I 10 libri più letti nel 2025, tra casi editoriali e fenomeni social

17 Dicembre 2025

Quali sono i libri più letti del 2025? Tra vendite e passaparola, tra recensioni e video, abbiamo cercato di fare una top 10.

I 10 libri più letti nel 2025, tra casi editoriali e fenomeni social

Nel 2025 si è letto po’ di tutto, dai romanzi evergreen ai libri freschi di stampa, esplosi sul booktok nel giro di poche settimane. I titoli che hanno riempito le gradinate delle librerie sono diversi, quelli passati di bocca in bocca, ma anche quelli continuano a vivere online, tra recensioni entusiaste e commenti pieni di sottolineature e post-it.

I libri del 2025

Se c’è una cosa che i social, le classifiche di Amazon e le stelline di Goodreads ci hanno insegnato, è che non esiste più un solo modo di essere “il libro dell’anno”: contano l’emozione, la riconoscibilità, la capacità di diventare conversazione.

Per costruire questa top 10 non abbiamo seguito un criterio statistico, ma un incrocio ragionato di indizi: le posizioni in classifica, la costanza delle vendite, il rumore che ogni titolo ha generato sulle piattaforme e, soprattutto, l’intensità con cui i lettori ne parlano un po’ qui e un po’ lì.

In ogni “posto” troverete una classifica diversa, perciò la nostra sarà una “mappa ibrida” e molto contemporanea. Tra romanzi d’esordio ci sono romanzi, immancabili per i nuovi, giovani lettori, ci sono thriller che tengono incollati alla pagina, storie d’amore nate su Wattpad e approdate in libreria, distopie feroci che fanno discutere e libri “impossibili da etichettare” che dividono ma non lasciano indifferenti.

I 10 libri più letti nel 2025: casi editoriali e fenomeni diventati virali sui social

“Due cuori in affitto” di Felicia Kingsley

Summer ha ventisette anni, vive a Los Angeles e sogna di diventare sceneggiatrice: per ora è “solo” assistente sul set di una serie tv, ma pianifica ogni dettaglio della sua vita con la stessa precisione con cui compila le sue to-do list. È fidanzata con un uomo più grande, molto solido, molto affidabile, molto… prevedibile. Blake, trentatré anni, è l’opposto: newyorkese doc, scrittore di bestseller da milioni di copie, vive di notti in bianco, Bloody Mary e decisioni prese all’ultimo secondo. Lui è allergico ai legami, lei all’improvvisazione.

Per un disguido immobiliare, i due si ritrovano a condividere la stessa casa negli Hamptons, affittata per errore a entrambi. Nessuno ha intenzione di rinunciare a quelle vacanze e nessuno è disposto a cedere il passo all’altro: la convivenza forzata accende subito scintille, battibecchi, piccole guerre domestiche. Ma dietro le frecciate si insinua un’attrazione sempre più difficile da ignorare, mentre il mondo esterno – carriere, ex, aspettative familiari – continua a bussare alla porta.

Felicia Kingsley usa tutti gli ingredienti del romantic comedy contemporaneo – dialoghi brillanti, ritmo da serie tv, ambientazioni patinate tra New York e mare – per raccontare un amore che nasce proprio dove sembrava impossibile. “Due cuori in affitto” è un romanzo leggero in superficie ma attentissimo ai dettagli emotivi: mostra come, a volte, per capire chi siamo davvero serva qualcuno che manda in frantumi la nostra idea di vita perfetta e ci costringe a riscriverla da capo.

“La vegetariana” di Han Kang

In “La vegetariana” Han Kang racconta la storia di Yeong-hye, una donna apparentemente comune che, dopo un sogno violento e ossessivo, decide di smettere per sempre di mangiare carne. Il suo gesto, in sé minimo, diventa una frattura irreparabile nell’ordine familiare: il marito, uomo grigio e conformista, vive la scelta come un affronto personale; i genitori, cresciuti in una Corea del Sud autoritaria e patriarcale, reagiscono con violenza, incapaci di accettare un rifiuto tanto radicale.

Il romanzo segue il progressivo allontanamento di Yeong-hye dalla società e dal proprio corpo, attraverso gli sguardi degli altri: il marito, il cognato artista che vede in lei un corpo da usare come installazione vivente, la sorella In-hye, divisa tra senso di responsabilità e desiderio di fuga. Man mano che la protagonista rifiuta non solo la carne ma il cibo in generale, si convince di potersi trasformare in pianta, di vivere solo di luce e acqua, in una forma estrema di rifiuto della violenza umana.

Più che un “elogio” del vegetarianesimo, il libro è un’indagine disturbante sul confine tra normalità e follia, sul controllo esercitato dai corpi sugli altri corpi, sul peso del patriarcato nella società coreana. La lingua di Han Kang, asciutta e visionaria, alterna scene di crudeltà domestica a immagini di potente bellezza, lasciando il lettore sospeso in una domanda che attraversa tutto il romanzo: cosa siamo disposti a sacrificare per non tradire noi stessi?

“Fiori per Algernon” di Daniel Keyes

Tra i libri più amati e condivisi negli ultimi mesi, “Fiori per Algernon” continua a spuntare ovunque si parli di letture che “restano addosso”. Nato come racconto negli anni Sessanta e poi trasformato in romanzo, segue la storia di Charlie Gordon, uomo di trentadue anni con disabilità intellettiva che si sottopone a un esperimento scientifico già testato su un topo da laboratorio, Algernon. L’operazione moltiplica il quoziente intellettivo di Charlie, che da addetto alle pulizie diventa un genio in grado di comprendere la matematica più astratta e la letteratura più complessa.

La vicenda è raccontata attraverso i suoi “rapporti di progresso”, una sorta di diario in cui vediamo la sua lingua cambiare: all’inizio è piena di errori, poi si fa sempre più precisa, raffinata, colta. È un’idea narrativa semplicissima e potentissima, che rende tangibile il cambiamento del protagonista e insieme la sua crescente consapevolezza della solitudine, del rifiuto, dell’incapacità degli altri di stargli dietro. Quando i primi segni di regressione si affacciano, l’affetto per Algernon e la paura di perdere tutto danno al libro una tensione quasi insopportabile.

Considerato uno dei capolavori della narrativa di anticipazione, vincitore dei premi Hugo e Nebula, “Fiori per Algernon” è tornato in cima alle classifiche perché parla a voce alta di temi ancora urgentissimi: il diritto alla dignità, l’uso del corpo a fini scientifici, il desiderio di “essere come gli altri” e il prezzo che siamo disposti a pagare pur di sentirci all’altezza. È uno di quei romanzi che si leggono una volta sola, ma che continuano a lavorare in silenzio per anni.

“L’ultimo segreto” di Dan Brown

Robert Langdon torna in scena lontano dalle consuete cattedrali e biblioteche europee, ma con lo stesso bagaglio di simboli, codici e inseguimenti al cardiopalma. Ne “L’ultimo segreto” lo ritroviamo a Praga, città labirintica e magnetica, insieme a Katherine Solomon, con cui ha appena iniziato una relazione. Lei, studiosa di noetica, è stata invitata a presentare in conferenza le sue ricerche sulla mente umana; lui la accompagna, convinto di trovarsi in un viaggio di piacere mascherato da impegno accademico.

La sparizione improvvisa di Katherine, però, spazza via ogni illusione. All’alba del quarto giorno, Robert assiste sul Ponte Carlo a un evento inspiegabile che lo getta nel mirino dei servizi segreti cechi. Quasi in contemporanea, a New York, una potente organizzazione cerca di mettere le mani sul manoscritto della scienziata, un’opera teorica che evidentemente contiene qualcosa di ben più pericoloso di semplici speculazioni filosofiche.

Nel giro di meno di ventiquattr’ore, Langdon deve decifrare simboli, eludere forze di polizia e agenti d’intelligence, violare un laboratorio segreto dove si conducono esperimenti estremi sulle potenzialità della mente. In gioco c’è una nuova visione dell’essere umano, capace di cambiare il futuro della specie o di trasformarsi in un’arma devastante. Dan Brown costruisce così un thriller che unisce l’atmosfera gotica di Praga ai temi più contemporanei delle neuroscienze e dell’etica scientifica, riportando il suo professore-simbolista nella caccia a un segreto che riguarda, questa volta, la stessa idea di coscienza.

“L’avversario” di Emmanuel Carrère

Nel gennaio 1993 Jean-Claude Romand uccide la moglie, i figli e i genitori, poi tenta di suicidarsi. L’inchiesta rivela l’inimmaginabile: l’uomo che per tutti era un medico stimato, impiegato all’OMS, non solo non ha mai esercitato la professione, ma da diciott’anni costruisce la propria vita su una bugia assoluta. Nessun lavoro, nessuna carriera, solo giornate vuote passate nei parcheggi delle autostrade o nei boschi del Giura, mentre la famiglia crede che sia in ospedale o a Ginevra.

Carrère decide di incontrare Romand, di seguirne il processo e di raccontare, quasi giorno per giorno, l’esistenza di questo “uomo vuoto”: un padre amorevole e nello stesso tempo un impostore capace di sterminare i suoi cari pur di non essere smascherato. Il libro ricostruisce la lunga catena di micro-men­zo­gne che hanno reso possibile la grande finzione, interrogandosi su cosa passasse nella mente di Romand durante quelle ore di solitudine senza testimoni.

Più che un semplice true crime, L’avversario è un’indagine vertiginosa sul male, sull’identità e sulla fragilità del nostro bisogno di credere in qualcuno. Carrère mette in gioco anche se stesso, la propria ossessione per la vicenda, le domande etiche che comporta scrivere della vita di un assassino. Il risultato è un libro asciutto, inquietante, che si legge come un romanzo ma lascia addosso il disagio dei fatti reali.

“Il cerchio dei giorni” di Ken Follett

Con Il cerchio dei giorni Ken Follett lascia per un momento cattedrali e spionaggio e torna ancora più indietro nel tempo, alla preistoria britannica. Il romanzo immagina la nascita di Stonehenge come il risultato di un sogno collettivo e di una grande tensione politica e religiosa. Protagonista è Seft, giovane e abilissimo cavatore di selce che attraversa la Grande Pianura per partecipare con la famiglia alla Cerimonia di Mezza Estate, un appuntamento sacro in cui le tribù si riuniscono per celebrare il sole e chiedere prosperità. Seft spera di rivedere Neen, la ragazza che ama e che può offrirgli una via di fuga da un padre violento e da fratelli brutali.

Accanto a loro c’è Joia, sorella di Neen, dotata di un carisma fuori dal comune. Da bambina, osservando i riti delle sacerdotesse, ha immaginato un monumento di pietre gigantesche, un grande cerchio destinato a cambiare per sempre il volto della pianura. Quel progetto visionario, apparentemente irrealizzabile, diventa il cuore del romanzo: Joia e Seft metteranno alla prova la propria lealtà, il coraggio e la capacità di unire popoli diversi pur di erigerlo.

Mentre la siccità mette in ginocchio i raccolti e i boschi, le tensioni tra pastori, contadini e abitanti delle foreste esplodono in violenza. Su questo sfondo di lotte e alleanze, Follett intreccia amori, tradimenti, rivalità tribali e la fatica concreta di spostare pietre mastodontiche senza strumenti moderni. Il risultato è una ricostruzione romanzata della costruzione di Stonehenge che prova a dare un volto umano a uno dei più grandi enigmi archeologici del mondo.

“Cuori magnetici. Love me love me” di di Stefania S.

Primo volume della saga “Cuori magnetici”, “Love me love me” nasce su Wattpad e approda in libreria portandosi dietro l’entusiasmo di una fanbase enorme. La protagonista è June White, figlia di un’artista inquieta che cambia città in continuazione: l’ennesimo trasloco la porta a Laguna Beach, in California, dove June deve reinventarsi da zero proprio all’ultimo anno di liceo. Lei vorrebbe solo starsene in camera a guardare documentari true crime su Netflix, ma questa volta qualcosa è diverso: i compagni la accolgono con calore, la invitano alle feste, provano a farla sentire parte del gruppo. Tutti, tranne uno.

James Hunter è il classico “bad boy” che catalizza sguardi e pettegolezzi: bello, tormentato, allergico alle regole, circondato da voci su un passato troppo pesante per un diciottenne. June sa che dovrebbe tenerlo alla larga, eppure ogni incontro con lui spinge la storia un passo più in là: battute taglienti, scontri, fraintendimenti e improvvisi momenti di vulnerabilità che fanno crollare le difese di entrambi.

Stefania S. gioca con tutti i tropi del romance scolastico – nemici-amanti, segreti di famiglia, amicizie che diventano famiglia scelta – ma li rende freschi grazie a dialoghi vivissimi, alla colonna sonora contemporanea e a una protagonista ironica, piena di insicurezze riconoscibili. È uno di quei romanzi che si leggono in velocità ma lasciano addosso il bisogno di sapere “come andrà a finire” nel volume successivo, perfetto per chi cerca una storia d’amore intensa, iper-emotiva e decisamente pop.

“Come l’arancio amaro” di Milena Palmieri

In “Come l’arancio amaro” Palminteri racconta una storia di madri e figlie che attraversa mezzo secolo di storia italiana, dagli anni Venti ai Sessanta. Al centro ci sono tre donne legate da un vincolo di sangue e da un nodo di aspettative, rinunce e desideri: Nardina, Sabedda e Carlotta.

