Tra gialli psicologici, saghe familiari e saggi che tolgono il sonno a chi cerca risposte concrete, i titoli di questa selezione autunnale sono sempre più vicini ai gusti di un pubblico esigente.
Nuovi titoli da tenere d’occhio
Per questo, Libreriamo continua a cercare tra gli scaffali delle nuove uscite per proporvi nuovi titoli che sappiamo vi piaceranno.
“Vita e peccati di Maria Sentimento” di Catena Fiorello
Galeano Nella Sicilia di fine anni Cinquanta, in un paese non lontano da Taormina, Maria Sentimento è la donna di cui tutti parlano: vedova, bella, fiera, allergica alle ipocrisie. Cresce da sola quattro figli e “non chiede permesso a nessuno”: della compagnia degli uomini le importa poco, perché la sua priorità è tenere insieme i destini dei ragazzi, ciascuno con un carattere e una ferita.
Santino, primogenito, è costretto a diventare adulto troppo presto; Anna è inquieta e sogna una libertà che l’isola non concede; Lucia porta addosso i segni di un amore finito; Antonio è il frutto di una passione segreta che il paese non ha mai smesso di mormorare.
Intanto, nella vicina Taormina, sbarcano stelle del cinema, scrittori e ricchi americani: un mondo abbacinante, che allo stesso tempo scandalizza. Le voci corrono, i pettegolezzi pure, ma quando Maria entra a servizio nelle ville affacciate sul mare, quel varco sociale cambia il corso della sua vita e di quella dei figli. Tra desideri e colpe, promesse e ricatti, la famiglia si misura con un’Italia diversa, con la modernità che bussa e con un passato che non smette di chiedere il conto.
È la storia di una donna indomita che ama in modo assoluto e pretende lo stesso dai suoi, pagandone il prezzo. Quando vuoi, passo alla prossima trama.
“Umane bugie” di Romy Haumann
È il 7 settembre 2003, quando Julie Novak scompare senza lasciare traccia. Da allora la sua famiglia si è sgretolata: la madre si ritira nel silenzio, la sorella Sophia cresce all’ombra dell’assenza e il padre, Theo, vive in un’attesa che divora i giorni.
Dopo vent’anni, quando la speranza dovrebbe essere già rassegnazione, una giornalista lo contatta: Liv Keller, volto e voce di un podcast di true crime, sostiene di avere una pista credibile. Per Theo – settantaquattro anni, un passato prestigioso in sala operatoria e una memoria che comincia a sfarinarsi per la demenza senile – è forse l’ultima occasione per sapere che fine abbia fatto sua figlia.
L’indagine li porta a rimettere in discussione ogni frammento del passato: testimonianze ambigue, referti che non tornano, piccole omissioni che con il tempo sono diventate bugie “umane”, dette per proteggere, per sopravvivere, o per dimenticare. Mentre Sophia cerca di tenere insieme il padre e i suoi ricordi sempre più capricciosi, Liv deve misurarsi con i limiti etici del raccontare il dolore altrui in forma di spettacolo.
La verità affiora a pezzi, distorta da traumi e fallacie della memoria: nessuno è del tutto innocente, nessuno è soltanto colpevole.
Romy Hausmann costruisce un thriller emotivo e claustrofobico, dove il mistero di Julie diventa il banco di prova di ciò che siamo disposti a credere – e a tacere – pur di andare avanti.
“La libreria del venerdì” di Sawako Natori
In un sobborgo tranquillo a nord di Tokyo, la stazione ferroviaria di Nohara custodisce un piccolo segreto: in fondo a un binario, dietro una vetrina dimessa, c’è una libreria di cui circolano leggende; si dice che chi entra trovi sempre “il libro giusto”, quello che serve proprio in quel momento.
È lì che approda Fumiya, studente universitario impacciato, allergico alla lettura e pieno di dubbi, alla ricerca di un volume per il padre malato.
Ad accoglierlo è un trio di librai fuori dagli schemi: l’intuitiva Makino, Yasu dal cuore grande e il taciturno Sugawa dagli occhi chiarissimi.
Oltre la soglia, Fumiya scopre un mondo: un binario dismesso trasformato in magazzino, un piccolo caffè con piatti ispirati ai romanzi, scaffali che parlano e dialoghi che somigliano a consigli sussurrati. Mentre i librai pescano titoli improbabili – da Momo a Chandler, fino a gemme della narrativa giapponese – attorno alla libreria si intrecciano storie: clienti in crisi che cercano una direzione, amicizie che nascono tra le pagine, segreti che trovano parole per essere detti.
A poco a poco Fumiya impara a fidarsi delle proprie emozioni e a leggere anche se stesso. La “libreria del venerdì” diventa così un rifugio e un motore di cambiamento: una dichiarazione d’amore per i libri e per i luoghi che sanno rimetterci in cammino, sempre al momento giusto.
