“27 notti” su Netflix: quando la libertà diventa un processo familiare

20 Ottobre 2025

Ispirato a una storia vera e al romanzo di Natalia Zito, "27 notti" su Netflix indaga il confine tra cura e controllo. Scopri di più nell'articolo.

“27 notti” su Netflix: quando la libertà diventa un processo familiare

Con “27 notti”, il cinema argentino torna su Netflix spingendo lo sguardo dentro un conflitto intimo e universale: fino a che punto possiamo decidere della nostra vita quando gli altri – per affetto, paura o interesse – pretendono di farlo al posto nostro?

Il film si apre con un’immagine che pesa come una sentenza: Martha Hoffman, 83 anni, mecenate eccentrica, viene internata in una clinica psichiatrica dalle sue stesse figlie. Da quel momento la domanda non è solo se Martha sia fragile o manipolata, ma chi abbia il diritto di definire che cosa sia “normale” per lei.

Dal caso reale al romanzo, dal romanzo al film

La materia incandescente di “27 notti” viene da un fatto realmente accaduto: la vicenda di Natalia Kohen, artista e benefattrice dell’alta società argentina, che nel 2005 fu dichiarata incapace e internata con l’accusa di dilapidare il proprio patrimonio.

Quell’episodio divenne il nucleo del romanzo “Veintisiete noches” (2021) della psicoanalista e scrittrice Natalia Zito, un libro che indagava i limiti tra follia e libertà, protezione e controllo. Da lì è nato il film, che trasforma il caso giudiziario in una parabola morale.

Hendler, regista e protagonista, ha spiegato:

“Non mi interessava rifare il processo o la cronaca, ma cercare l’umanità dei personaggi – quei mondi dissonanti tra salute mentale, giustizia, arte e famiglia spezzata” (da un’intervista a Yahoo! Vida y Estilo, settembre 2025).

Il film mantiene la doppia avvertenza: “basato su fatti reali” e “ogni somiglianza è puramente casuale”. Una contraddizione apparente che è la sua chiave di lettura: la verità è sempre doppia, come lo sguardo su Martha.

Un giallo dell’anima

A entrare in scena è Leandro Casares, perito giudiziario incaricato di stabilire se Martha sia lucida o meno. Attraverso il suo sguardo, 27 notti si rifiuta di consegnarci una verità univoca: Martha è malata? È vittima di una congiura familiare?

O – ipotesi più scomoda – ha semplicemente scelto di vivere come desidera, a dispetto di ogni convenzione?

È qui che il film trova la sua forza: non nella risposta, ma nella tensione tra cura e controllo. Hendler costruisce un “thriller morale” che si svolge tutto tra sguardi, perizie, visite mediche, colloqui. L’indagine, più che clinica, diventa una confessione collettiva: ogni personaggio rivela la propria fragilità e la paura di perdere potere sull’altro.

La regia di Daniel Hendler e la scrittura “a strati”

Daniel Hendler firma la regia e interpreta Casares, affiancato da Martín Mauregui e Agustina Liendo alla sceneggiatura (in origine anche Mariano Llinás, autore di Historias extraordinarias). È una scrittura che lavora per sottrazione, dove ogni frase, ogni silenzio, può cambiare il senso della scena.

“Questa donna vuole continuare a esplorare fino ai suoi ultimi giorni, nel desiderio e nel piacere» – ha spiegato Hendler. «I confini che la società pone tra chi è “sano” e chi no fanno emergere la nostra ossessione per il controllo e l’esclusione” (Yahoo! Vida y Estilo).

La regia alterna toni di dramma e commedia, senza mai scegliere del tutto. Ci sono momenti quasi farseschi, altri di tragica quiete. È la vita di Martha che si muove su un equilibrio precario, come una tela che rischia di strapparsi.

Un marchio d’autore: La Unión de los Ríos

Il film nasce sotto l’egida di La Unión de los Ríos , la casa di produzione fondata da Santiago Mitre e Agustina Llambí Campbell, già dietro Argentina 1985 . È la loro prima collaborazione con Netflix, e non a caso: Hendler e Mitre condividono l’idea di un cinema civile ma accessibile , capace di affrontare questioni sociali dentro storie personali.

