È morto Pippo Baudo, il conduttore che ha fatto la storia della televisione italiana

16 Agosto 2025

Pippo Baudo è morto a 89 anni. Conduttore simbolo di Sanremo e della Rai, ha segnato oltre 60 anni di TV italiana, lanciando format e scoprendo talenti.

È morto Pippo Baudo, il conduttore che ha fatto la storia della televisione italiana

È morto a 89 anni Pippo Baudo, il più grande conduttore della televisione italiana. La notizia è stata confermata all’Ansa dal suo storico legale e amico Giorgio Assumma.

Con lui scompare non solo un volto iconico della TV, ma un protagonista che per oltre sei decenni ha contribuito a definire linguaggi, format e ritualità dell’intrattenimento nazionale.

Dalle origini siciliane al debutto televisivo

Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo era nato a Militello in Val di Catania il 7 giugno 1936. Laureato in Giurisprudenza, iniziò come pianista nell’Orchestra Moonlight, coltivando parallelamente ambizioni teatrali.

Il primo approdo sul piccolo schermo arrivò nel 1959, come musicista al concorso La conchiglia d’oro.

Ma fu con Settevoci, nel 1966, che il suo nome si impose al grande pubblico: un programma nato quasi per caso, diventato modello di quiz musicale con l’introduzione dell’applausometro.

Pippo Baudo, il volto centrale della TV generalista

Dagli anni ’70 in avanti, Baudo divenne il conduttore di riferimento della televisione di intrattenimento.

Canzonissima, Domenica In, Fantastico e numerosi varietà del sabato sera lo consacrarono come il presentatore capace di unire milioni di spettatori. La sua figura incarnava la dimensione “nazionalpopolare” della Rai, capace di intercettare gusti trasversali e trasformare lo spettacolo in rito collettivo.

Il legame con Sanremo

Il suo nome resta indissolubilmente legato al Festival di Sanremo, che ha condotto tredici volte tra il 1968 e il 2008: un record assoluto.

La sua gestione del palco dell’Ariston ha contribuito a lanciare numerosi artisti, da Al Bano a Laura Pausini, da Andrea Bocelli a Lorella Cuccarini. Il “Sanremo di Baudo” è entrato a far parte dell’immaginario collettivo, diventando sinonimo stesso della kermesse.

Talent scout e costruttore di linguaggi

Oltre al ruolo di conduttore, Baudo è stato un vero talent scout. Ha scoperto, sostenuto e valorizzato figure che avrebbero segnato la storia dello spettacolo e della musica italiana.

Ma soprattutto ha rappresentato un costruttore di linguaggi televisivi: dalla gestione dei tempi al rapporto con il pubblico, dalla valorizzazione dei format alla creazione di nuovi modelli di varietà, il suo contributo ha plasmato un’intera stagione della televisione.

Crisi, rilanci e longevità professionale

La sua carriera non è stata priva di momenti difficili. Dalla parentesi a Mediaset negli anni ’80, chiusa senza successo, alle polemiche sulla “televisione nazionalpopolare” accusata di rincorrere i gusti più semplici, fino alle vicende giudiziarie legate alle telepromozioni negli anni ’90.

Ma Baudo ha sempre saputo rilanciarsi, tornando più volte al centro della scena con programmi come Novecento, nuove edizioni di Domenica In e ulteriori conduzioni del Festival di Sanremo.

La sua longevità professionale è testimoniata anche dal ritorno in Rai a 80 anni, ancora come padrone di casa della domenica televisiva.

Un simbolo della cultura di massa italiana

La figura di Pippo Baudo va oltre la cronaca televisiva: rappresenta un capitolo della cultura di massa italiana. In un’epoca in cui la televisione era il medium dominante, la sua presenza costante ha contribuito a costruire un’identità collettiva.

La TV di Pippo Baudo non era solo intrattenimento, ma anche specchio del Paese, capace di raccontarne aspirazioni, contraddizioni e trasformazioni.

