Il 29 ottobre del 1950, ricorre il 75° anniversario della nascita di Rino Gaetano, all’anagrafe Salvatore Antonio Gaetano, cantautore divenuto celebre per le sue canzoni profonde e al contempo irriverenti, leggere ma impegnate, emozionanti ma a tratti ironici. In occasione dell’anniversario della sua nascita, vi proponiamo il testo di Sfiorivano le viole, brano uscito nel 1976 sul lato B del 45 giri di Mio fratello è figlio unico.
Una canzone che, dietro l’apparente semplicità di un ricordo d’amore estivo, nasconde una riflessione profonda sull’attesa, sul tempo e sull’alienazione dell’individuo di fronte alla Storia. Capace di mescolare ironia e malinconia, leggerezza e disincanto, il cantante crotonese ha saputo raccontare il Paese con uno sguardo unico, ovvero quello di chi ride per non piangere, di chi canta le fragilità umane e le incongruenze sociali con apparente leggerezza, ma precisione chirurgica.
In Sfiorivano le viole, Rino Gaetano si serve di un pizzico di surrealismo per raccontare, infatti, un amore estivo, di quelli che si ricordano con affetto e commozione per tutta la vita, di quelli che rimangono impressi come istanti di compiuta felicità, proprio perché, paradossalmente, non sviluppati, rimasti intrappolati in un momento della nostra esistenza da cui non sono mai riusciti ad uscire.
Ed è forse questa la chiave di tanta bellezza. L’incompiutezza, di cui non rimane che il dolce ricordo, e l’immagine di ciò che non è mai stato e avrebbe potuto essere. Per questo è una delle canzoni italiane più famose.
Sfiorivano le viole di Rino Gaetano
L’estate che veniva
Con le nuvole rigonfie di speranza
Nuovi amori da piazzare sotto il sole
Il sole che bruciava
Lunghe spiagge di silicio e tu crescevi
Crescevi sempre più bellaFiorivi, sfiorivano le viole
E il sole batteva su di me
E tu prendevi la mia mano
Mentre io aspettavoI passi delle onde
Che danzavano sul mare a piedi nudi
Come un sogno di follie venduto all’asta
La notte, quella notte cominciava un po’ perversa
E mi offriva tre occasioni per amarti e tuFiorivi, sfiorivano le viole
E il sole batteva su di me
E tu prendevi la mia mano
Mentre io aspettavoIl sole che bruciava, bruciava, bruciava, bruciava
E tu crescevi, crescevi, crescevi più bella, più bellaFiorivi, sfiorivano le viole
E il sole batteva su di me
E tu prendevi la mia mano
Mentre io aspettavo teMentre io aspettavo te
Si lavora, si produce, si amministra lo stato
Il comune, si promette e si mantiene a volte
Mentre io aspettavo teIl marchese, La Fayette ritorna dall’America
Importando la rivoluzione e un cappello nuovo
Mentre io aspettavo teAncora penso alle mie donne
Quelle passate e le presenti le ricordo appena
Mentre io aspettavo teOtto von Bismarck-Shonhausen
Realizza l’unità germanica e si annette mezza Europa
Mentre io aspettavo teMichele Novaro incontra Mameli
E insieme scrivono un pezzo tuttora in voga
Mentre io aspettavoFonte: Musixmatch
Compositori: Salvatore Gaetano
Testo di Sfiorivano le viole © Universal Music Publishing Ricordi Srl., Universal Music Publishing Ricordi Srl
Quando l’amore non fa vedere il tempo che passa
L’inizio di Sfiorivano le viole è un ricordo luminoso, quasi cinematografico. L’estate arriva con le nuvole gonfie di speranza, la spiaggia brucia sotto il sole, i corpi cambiano e l’amore sboccia come un fiore nuovo.
Eppure, in mezzo a tutta questa luce, si nasconde già la malinconia. La “spiaggia di silicio” non è un’immagine romantica, ma artificiale e fredda, come se la giovinezza stessa fosse qualcosa di fragile e destinato a spegnersi.
Lei cresce, fiorisce, si muove verso la vita. Lui, invece, resta fermo, prigioniero di un’attesa che lo immobilizza.
Nel ritornello c’è tutto il cuore della canzone.
Fiorivi, sfiorivano le viole.
È una frase che racchiude un’intera filosofia. Mentre lei sboccia, il mondo appassisce. Mentre la vita esplode, qualcosa dentro già finisce. È il paradosso del tempo che passa senza farsi sentire, il segreto di ogni giovinezza e di ogni amore che non si compie.
L’attesa che genera una storia d’amore
La canzone si costruisce su un doppio piano, ma qui non è la Storia a dominare. È l’attesa a creare la narrazione, a trasformare il silenzio in racconto.
Un ragazzo aspetta una donna e in quell’attesa immobile nasce il suo mondo. Ogni gesto, ogni pensiero, ogni immagine si riempie di significato solo perché c’è lei, anche se non arriva mai.
Intorno a lui la vita collettiva prosegue, la società lavora, produce, si amministra, ma nulla sembra davvero cambiare. Il tempo storico si dilata e perde peso, come se gli eventi più importanti della civiltà non potessero competere con la forza di un sentimento che non trova compimento.
È la condizione dell’Italia stessa, un Paese che da sempre attende una rivoluzione che non arriva, che canta la speranza e poi la lascia sfiorire. Rino Gaetano la racconta con dolcezza e ironia, come se l’attesa fosse il vero volto della nostra identità collettiva.
L’ironia e la malinconia di Rino Gaetano
Con la sua ironia surreale, Gaetano riduce gli eventi epocali a piccoli dettagli. Il marchese La Fayette torna dall’America portando con sé la rivoluzione e un cappello nuovo. Otto von Bismarck realizza l’unità germanica e si annette mezza Europa. Michele Novaro incontra Mameli e insieme scrivono un pezzo tuttora in voga.
È una parata di eroi e simboli trasformati in figure di un teatrino leggero, dove tutto accade senza lasciare traccia. È la genialità di Rino Gaetano, che riesce a dire l’assurdo dell’Italia con la grazia di una canzone d’amore. La Storia diventa un sottofondo, l’amore un sogno immobile, il tempo un’illusione.
L’Italia che non cambia
Alla fine, Sfiorivano le viole non è solo la storia di un amore giovanile, ma il ritratto poetico di un Paese intero. L’Italia di Rino Gaetano fiorisce e sfiorisce continuamente. È un Paese che canta, spera, si commuove, ma resta uguale a se stesso.
Lui aspetta lei come gli italiani aspettano il futuro, come se l’attesa fosse già una forma di destino. Tutto è in movimento e tutto resta immobile. La giovinezza diventa la stagione della possibilità che non si realizza, della speranza che si consuma prima ancora di essere vissuta.
Sfiorivano le viole è una canzone che parla del tempo e della sua ingannevole dolcezza. Rino Gaetano trasforma un amore mancato in una metafora dell’Italia, di un Paese che sogna, che promette, che aspetta.
Ogni verso è un piccolo frammento di poesia sull’incompiuto, sull’incanto di ciò che non è mai accaduto.
Rino Gaetano ci ricorda che esistono amori e stagioni che vivono per sempre proprio perché non si sono mai compiuti. E che forse anche l’Italia, come quell’amore, continua a fiorire e sfiorire, incapace di cambiare davvero, ma eternamente viva nel desiderio di farlo.
Buon compleanno Rino Gaetano, ovunque tu sia il tuo genio ti renderà vivo per sempre. Il tuo 75° anniversario merita di essere ricordato.