Martha Hoffman, una donna fuori cornice

Il cuore pulsante del film è Marilú Marini , straordinaria nel ruolo di Martha Hoffman. Attrice di culto tra Parigi e Buenos Aires, Marini porta sullo schermo una figura insieme lucida e disarmante, piena di energia e sarcasmo.

“Nella mia mente ho ancora vent’anni” – ha dichiarato in un’intervista a Clarín . Una frase che spiega molto del personaggio: Martha non accetta la definizione di “anziana” e difende con ferocia la propria vitalità. Hendler, parlando di lei, aggiunge: “La qualità umana di Marilú Marini si riflette in quanto è eccezionale come attrice. Quando l’ho conosciuta, mi è sembrata qualcosa di favoloso”.

Attorno a lei ruota un cast che funziona come un ecosistema familiare in disequilibrio: Julieta Zylberberg, Paula Grinszpan e Carla Peterson nei ruoli delle figlie e delle figure legali che ne controllano la sorte; Humberto Tortonese nel ruolo del giudice; e lo stesso Hendler nel perito che osserva e, poco a poco, si lascia trascinare nel suo universo.

Autodeterminazione, età, denaro

Tre sono le forze che attraversano “27 notti” come linee sotterranee: la libertà, la vecchiaia e il potere.

Martha incarna un’idea di autodeterminazione “scandalosa”, perché rifiuta il paternalismo che spesso accompagna la vecchiaia e pretende di decidere da sola cosa significhi vivere fino in fondo. In lei la libertà non è un gesto eroico, ma una forma di resistenza quotidiana contro l’obbedienza che gli altri si aspettano da chi ha superato una certa età.

Allo stesso tempo, il film scardina l’immagine rassicurante dell’anziano come figura neutra o infantile: nel corpo di Martha restano il piacere, la curiosità, il desiderio di sperimentare. La sua vitalità diventa un atto politico, un modo per reclamare il diritto al disordine e alla scoperta.

Sullo sfondo, si muove la terza dimensione: il potere del denaro. Dietro l’apparente preoccupazione per la salute mentale, si agitano interessi patrimoniali, eredità contese e ambizioni familiari. È in questa trama che il film insinua la sua ipotesi più sottile: forse la vera malattia non è l’eccentricità di Martha, ma il bisogno collettivo di normalizzare chi sfugge ai ruoli.

Il caso reale e le riforme che ne seguirono

In Argentina, il caso Kohen portò alla revisione dei criteri per l’internamento involontario, spingendo a una maggiore tutela della libertà personale.

Non a caso, Hendler costruisce il film come una parabola politica travestita da dramma familiare: un racconto su come la legge, la medicina e la morale si intrecciano nel definire la “salute” di un individuo.

Il linguaggio visivo

La fotografia di Julián Apezteguía e il montaggio di Nicolás Goldbart creano un’atmosfera sospesa tra realismo e allucinazione.

I colori della clinica – freddi, impastati – contrastano con quelli della casa di Martha, pieni di arte, luci calde e disordine creativo. La musica di Pedro Osuna alterna minimalismo e dissonanza, come un battito irregolare che tiene il tempo della coscienza.

Dietro le quinte: le parole del regista e della protagonista

“Non volevo che i temi sociali travolgessero il film – dice Hendler – ma che restassero sullo sfondo, come una corrente che ci costringe a riflettere. Martha non è una martire, è una donna che rivendica il diritto di scegliere anche l’errore.”

Marilú Marini aggiunge, con ironia:

“Ho interpretato una donna che non si lascia dire chi è. È un privilegio raro, al cinema e nella vita.”

Percorso festivaliero e uscita

“27 notti” ha inaugurato il concorso ufficiale della 73ª edizione del Festival Internacional de Cine de San Sebastián il 19 settembre 2025.

Dal 9 ottobre è uscito in un numero selezionato di sale argentine, e dal 17 ottobre è disponibile su Netflix, dove ha già conquistato la Top 10 di vari Paesi latinoamericani.

Consigliato perché non è un caso di cronaca travestito da dramma, ma un film che interroga la nostra idea di libertà.

Mostra come la vecchiaia possa essere ancora un terreno di scoperta, non di resa, e perché tra i dialoghi misurati e la potenza silenziosa di Marilú Marini, ci ricorda che la cura non è sempre un atto d’amore – talvolta è un modo per possedere .

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