Prophecy, il manga giapponese di culto incontra l’estetica e l’energia del cinema italiano contemporaneo, dando così vita a un progetto cinematografico sorprendente che riesce a coniugare due universi lontani, quello del fumetto nipponico e quello del racconto audiovisivo made in Italy, in un thriller cyberpunk dalle tinte sociali, avvincente e disturbante, che mette al centro la giustizia, la vendetta e il potere della rete.
Diretto da Alessio Liguori e scritto da Daniele Cosci, il film Prophecy è tratto dall’omonimo manga di Tetsuya Tsutsui, pubblicato in Giappone a partire dal 2011 e portato in Italia da J-POP. La trasposizione italiana non è un semplice adattamento pedissequo: è una vera e propria reinvenzione culturale che trasferisce l’azione nel contesto europeo, pur mantenendo intatta la carica emotiva e il messaggio profondamente attuale dell’opera originale.
Prophecy è una piccola rivoluzione nel panorama cinematografico italiano. È un film che guarda al mondo senza dimenticare le radici locali, che sperimenta linguaggi senza perdere il senso del racconto, che affronta le inquietudini del presente con coraggio e lucidità. Un film da vedere, discutere, condividere. E, perché no, leggere: perché il manga da cui tutto è nato resta un’opera essenziale per comprendere a fondo le tensioni che muovono questo racconto potente e disturbante.
Prophecy: un film italiano tra giustizia, virilità e rivoluzione digitale
Il fulcro narrativo di Prophecy ruota attorno a un misterioso personaggio mascherato che si fa chiamare Paperboy. Si presenta in diretta streaming su canali digitali segreti e annuncia, uno dopo l’altro, dei crimini vendicativi che compirà nei confronti di individui o istituzioni colpevoli, a suo giudizio, di ingiustizie sociali, soprusi, violenze, corruzione o ipocrisia. Ogni annuncio è seguito da un’esecuzione meticolosa e spettacolare, sempre ripresa e diffusa in tempo reale.
Paperboy diventa rapidamente un’icona virale: c’è chi lo teme, chi lo sostiene, chi lo idolatra. Ma più il suo volto con la maschera di giornale stampato si fa familiare, più le forze dell’ordine intensificano la caccia, guidate da un nucleo investigativo specializzato in crimini digitali.
Il film esplora la sottile linea tra giustizia e vendetta, tra dissenso e terrorismo, in un’epoca in cui la rete ha il potere di trasformare chiunque in un messia o in un mostro, a seconda di chi guarda.
Un manga di culto con messaggi universali
L’opera di Tetsuya Tsutsui nasce come una profonda riflessione sulle derive della società contemporanea: la disumanizzazione del lavoro, l’isolamento sociale, l’impotenza delle istituzioni e la potenza sovversiva dei social media. Il manga è asciutto, tagliente, ritmato come una serie TV, e riesce a parlare tanto ai lettori giapponesi quanto a quelli occidentali. Per questo la sua trasposizione italiana non risulta forzata, ma anzi potenzia e attualizza le sue tematiche in modo credibile.
La sceneggiatura firmata da Daniele Cosci adatta il concept all’Italia di oggi, un paese dove la disillusione verso la politica e il bisogno di giustizia sociale sono fortemente sentiti. La figura di Paperboy, nel film, sembra quasi attingere a una mitologia urbana nuova, mescolando suggestioni da V per Vendetta a echi contemporanei di Anonymous e degli attivisti digitali.
Un film coraggioso e inaspettato
Prophecy è un’opera che osa. Nella fotografia cupa e vibrante, nella messa in scena nervosa e ritmata, si percepisce un desiderio profondo di parlare il linguaggio delle nuove generazioni, anche quando si toccano temi scomodi come l’hate speech, il bullismo, l’abuso di potere, la censura o il ruolo delle multinazionali nell’economia digitale.
Il film non cerca di assolvere o condannare Paperboy: lo guarda da vicino, cercando di capire cosa lo abbia reso ciò che è. E nel farlo, costringe lo spettatore a interrogarsi sulle responsabilità collettive, sui meccanismi dell’indifferenza e su cosa voglia dire, davvero, essere giusti in un mondo ingiusto.
Il cast, composto da giovani interpreti ma anche da volti noti del cinema italiano, contribuisce a mantenere la tensione narrativa e a rendere credibili anche i momenti più visionari o grotteschi.
Una produzione internazionale che guarda al futuro
Prodotto da Fabula Pictures in collaborazione con Minerva Pictures e Vision Distribution, Prophecy segna un ulteriore passo avanti nella capacità dell’Italia di confrontarsi con i linguaggi globali del cinema di genere. La scelta di adattare un manga giapponese, e non uno qualunque, ma un’opera impegnata e ambiziosa, è già di per sé una dichiarazione d’intenti. Il risultato è un thriller psicologico che potrebbe tranquillamente varcare i confini nazionali e interessare un pubblico internazionale.
La regia di Liguori dimostra una padronanza visiva non scontata, che gioca con le luci, i tagli di montaggio e i dispositivi narrativi digitali per restituire l’effetto ipnotico e inquietante dei messaggi di Paperboy. I momenti di azione si alternano a riflessioni più intime, mostrando anche il lato umano e fragile dei personaggi coinvolti.
Il messaggio che resta
Al di là dell’estetica e della trama, Prophecy è un film che lascia il segno perché costringe a riflettere. In un’epoca in cui il concetto di verità è sempre più sfumato, e dove i confini tra reale e virtuale si sovrappongono, la figura di Paperboy diventa metafora di un bisogno collettivo: quello di sentirsi ascoltati, di vedere puniti gli abusi, di credere in una forma di giustizia alternativa quando quella ufficiale sembra fallire.
Ma il film ci ricorda anche quanto sia pericoloso inseguire i messia digitali, quanto la viralità possa deformare le intenzioni, e come la giustizia, per essere vera, debba necessariamente passare attraverso il confronto, la legalità e l’etica.