Nardina è la figlia obbediente che sogna di studiare, ma finisce incastrata nel ruolo di moglie e madre; Sabedda è la cugina selvaggia e orgogliosa, che vorrebbe scegliere da sola il proprio destino ma si scontra con la povertà e con un contesto sociale che le lascia pochissimo margine; Carlotta è la più giovane, quella che sogna di diventare avvocata quando la professione è ancora considerata terreno esclusivo degli uomini. Intorno a loro scorre la grande Storia: il fascismo, la guerra, la ricostruzione, il lento mutare dei costumi.

Il romanzo segue le tre protagoniste nei loro amori, nelle sconfitte, nelle piccole rivoluzioni quotidiane con cui provano a ritagliarsi un posto nel mondo. Un segreto, legato a una notte che cambia per sempre le loro vite, attraversa le pagine come una ferita nascosta.

Partendo da una vicenda reale, Palminteri costruisce un racconto emotivo e corposo, che punta tutto sui dialoghi, sulle atmosfere familiari, sui gesti ripetuti di generazione in generazione. È il tipo di libro che i lettori del 2025 hanno amato perché parla di radici, di eredità e di libertà possibile anche quando sembra troppo tardi per afferrarla.

“Trilogia della città di K.” di Ágota Kristóf

La storia si apre con due gemelli senza nome che una madre disperata affida alla nonna di campagna, lontano da una città dove cadono le bombe e manca il cibo. Il paese è un generico Est europeo, mai identificato esplicitamente, e proprio questa indeterminatezza rende la vicenda una specie di allegoria della guerra e della violenza. La nonna è rude, tirchia, talvolta crudele, eppure diventa la figura che li tempra: i due ragazzi decidono di “allenarsi” alla durezza del mondo sottoponendosi a prove di resistenza fisica ed emotiva, annotando tutto in un grande quaderno con una lingua secca, oggettiva, quasi clinica.

Nel secondo e nel terzo libro, il quadro si spezza e si ricompone: la storia dei gemelli si frammenta, emergono nuove identità, versioni contrastanti degli stessi eventi, zone d’ombra sul loro legame. La guerra lascia spazio all’occupazione, alla frontiera, alla vita in un regime oppressivo dove il confine tra vittime e complici non è mai netto. Kristof usa capitoli brevissimi, dialoghi tagliati all’osso e immagini durissime per raccontare l’infanzia, l’esilio, la perdita della lingua madre, ma anche la capacità di sopravvivere a qualsiasi devastazione.

Nel complesso, la trilogia è la storia di come ci si costruisce una corazza contro il dolore – e di come quella stessa corazza possa diventare una gabbia di menzogne, ricordi deformati, identità spezzate. Un libro unico per struttura e tono, che si legge quasi come un esperimento narrativo ma lascia addosso la sensazione fisica della fame, del freddo, della crudeltà degli adulti.

“Cadavere squisito” di Agustina Bazterrica

In “Cadavere squisito” Agustina Bazterrica immagina un futuro prossimo in cui un misterioso virus ha reso immangiabile la carne animale. Per evitare il collasso economico e sociale, i governi del mondo hanno scelto la soluzione più atroce: legalizzare l’allevamento, la macellazione e la lavorazione della carne umana. Si crea così un nuovo lessico – “capo”, “pezzo”, “bestia” – per disumanizzare i corpi e renderli merce come un’altra.

Marcos lavora nel mercato della carne da sempre, è un mestiere di famiglia. Ora però si occupa di carne “speciale”, e ogni giorno deve tenere insieme l’efficienza professionale e il disgusto che prova per ciò che fa. La sua vita privata è a pezzi: la moglie se n’è andata, straziata dalla morte del figlio, il padre vive in una casa di riposo costosa che Marcos mantiene con fatica. Quando il suo capo gli regala una femmina allevata per essere macellata, perfettamente sana e trattata come un capo di bestiame, l’equilibrio già precario del protagonista si incrina. Marcos non riesce a vederla come “carne”, ma nemmeno come una persona pienamente libera: il rapporto che nasce fra i due è fatto di pietà, desiderio, ambiguità di potere.

Con una prosa asciutta e implacabile, il romanzo porta alle estreme conseguenze i meccanismi di sfruttamento che regolano la società contemporanea: chi è considerato umano e chi no, quanto vale una vita, quanto siamo disposti a rimuovere pur di conservare il nostro benessere. Il risultato è una distopia crudele, perturbante, che resta addosso a lungo e rende impossibile leggere la parola “carne” allo stesso modo di prima.

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