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La ”Buona Scuola” e l’importanza dello studio della lingua italiana e della lettura

La โ€œBuona Scuolaโ€ โ€“ la riforma della scuola emanata recentemente dal governo Renzi โ€“ introduce nella scuola italiana parecchie novitร : una maggiore offerta formativa, mediante lโ€™assunzione di circa cento mila precari, il rafforzamento dellโ€™insegnamento di materie quali Storia dellโ€™Arte...

La “Buona Scuola” – la riforma della scuola emanata recentemente dal governo Renzi –  introduce nella scuola italiana parecchie novità: una maggiore offerta formativa, mediante l’assunzione di circa cento mila precari, il rafforzamento dell’insegnamento di materie quali Storia dell’Arte, Inglese,  Musica e Scienze Motorie, ma non dedica una sola riga al potenziamento dello  studio della lingua italiana né della lettura. Infatti, tale esigenza nasce dalla constatazione che – come rileva l’Ocse – nella scuola italiana negli ultimi anni si è registrato un miglioramento dei quindicenni nello studio della Matematica e delle Scienze, ma un calo della conoscenza della lingua italiana.

 

Questi risultati negativi sono avvalorati anche dai docenti della facoltà di Giurisprudenza dell’università di Pisa i quali lamentano che le tesi degli studenti sono infarcite di errori grammaticali: periodi senza soggetto o il verbo principale, uso sbagliato della consecutio temporum che naturalmente nuocciono al significato generale del testo scritto. Per ovviare a tale situazione, l’ateneo pisano ha istituito un corso di grammatica italiana, sulla falsariga di quelli da tempo attivati nelle altre università nazionali ideati per sopperire alle lacune linguistiche degli universitari.

 

D’altra parte, bisogna ricordare che anche a scuola le occasioni di scrittura sono limitate ai temi in classe, alle ricerche, tecniche sopraffate dall’uso del computer, dei tablet e dei telefonini che per loro natura inducono a una scrittura esemplificata. Basti pensare ai messaggi che obbligano all’uso di una limitata quantità di caratteri. L’impoverimento linguistico non si ferma qui, si alimenta di un altro  fenomeno messo in luce dal professore – nonché ex ministro della pubblica Istruzione – Tullio De Mauro, secondo il quale la formazione universitaria dei laureati di lingua italiana è sostanzialmente letteraria, non linguistica in quanto lo  studio della grammatica italiana viene dato per acquisito nelle scuole medie inferiori e superiori.

 

Dunque, alla luce di quanto finora detto, la conoscenza delle lingue straniere è senz’altro sempre più necessaria nel contesto odierno, tuttavia anche quello della lingua italiana lo è altrettanto.  Certo, la responsabilità  di un’adeguata educazione linguistica non dipende solo dalla suddetta riforma governativa, ma essa non affronta minimamente l’argomento per rimuovere gli ostacoli didattici, rischiando in tal modo di perdere la propria identità linguistica, un patrimonio culturale che ogni paese dovrebbe  adeguatamente coltivare come avviene  altrove. 

 

Giuseppe Sangregorio

 
29 luglio 2015
 
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