marchese de Sade
È tra i libri più censurati e scandalosi mai mandati in stampa: nascosto, sussurrato, passato sottobanco. Un libro che molti iniziano e pochissimi portano a termine. Stiamo parlando dell’opera estrema del Marchese de Sade: “Le 120 giornate di Sodoma” — scritto nel 1785, pubblicato solo nel XX secolo, al quale Pier Paolo Pasolini dedicò anche un film molto discusso.
La trama è semplice e terribile: quattro libertini si rinchiudono in un castello isolato con un gruppo di giovani vittime. Per 120 giorni si abbandonano alle pratiche più estreme di violenza sessuale, tortura e umiliazione, organizzate con metodo ossessivo.
Leggere de Sade significa entrare nel cuore nero dell’umanità, in un esperimento letterario che vuole demolire ogni ipocrisia e costringerci a guardare l’abisso nero e senza morale. È un libro disturbante non solo per ciò che descrive, ma per la freddezza con cui lo fa; e con questa stessa freddezza l’autore morì dimenticato in un manicomio, convinto che il suo manoscritto fosse andato perduto per sempre…
Eppure eccolo qui, lo stesso testo che credeva perduto, recuperato e pubblicato decenni dopo come risorto dalle ceneri. L’opera proibita che la società voleva cancellare, e che invece sopravvive come il simbolo stesso della letteratura estrema.