«La città dei vivi»: quando il teatro entra nel buio della nostra contemporaneità

20 Novembre 2025

Scopri lo spettacolo teatrale: "La città dei vivi", liberamente ispirato al romanzo omonimo di Nicola Lagioia. L'estremo della violenza non è sempre un "altrove": può essere dietro la porta accanto, nella casa apparentemente tranquilla, nella città dei vivi.

«La città dei vivi»: quando il teatro entra nel buio della nostra contemporaneità

L’estremo della violenza non è sempre un “altrove”: può essere dietro la porta accanto, nella casa apparentemente tranquilla, tra volti che conosciamo. È questa la ferita che apre “La città dei vivi”, spettacolo teatrale liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Nicola Lagioia,  una messa in scena dolorosa e necessaria, che rovescia il gesto atroce nel suo contrario: specchio per un’intera città.

“La città dei vivi” di Lagioia. Dal romanzo alla scena: tradurre l’orrido in riflessione

Lo spettacolo provoca domande che non amano facile risposta: «Quanto conosciamo davvero chi ci sta accanto?», «Quanto sappiamo del silenzio della città che abitiamo?». Nella forma ibrida: video, attore, corpo, città, “La città dei vivi” costruisce una tensione che rimane anche dopo l’applauso.

E in questo sta il suo valore: non lascia andare. Perché forse, come dice la drammaturgia, è proprio la “normalità” che può uccidere. E il teatro può ricordarcelo. Con la sua forza, con il suo rumore, con il suo silenzio.

Il romanzo di Lagioia (Einaudi, 2020) ricostruisce l’omicidio del giovane Luca Varani a Roma: un delitto senza movente apparente, due ragazzi di buona famiglia, sostanze, violenza, tortura. Lagioia non si limita alla cronaca, ma utilizza la vicenda come lente sulla città e su un tessuto sociale che sopporta e produce l’orrore. Lo spettacolo diretto da Ivonne Capece (regia, video, drammaturgia) trasporta quella inchiesta narrativa in una dimensione scenica che privilegia la metafora, il simbolo, il senso del corpo e del silenzio.

In scena, la violenza non è spettacolo della violenza. Anzi: è negazione della spettacolarizzazione, è percezione del vuoto, del disastro morale sottostante. