Scritto nel 1785, durante l’imprigionamento alla Bastiglia, il libro Le 120 giornate di Sodoma è probabilmente l’opera più conosciuta e controversa del Marchese de Sade. Considerata una “enciclopedia del sadismo”, questa narrazione esplora i limiti estremi della perversione e della violenza umana, in un crescendo di orrori e crudeltà. Nel romanzo, quattro figure di potere si isolano in un castello inaccessibile con decine di vittime innocenti, dando vita a una delle più agghiaccianti rappresentazioni della disumanità.
Le 120 giornate di Sodoma è un’opera che sfida la comprensione e la sensibilità del lettore, esplorando i limiti più oscuri della mente umana. È un testo che riflette il caos interiore dell’autore, la sua ribellione contro la morale tradizionale e le istituzioni, e che pone domande inquietanti sulla natura del potere, della violenza e della perversione. Anche se è difficile da leggere e accettare, questo romanzo rimane una delle più profonde esplorazioni del sadismo e della crudeltà nella storia della letteratura, offrendo una visione spietata e disincantata della condizione umana.
Le 120 giornate di Sodoma di De Sade
Sinossi del libro
Quattro personaggi, il duca di Blangis, un suo fratello vescovo, il giudice Curval e il finanziere Durcet si isolano in un inaccessibile castello insieme a quarantadue persone di ambo i sessi, destinate a essere utilizzate come strumenti di piacere. La vita della piccola “comunità” è meticolosamente ordinata per consentire ai quattro protagonisti di realizzare ogni sorta di libidine violenta, in un crescendo di orrori che provocano la morte di trenta vittime. Dopo quattro mesi di efferatezze, delle quali il libro è il dettagliato resoconto, i superstiti torneranno a casa. “Le 120 giornate di sodomia” fu scritto nel 1785, mentre Sade si trovava imprigionato alla Bastiglia. È la sua opera più celebre, una sorta di “enciclopedia” che descrive tutti quegli atti di crudeltà che, proprio dal nome dell’autore di questo libro, hanno preso il nome di “sadismo”.
I quattro protagonisti: simboli di potere e corruzione
Il romanzo si concentra su quattro protagonisti principali: il duca di Blangis, suo fratello il vescovo, il giudice Curval e il finanziere Durcet. Ognuno di questi personaggi incarna una forma diversa di autorità corrotta. Il duca rappresenta la nobiltà decadente, il vescovo simboleggia l’ipocrisia della Chiesa, Curval incarna la giustizia corrotta, e Durcet, il finanziere, è il simbolo della cupidigia e dell’avidità.
I quattro protagonisti si ritirano in un castello sperduto, creando una società chiusa e distorta. Qui, con l’assoluto controllo sui loro prigionieri, possono dare sfogo alle loro più violente perversioni senza alcuna paura di ripercussioni. L’ambientazione, isolata dal mondo esterno, simboleggia la rottura di ogni legame morale o sociale.
Il castello: un luogo di reclusione e orrore
Il castello, inaccessibile e separato dalla civiltà, diventa una metafora di un microcosmo infernale. Le quarantadue persone, tra cui vittime di ambo i sessi, sono ridotte a strumenti di piacere per i quattro sadici. Ogni aspetto della vita all’interno del castello è meticolosamente organizzato per consentire ai protagonisti di realizzare ogni tipo di libidine violenta.
Questa “comunità” isolata dal mondo segue un rigido calendario che regola ogni attività, da pasti a torture. Nulla è lasciato al caso: l’orario, il comportamento, le punizioni sono tutti organizzati con precisione, come se la sistematicità della crudeltà fosse essa stessa una forma di piacere per i carnefici.
La progressione della violenza: un crescendo di crudeltà
Il romanzo è diviso in quattro parti, ognuna delle quali rappresenta un mese all’interno del castello. Ogni fase segna un aumento graduale dell’intensità e della brutalità degli atti descritti. Il racconto inizia con violenze più “moderate”, ma ben presto scivola verso una spirale di efferatezze sempre più estreme.
Durante i quattro mesi, le vittime sono sottoposte a umiliazioni fisiche e psicologiche che culminano spesso nella morte. Sade descrive minuziosamente ogni atto, rendendo il lettore spettatore di una lunga sequela di sofferenze. Alla fine, trenta delle vittime muoiono, mentre i superstiti, devastati, sono rilasciati per tornare a casa.
Un’enciclopedia del sadismo
Le 120 giornate di Sodoma non è solo un romanzo, ma anche una sorta di catalogo di perversioni. De Sade descrive ogni tipo di atto di crudeltà e devianza con un’attenzione al dettaglio quasi scientifica. L’opera diventa così una specie di “enciclopedia” della crudeltà umana, un’esplorazione intellettuale e filosofica dei limiti della perversione.
Il termine “sadismo”, che deriva dal nome dell’autore, riflette l’essenza di questa opera: la ricerca del piacere attraverso la sofferenza e la sottomissione altrui. Sade esplora i desideri oscuri dell’animo umano, spingendo il lettore a confrontarsi con la propria morale e con il sottile confine tra piacere e dolore, potere e impotenza.
La critica al potere e alla morale
Dietro la rappresentazione estrema della violenza, Sade sembra lanciare una critica feroce alle istituzioni del suo tempo. I protagonisti del romanzo rappresentano l’élite corrotta, che sfrutta la propria posizione per soddisfare i desideri più perversi, senza preoccuparsi delle conseguenze morali o legali. Attraverso queste figure, Sade mette in discussione l’autorità della nobiltà, della Chiesa e della giustizia, esponendo l’ipocrisia e la brutalità che possono annidarsi dietro il potere.
Il messaggio che emerge è inquietante: in un mondo senza limiti morali, il potere assoluto corrompe in modo totale, portando a una completa deumanizzazione.
Un’opera controversa e incompleta
Le 120 giornate di Sodoma è un’opera rimasta incompiuta. Sade scrisse il romanzo su un rotolo di carta lungo oltre 12 metri, nascosto nella sua cella alla Bastiglia. Quando la prigione fu assaltata durante la Rivoluzione Francese, Sade fu trasferito, e il rotolo rimase lì, creduto perduto per molti anni. Solo nel XX secolo l’opera fu riscoperta e pubblicata.
L’incompiutezza del testo non ne riduce la potenza: anche nella sua forma incompleta, l’opera rimane uno dei più disturbanti e controversi testi della letteratura mondiale. È una riflessione estrema sulla natura umana, sulla libertà e sulla crudeltà, che continua a suscitare dibattiti e a provocare lettori e studiosi.