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Addio a Brian Wilson, leader “tormentato” dei Beach Boys

Brian Wilson è stato molto più di quello che oggi tutti ricordano in maniera semplicistica nel giorno della sua morte ad 82 anni, come il “fondatore dei Beach Boys”. Musicista, compositore, produttore, Brian Wilson, è stato molto di più dell’uomo capace di creare non solo un sound unico nel panorama musicale mondiale ma anche la persona che è stata in grado di far esplodere dentro ad almeno due generazioni di ragazzi il mito della California. Chi, dopo aver sentito brani immortali come “Surfin’ Usa” non ha sognato di trovarsi sulle spiagge dello Stato sull’Oceano Pacifico, in piedi su di una tavola, e poi davanti ad un falò al tramonto…

Brian Wilson

Ma dietro a questa immagine di feste perenne c’è la vite reale di Wilson, devastata dalla lotta con la depressione, l’abuso di alcol e droghe, la malattia che lo ha accompagnato quasi dall’infanzia fino alla fine. Brian infatti nacque con un problema d’odio che da piccolo lo portò ad essere completamente sordo da un orecchio. A questo si aggiunse un carattere particolarmente fragile. Tutto questo però non gli impedì di sviluppare un dono, una sorta di genio musicale quasi unico, talmente potente tre da trascinare con se i fratelli, Carl e Dennis, un cugino, Mike Love ed un amico, Al Jardine con cui fondò la band, i “Beach Boys”. Era il 1961, Brian Wilson aveva solo 18 anni…

In pochi anni la band divenne un vero e proprio fenomeno musicale, merito del perfetto mix di rock, di una vocalità completamente differente da quello che offriva il panorama americano dell’epoca e di testi semplici ma accattivanti dall’immediata presa sul pubblico. Canzoni che parlavano di mare, onde, ragazze, festa e che stonavano con il resto della musica Usa molto legata alle tensioni universitarie e socio-politiche degli anni’60 e ’70.

L’ascesa dei Beach Boys

Ne è esempio perfetto quello definito da tutti uno dei “capolavori” della storia della musica, “Pet Sounds”, album che conquistò la vetta delle classifiche Usa, e non solo, mettendo i Beach Boys in competizione con i Beatles. Un disco (l’undicesimo della band, in soli 5 anni dalla loro nascita, cosa che racconta la loro produttività impressionante) di fatto realizzato in toto da Brian Wilson che si era per certi versi allontanato dal resto della band, impegnata in una sorta di tour infinito negli Usa ed all’estero, per concentrarsi sulla realizzazione di nuove canzoni.

Un disco quindi quasi da solista di Brian Wilson con all’interno brani memorabili come “God only knows” e “Wouldn’t be nice” e soprattutto sonorità, strumenti, ritmi del tutto nuovi e lontani per certi versi da quelli “californiani” dei primi anni di attività.

Ma questo non bastava a contenere la vena creativa di Brian, mente geniale ma complicata, con lavori cominciati e poi accantonati ed alla fine magari ripresi qualche decennio (come accadde per “Smile” pubblicato solo nel 2002) dopo come se il fondatore e leader della band fosse sempre alla ricerca di novità, di stili diversi e musiche diverse per comunicare, senza lasciarsi schiacciare troppo dallo stereotipo del genere surf-californiano.

Il genio musicale di Brian Wilson però per tutta la carriera ha dovuto fare i conti con le sue fragilità. Prima la droga, poi l’alcol, la depressione, senza dimenticare la demenza con cui ha fatto i conti negli ultimi anni della sua vita. Una vita complicata, per certi versi da solitario perenne, lontano dal resto della band e anche dalla famiglia. Decenni tormentati, come tormentato è stato il destino della band soprattutto dopo la morte, in giovane età dei due fratelli di Brian, scomparsa che diede il via ad una battaglia legale tra i restanti membri dei Beach Boys e delle rispettive famiglie sulla gestione dei diritti d’autore durata anni ed anni.

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