“Insonnia” di Bernard-Henri Lévy
Una notte parigina che non finisce mai: l’autore si scopre ancora sveglio e decide di non combattere il buio, ma di abitarlo. L’insonnia, da nemica, diventa una veglia etica. Dal salotto illuminato da una lampada, la mente scivola tra memorie e idee: i maestri (Lévinas, Shakespeare, Freud), i compagni di inquietudine (Pasolini), i luoghi feriti del mondo (da Sarajevo a Gaza), il rapporto sempre controverso con Dio.
Ogni frammento è un’orbita che rientra nello stesso corpo celeste: come pensare quando tutto tace? Che cosa resta, per chi non dorme, della responsabilità verso gli altri?
Ne nasce un libro ibrido, a metà tra memoir, saggio e reportage morale, dove l’autore intreccia perdite private e dolore pubblico, paura e coraggio, fino a farne una meditazione in movimento. Il pensiero si accende, corre, inciampa, riprende fiato. Le pagine hanno l’urgenza di chi scrive per non soccombere, ma anche la lucidità di chi sa che, nel cuore della notte, le cose si vedono più nitide.
“Insonnia” non racconta una storia con trama e colpi di scena: è un viaggio letterario che unisce i frammenti e li ordina in un gesto politico e spirituale. Un invito, rivolto al lettore, a non smettere mai di cercare, proprio quando la luce manca.
“Pregate per ea” di Massimo Zamboni
Durante una camminata nei boschi della Val d’Asta, sull’Appennino emiliano, un viandante trova una piccola lapide nascosta tra felci e nebbia. Poche parole, scolpite in dialetto e pietà: “Pregate per ea”; sotto, un nome – Domenica Gebennini – e un anno, 1870.
Da quell’indizio minimo prende avvio un’indagine che è insieme cronaca e liturgia: Massimo Zamboni raccoglie frammenti d’archivio, memorie orali, dicerie di paese e li intreccia come si fa con un requiem narrativo. Chi era Domenica? Perché la sua morte violenta è rimasta sospesa, come un sussurro che passa di bocca in bocca ma non trova mai una voce ufficiale?
La ricostruzione apre una fenditura nel tempo: affiora il ritratto di una comunità di montagna stretta fra due ordini – quello antico, regolato da sangue, onore e necessità, e quello del nuovo Regno d’Italia, con le sue leggi, i tribunali, una lingua nazionale che non coincide con quella dei paesani.
Tra verbali sbiaditi e leggende familiari, il romanzo mette a fuoco il destino di una “vittima imperfetta”, a lungo giudicata più che compianta, e interroga il peso del non detto nelle valli chiuse, dove le storie si distorcono e si perdono.
Con una prosa scabra e musicale, Zamboni trasforma la ricerca in atto di giustizia emotiva: non solo raccontare un delitto, ma restituire a una donna e al suo paese una memoria degna, capace di parlare anche al presente.
“Storia essenziale della politica internazionale” di Guido Formigoni
Guido Formigoni firma una mappa chiara e compatta di ottant’anni di relazioni internazionali, utile per orientarsi nel presente senza perdere il filo lungo del Novecento.
Il racconto parte dal 1945, quando dalle macerie della Seconda guerra mondiale nasce un ordine nuovo: l’Europa, stremata, cede il baricentro agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica, mentre si consuma il tramonto degli imperi coloniali.
Seguono il bipolarismo della guerra fredda, la stagione della distensione e il grande slancio dell’economia occidentale, fino alla crisi degli anni Settanta. Con il 1989 e il crollo dell’URSS si apre la fase della globalizzazione: per un momento sembra possibile un “nuovo ordine mondiale” più pacificato, ma l’egemonia americana si fa via via incerta. La crisi finanziaria del 2008 e il ritorno di antagonismi nazionalistici riportano in primo piano vecchie fratture e nuove linee di conflitto.
Il volume arriva fino all’oggi, tra l’ascesa della Cina, l’instabilità cronica del Medio Oriente e la guerra tornata nel cuore d’Europa, mostrando quanto fragile e cangiante appaia lo scenario del XXI secolo.
Con linguaggio accessibile e forte senso delle connessioni storiche, Formigoni offre una sintesi affidabile: non un elenco di eventi, ma una guida alle forze che li muovono. Perfetto per studenti, insegnanti e lettori che cercano un quadro d’insieme aggiornato.
“Cuore capovolto” di Paola Barbato
Alberto Danini è un’ombra dietro uno schermo: agente del Servizio centrale operativo e formidabile informatico, passa le giornate a pattugliare la Rete in cerca di predatori; il suo mestiere è indossare un’identità che lacera: fingere di essere un adolescente fragile, parlare la lingua dei ragazzi, cambiare pelle di continuo.
È un ruolo che risuona con un passato spezzato — il “bambino fragile” che è stato — e proprio per questo Alberto è il migliore nel lavoro sporco che nessuno vede. Mentre i colleghi affrontano la strada, a lui resta l’elaborazione dell’orrore. Tutto cambia quando incrocia il caso di Leonardo P., tredici anni, che secondo il padre è finito in una rete di mostri.