Con la sua morte si chiude una stagione della televisione italiana. Baudo è stato l’ultimo grande rappresentante di una TV capace di parlare a un pubblico vasto e trasversale, di trasformare eventi mediatici in fenomeni sociali, di unire famiglie e generazioni davanti allo stesso schermo.

La sua eredità non si limita ai programmi condotti o ai talenti scoperti, ma riguarda il ruolo che ha incarnato: quello di figura di mediazione culturale tra spettacolo, industria televisiva e pubblico. La sua scomparsa non segna soltanto la fine di una carriera, ma la chiusura di un intero capitolo della storia dei media italiani.

La fine di un modello culturale della TV generalista 

Con la morte di Pippo Baudo, a 89 anni, non scompare solo un grande conduttore: si chiude una stagione della televisione italiana che ha saputo unire il Paese e raccontarne i cambiamenti. La sua parabola professionale è anche una lezione sociologica sul ruolo che i media hanno avuto nella costruzione dell’identità collettiva italiana.

Baudo non è stato semplicemente il volto rassicurante di decine di programmi di successo. È stato l’interprete di una televisione che negli anni d’oro della Rai era più di un intrattenimento: era un rito sociale. Sanremo, Domenica In, Fantastico non erano solo spettacoli, ma momenti in cui milioni di persone si riconoscevano in uno stesso linguaggio. In un’Italia ancora divisa da regioni, dialetti e differenze sociali, il piccolo schermo riusciva a costruire un immaginario comune. Baudo era il garante di questa unità.

Il ruolo di mediatore culturale

Oltre a presentare, Baudo ha saputo scoprire talenti, lanciare carriere, introdurre format destinati a durare. Era, a tutti gli effetti, un mediatore culturale: teneva insieme il pubblico, l’industria televisiva e gli artisti. Con la sua autorevolezza, trasformava la televisione in un palcoscenico nazionale, capace di far emergere voci nuove e al tempo stesso di consolidare riti condivisi.

Il suo Sanremo è diventato un caso di studio: non solo un festival musicale, ma un rito mediatico collettivo che scandiva il calendario culturale del Paese. Il fatto che per intere generazioni “Sanremo” e “Baudo” fossero quasi sinonimi mostra quanto un volto possa diventare simbolo di un’istituzione popolare.

Crisi e rilanci come metafora nazionale

La carriera di Baudo è stata segnata da momenti di enorme successo e fasi di difficoltà. L’esperienza a Mediaset, i processi alle telepromozioni, i flop degli anni Novanta: tutte tappe che avrebbero potuto segnare la fine della sua parabola. Invece, ogni volta è tornato.

Questo andamento a ondate racconta molto non solo di lui, ma anche dell’Italia: un Paese che conosce crisi cicliche, ma che riesce sempre a ritrovare figure e simboli in cui riconoscersi. Baudo ha incarnato questa capacità di ripartenza, consolidando la sua immagine di punto fermo del sistema televisivo.
Un simbolo della cultura di massa italiana

Se oggi parliamo di Baudo come “il presentatore della  televisione”, è perché la sua figura ha rappresentato più di un mestiere: è stata parte integrante della cultura di massa. Nelle case italiane, per oltre sessant’anni, la sua presenza ha contribuito a costruire memoria e identità collettiva.

In un’epoca in cui i media sono frammentati e il consumo è individuale, la sua televisione appare lontana, ma proprio per questo assume valore storico: ci ricorda un tempo in cui la TV sapeva ancora svolgere un ruolo di coesione sociale.

Con Baudo non se ne va solo un conduttore, ma un modello culturale. La sua eredità è fatta di programmi che hanno segnato epoche, di artisti che ha lanciato, di un modo di intendere la televisione come spazio pubblico condiviso.

La sua dipartita ci invita a riflettere sul presente: in un mondo dove gli schermi sono infiniti e i linguaggi si moltiplicano, chi oggi ha la capacità di unire il Paese come faceva lui? Forse nessuno. E proprio questo rende evidente la sua unicità.

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