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“Mare fuori”, la serie del momento che racconta i giovani e il desiderio di riscatto

Quattro giovani napoletani che scontano la loro pena all'interno di un carcere minorile. É questa la storia raccontata da "Mare fuori", la serie tv prodotta da Rai Fiction che è diventata un vero e proprio record.

Ne parlano tutti: “Mare fuori” è la serie tv del momento, con le sue tre stagioni che raccontano le vicende di quattro giovani detenuti in un carcere minorile nel napoletano, gli episodi mostrano spaccati di vita che difficilmente vengono ritratti sul piccolo schermo.

“Mare fuori”, quattro ragazzi e un percorso di crescita

Mare fuori” racconta la storia di quattro ragazzi, Carmine, Filippo, Ciro e Naditza, detenuti nell’immaginario IPM – istituto penitenziario minorile – di Napoli, liberamente ispirato al carcere di Nisida, e degli operatori che vi lavorano.

La prima stagione incomincia con l’arresto di Carmine, proveniente da un ambiente degradato vicino alla Camorra, e Filippo, promettente pianista milanese di buona famiglia giunto nel napoletano in vacanza. I due adolescenti, che non potrebbero essere più diversi, si ritrovano a condividere il tortuoso percorso della detenzione minorile. E se per Carmine l’ambiente delle carceri è noto, con tutte le sue regole tacite e i linguaggi in codice, per Filippo è tutto nuovo e sconosciuto, oggetto di timore e scoraggiamento.

Ai due giovani si aggiungono Ciro, il prepotente figlio di un boss camorrista che dà il tormento ai nuovi arrivati, e Naditza, una ragazza rom che si fa arrestare sistematicamente per sfuggire al matrimonio combinato che le vogliono imporre i genitori.

L’impianto corale di “Mare fuori”

Guardare “Mare fuori” è un’esperienza forte: lo spettatore viene posto dinanzi ad una realtà che non sempre si ha la possibilità di osservare e che, di riflesso, risulta spesso oggetto di pregiudizi e preconcetti nati dall’ignoranza. La serie è soltanto una serie, è vero; ma attraverso l’osservazione di un ideale carcere minorile, siamo indotti alla riflessione su tematiche importanti quali il ruolo della detenzione, l’importanza dello studio di un percorso all’interno di essa, l’impatto della famiglia d’origine sulle scelte dei giovani, la forza del desiderio di riscatto.

Grazie alle storie di Carmine, Filippo, Naditza, Ciro e poi Pino, Gianni, Viola e tutti gli altri giovani detenuti della casa circondariale minorile, scopriamo stralci di vite che ci sembrano lontano anni luce dalle nostre, e invece sono più vicine di quanto potremmo immaginare. L’impianto corale della serie tv fa sì che lo spettatore conosca le diverse sfaccettature di un mondo che nella realtà rimane chiuso, ingabbiato fra gli stereotipi e il timore di avvicinarsi a temi troppo crudi, troppo duri, che invece raccontano una grande umanità.

Inoltre, grazie a “Mare fuori” guardiamo anche ad un altro aspetto della detenzione minorile: oltre ai giovani protagonisti detenuti, abbiamo l’occasione di osservare chi lavora in questi luoghi, dai direttori alle guardie, tutta gente che coniuga questo lavoro duro e delicato al tempo stesso con le difficoltà della vita privata, che non è sempre semplice da coniugare con tutto il resto.

Emblema di ciò che significa lavorare dentro un carcere minorile è il personaggio interpretato da Carolina Crescentini, la direttrice Paola Vinci, che dopo un primo periodo di assestamento contrassegnato da dubbi e difficoltà, si fa amare dai ragazzini detenuti nell’IPM e diventa un fondamentale punto di riferimento per loro.

Il boom di ascolti

La prima stagione di “Mare fuori” è uscita nel 2020 su Rai2, ma nessuno si aspettava il successo che è arrivato con la seconda e, soprattutto, la terza stagione adesso in onda in prima serata. I numeri registrati da Rai Play sono impressionanti: circa 12 milioni di visualizzazioni per un totale di 5,7 milioni di ore viste; segno del fatto che il pubblico italiano è fortemente interessato alle tematiche sociali, che non siamo abituati a vedere spesso sul piccolo schermo.

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