Le piste portano a un’app dal nome innocuo, La Rete dei Cuccioli, ma quello che affiora è un nemico diverso, ugualmente feroce, che costringe Alberto a uscire dal buio dei monitor e a esporsi in prima linea.
Non lo muove un eroismo limpido: è la paura di non saper proteggere ciò che ha di più caro, il timore di diventare simile a quelli che combatte.
Barbato costruisce un thriller psicologico di luci e ombre: identità capovolte, colpa e compassione, violenza che nasce online e dilaga nel reale. La tensione cresce insieme al dilemma morale del protagonista — “mostro con il cuore capovolto” — fino a un confronto che mette a nudo il prezzo dell’empatia in un mondo che tritura i più fragili.
“Le formidabili donne del Grand Hôtel” di Ruth Kvarnström-Jones
Stoccolma, dicembre 1901. Mentre la città attende la prima cerimonia dei Premi Nobel, il prestigioso Grand Hôtel è a un passo dal fallimento.
Per salvarlo viene chiamata Wilhelmina Skogh, albergatrice visionaria che ha costruito dal nulla una catena di successo. La sua nomina scatena scandalo e resistenze: molti dipendenti uomini si dimettono, certi che una donna non possa reggere il timone.
Wilhelmina, però, trasforma la crisi in occasione: sostituisce chi se ne va con una squadra femminile energica e competente – cameriere, governanti, segretarie e maître che cercano un’esistenza oltre i confini del focolare – e impone idee moderne: nuovi standard di servizio, cura del dettaglio, cucina internazionale, un modo diverso di pensare l’accoglienza.
Nel microcosmo dell’albergo s’intrecciano le vite di umili lavoratrici e ricche ereditiere, aristocratici altezzosi e artisti in cerca di celebrità; tra saloni, cucine e corridoi si consuma una piccola rivoluzione in cui ambizione, solidarietà e desiderio di riscatto spingono le protagoniste a reinventarsi. Ispirato a una storia vera, il romanzo racconta come il Grand Hôtel diventi un modello di eccellenza al femminile e un palcoscenico di emancipazione, dove modernità e tradizione si urtano e, talvolta, trovano un fragile equilibrio.
“L’ultima notte di Marco” di Giulio Golia e Francesca di Stefano
Il libro ripercorre il caso Vannini, una delle vicende giudiziarie più discusse d’Italia. Marco, ventenne, muore nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 nella casa della fidanzata. Da subito, ricostruzioni contraddittorie, ritardi nei soccorsi e versioni che cambiano generano un vortice di domande.
Giulio Golia e Francesca Di Stefano, forti di anni di inchieste televisive, rimettono in fila atti, audio, perizie, testimonianze e silenzi, portando il lettore dentro le ore cruciali di quella notte e il lungo iter processuale che ne è seguito.
Il racconto alterna la cronaca nuda dei fatti alla tessitura delle omissioni, mostrando come piccoli scarti – una telefonata tardiva, un dettaglio taciuto, una parola malposta – possano cambiare il destino di una persona e di una famiglia. Ne emerge un’indagine sulla verità possibile: non solo “che cosa è successo”, ma “come lo abbiamo raccontato”, tra media, aule di tribunale e opinione pubblica.
È anche la storia di chi cerca giustizia senza arrendersi, e di un Paese che si interroga sul rapporto fra responsabilità individuale, errore e menzogna.
“Le figlie della tempesta” di Sonsoles Ónega
Galizia, 1900. Nel Nord battuto dall’Atlantico, una famiglia rispettata custodisce un segreto che può rovesciare destini: due bambine vengono sottratte alla strada già tracciata per loro – un futuro fatto di matrimoni combinati, gerarchie di classe e silenzi – e affidate a un disegno diverso, non meno rischioso.
Da quell’atto di ribellione nasce una saga che attraversa il Novecento iberico: porti e fabbriche di conservas, tenute di campagna e pensioni sul mare, salotti dove si decide il prestigio e cortili dove si impara a sopravvivere.
Le due protagoniste crescono lontane, una educata ai codici della rispettabilità, l’altra temprata dal lavoro e dal vento: ignare l’una dell’altra e tuttavia legate da una corrente sotterranea che riemerge nei momenti di crisi – una fotografia, una voce, un profumo di infanzia. Amori tempestosi, amicizie inattese, partenze e ritorni scandiscono una ricerca di verità che mette in discussione padri, madri e i loro peccati.
Quando la rivelazione del segreto Valdés diventa inevitabile, il passato pretende il suo prezzo: scegliere chi essere davvero.
Sonsoles Ónega intreccia romanzo storico e melodramma famigliare in un racconto di donne che, come la costa galiziana, resistono alla tempesta e imparano a farsi porto l’una per l’altra.