“La notte prima di Natale”, da Gogol all’opera in 4 atti di Rimskij-Korsakov

22 Dicembre 2025

Da Gogol alla scena: un fabbro sfida il diavolo per amore. “La notte di Natale” diventa opera per mano di Rimskij-Korsakov a inizio '900.

“La notte prima di Natale”, da Gogol all'opera in 4 atti di Rimskij-Korsakov

Un Natale dove la neve non è “atmosfera”, ma materia viva, dove la notte è un teatro pieno di rumori, corpi, voci di villaggio, e dove il sacro convive con la superstizione senza che nessuno senta il bisogno di scegliere è quello rappresentato nell’opera in quattro atti di Nikolaj Rimskij-Korsakov.

“La notte prima di Natale”, spesso indicata anche come “Christmas Eve” o “The Night Before Christmas”, trasforma la vigilia in una festa inquieta e luminosissima, impastata di folklore, diavoli, desideri e canti antichi, più vicina a una veglia contadina piena di risate e di ombre, dove la religione entra dalla porta principale e la magia sbuca dalla finestra.

Non è l’opera “da mettere sotto l’albero”, ma la dimostrazione di ciò che Rimskij-Korsakov sapeva fare meglio di chiunque altro, dipingere con l’orchestra, far “vedere il freddo”, il buio, le scintille della festa, come se la musica avesse un colore e delle immagini proprie.

Un’opera nata da un racconto

Gogol e la vigilia come fiaba popolare

Il punto di partenza è Gogol e il racconto “La notte prima di Natale” (1832), incluso nelle “Veglie alla fattoria presso Dikan’ka”. Rimskij-Korsakov scrive anche il libretto e compone l’opera tra 1894 e 1895, scegliendo di restare fedele allo spirito di una fiaba popolare: il villaggio come coro vivente, la comicità che non cancella l’incanto, il soprannaturale che entra in scena con la naturalezza di un parente invadente.

La storia, va detto, aveva già sedotto altri musicisti prima di lui: era stata adattata più volte, e tra i precedenti spicca Čajkovskij con “Vakula il fabbro” (1874). È come se quel Natale slavo, a metà tra presepe e solstizio, fosse un magnete per il teatro musicale: un ambiente dove tutto può accadere senza diventare “fantasy”, perché è già tradizione.

Una trama che mescola desiderio, prova e beffa

Se si dovesse raccontare “La notte prima di Natale” in una frase, sarebbe questa: un fabbro innamorato accetta una sfida impossibile, finisce per “domare” il diavolo e attraversa la notte per conquistare un paio di scarpe che valgono più di mille promesse.

Vakula, il fabbro

L’amore testardo che diventa impresa

Vakula ama Oksana, ma Oksana si presenta agli occhi di tutti con la crudeltà capricciosa di chi sa di essere desiderata. Gli chiede un dono che sembra impossibile, irraggiungibile: le scarpe della zarina. Non un gioiello qualsiasi, non un pegno sentimentale, ma proprio un oggetto di potere, di distanza sociale! È così che l’opera scopre il suo motore segreto: l’amore non è più solo “sentimento”, ma passaggio di stato.

O si resta nel villaggio a subire l’umiliazione, o si attraversa “la notte”.

Oksana, la vanità, il gioco, la paura di essere scelta davvero

Oksana è spesso letta come la “cattiva” della storia, ma la sua funzione teatrale è più interessante, perché rappresenta il lato immaturo del desiderio, quello che prova a governare l’altro con un ricatto. È la ragazza che pretende un gesto spettacolare per sentirsi al sicuro: se l’impresa è impossibile, nessuno potrà davvero prenderla sul serio e ferirla.

Solokha e il Diavolo: seduzione e caos

C’è poi l’asse comico-oscuro: Solokha, madre di Vakula e strega (o comunque donna del villaggio con un potere ambiguo), e il Diavolo, che apre la notte rubando la luna e scatenando disordine.

Da qui il mondo e l’opera si inclina: la neve diventa labirinto, le strade si perdono, gli equivoci esplodono; e il cuore musicale, fatto di cori di villaggio, scintille d’orchestra, antichi canti di stagione, diventa un solo grande flusso.

Chi cerca in Rimskij-Korsakov solo il “colore” rischia di perdere la cosa più bella, ossia la precisione con cui quel colore racconta. Ne “La notte prima di Natale” l’orchestra non fa da tappeto: costruisce lo spazio. Si sente la folla, la neve scricchiolante, la notte che si apre e si chiude.

E poi ci sono i canti tradizionali. Il libretto e il contesto rimandano alle Svyatki, le notti festive tra la vigilia e l’inizio di gennaio, dove risuonano canzoni rituali come Kolyada e Ovsen: non semplici “carole”, ma formule sociali, modi comunitari di attraversare l’inverno e il confine dell’anno.

In molte opere natalizie il coro serve a “fare clima”. Qui invece il coro è un personaggio: è la gente che vede, commenta, partecipa, giudica, si spaventa e ride. E questa coralità diventa anche una dichiarazione estetica: l’opera è un affresco, una processione di quadri, un pageant (per usare un termine caro alla critica internazionale) dove conta soprattutto la creazione di atmosfera, come se il teatro stesso fosse un rituale stagionale.

Una notte di solstizio, non una favola zuccherata

C’è un dettaglio che dice molto: quando Vakula costringe il Diavolo a portarlo dalla zarina, la scena non è solo “avventura”, ma volo notturno, attraversamento, scontro tra forze della natura e del calendario. La sensazione che il solstizio sia un varco, e che quella vigilia non appartenga soltanto alla devozione cristiana, ma a un immaginario più antico, più corporeo, più pericoloso, dà senso all’opera.

La prima assoluta arriva al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo nel 1895 (con la doppia data spesso indicata per via del calendario dell’epoca), e già questo colloca l’opera in un punto preciso: la grande macchina teatrale imperiale, capace di trasformare una fiaba contadina in spettacolo di vasto respiro.

Eppure, nonostante la ricchezza musicale, “La notte prima di Natale” è rimasta a lungo una rarità fuori dall’area russa: probabilmente perché richiede davvero una compagnia che sappia fare due cose insieme — cantare un tessuto orchestrale raffinato e reggere la dimensione corale, “di villaggio”, senza trasformarla in folklore da barzelletta. Quando funziona, però, l’effetto è netto: la musica sembra inesauribile, l’orchestra brilla di dettagli e il coro diventa un organismo pulsante; un po’ come “Il Maestro e Margherita”, la vera sfida del 2026.

La magia non è gentilezza

Ne “La notte prima di Natale” l’incanto è un’energia che attraversa la comunità come una corrente: fa cantare, spinge a ridere, autorizza la beffa, spalanca la paura; è un modo collettivo di stare nella notte, di reggere l’inverno accanto al sacro.

C’è la festa, ma con il suo disordine. E, in mezzo, come in certe storie antiche, il desiderio non è un pensiero: è un gesto, un rischio, un attraversamento.

Alla fine, ciò che Rimskij-Korsakov mette in scena non è “il Natale” come lo immaginiamo oggi: è la notte in cui una comunità si concede di credere a qualcosa, anche solo per il tempo necessario a far tornare la luce.

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