Il calcio, o meglio la pallavolo, diventa metafora di un’adolescenza che non si accontenta più di vincere solo il campo. In La partita delle emozioni, diretto da Fabrizio Guarducci, in uscita nelle sale il 13 novembre 2025, la competizione sportiva si intreccia con la scoperta di sé, dell’altro, del desiderio di essere piuttosto che di avere.
La partita delle emozioni; Quando lo sport diventa crescita interiore
La partita delle emozioni non è un film facile né superficiale. Non promette risposte, ma interroga. Non si limita a mostrare un torneo scolastico, ma scopre che dietro il campo da gioco c’è un mondo interiore che chiede spazio. Il professore che pensa che i ragazzi siano “più legati all’avere che all’essere” ci chiede: cosa significa davvero essere adolescenti, oggi? Quali emozioni nascondiamo? Quali partite interiori stiamo giocando? Alla fine, non importa se vinci la palla alzata o il muro perfetto: importa se hai visto cosa succedeva dentro.
Trama e sfondo
Il film racconta la storia di un professore che osserva con preoccupazione come la generazione dei suoi studenti sia ormai più legata all’“avere” che all’“essere”. Per scuoterli, assegna loro un tema durante le vacanze di Pasqua: «Che cosa sono per voi le emozioni?». Parallelamente a questo compito, gli studenti, ragazzi e ragazze della classe, devono partecipare a una partita di pallavolo che dovrà decretare chi è più forte: maschi o femmine? Le due dimensioni, quella intellettuale e quella corporea, si affiancano in un racconto che dovrà condurre verso un finale a sorpresa.
Temi e riflessioni
Il film parte da un assunto semplice ma efficace: l’adolescenza non è solo competizione, non è solo “vincere” o “arrivare primi”, ma è formazione dell’identità, è scoperta del proprio sentire. Il professore viene dunque come “scatenato” a guidare un confronto tra gli studenti sul concetto di emozione, non come parola vuota, ma come strada verso una consapevolezza più profonda.
Il tema della partita sportiva, maschi vs femmine, diventa un dispositivo narrativo che mette in luce più livelli: il confronto generazionale, le differenze di approccio, la percezione del corpo, la costruzione sociale del ruolo di ciascuno. In questo senso, la pallavolo serve da teatro fisico per la messa in scena di conflitti interiori: chi siamo, chi vorremmo essere, cosa stiamo diventando.
Un altro tema significativo è la contrapposizione tra “avere” e “essere”. Il film sembra suggerire che nella cultura contemporanea, anche nei giovani, prevalga la logica dell’avere (possedere risultati, visibilità, successi) rispetto all’essere (conoscersi, sentire, trasformarsi). Il professore lo percepisce e tenta di rovesciare la rotta: l’educazione non è solo formazione, ma conoscenza di sé.
Personaggi e performance
Tra gli interpreti figurano Sebastiano Somma, Martina Roscani, Francesco Luciani e Cartisia Somma. Somma nel ruolo del professore, figura chiave del film, sul quale grava il peso del tentativo di cambiare la rotta di una classe che sembra disancorata dal proprio sentire. Gli studenti, come figure collettive e individuali, fanno emergere desideri, fragilità, ambizioni contrastanti.
Regia, stile e impatto
Guarducci sceglie uno stile che abbina il realismo scolastico, l’aula, la partita, il tema, con elementi più riflessivi: l’esercizio sul tema delle emozioni, il dialogo intimo tra ragazzi, la tensione tra corpo e pensiero.
La sceneggiatura sembra voler fare spazio alla voce degli adolescenti, ma anche sollecitare lo spettatore adulto a sentirsi coinvolto: non solo come genitore o insegnante, ma come persona che può ricordare cosa significava avere sedici anni, essere in partita, non solo nello sport, ma nella vita.
La partita di pallavolo, materia scenica e simbolica, funge da momento topico: il “campo da gioco” diventa spazio di scoperta, vulnerabilità, confronto. Non è solo chi batte più forte, ma chi batte dentro se stesso. Il tema assegnato dal professore è motore narrativo e riflessivo: scrivere su cosa sono le emozioni significa rivoluzionare l’approccio allo studio, al corpo, all’altro.
Significato nel contesto italiano
In un’Italia dove la scuola fatica, dove il corpo degli adolescenti è spesso oggetto di immagine e prestazione ancor prima che di scoperta, La partita delle emozioni arriva come provocazione: cosa stiamo insegnando? Perché tante competizioni esteriori? Qual è il ruolo dell’educazione? Il film non dà risposte facili, non scivola nel cliché motivazionale ma preferisce lasciare domande.
Il contesto sportivo – pallavolo – non è casuale: sport di squadra, interazione, corpo che comunica, corpo che è azione e riflessione. Maschi e femmine in campo, e non solo a scegliere chi è più forte, ma a osservare come si gioca, come si relazionano. In una società che ancora osserva gli stereotipi di genere, questo dualismo è significativo.
Critica e aspettative
Nonostante ciò, l’ambizione del progetto: mescolare scuola, sport, identità, emozione, merita attenzione. Sarà interessante vedere come il film verrà recepito dal pubblico, soprattutto dai giovani e dagli insegnanti, ma anche dal mondo dello sport e dell’educazione.
Perché vederlo
Per chi crede che lo sport non sia solo vittoria ma scoperta.
Per chi si interroga sull’educazione degli adolescenti, fra corpo e pensiero.
Per chi vuole vedere un film italiano che non tratti semplicemente la scuola come ambientazione, ma come luogo di svolta interiore.
Per riflettere su generazione, emozioni e senso del sé più che sul successo immediato.
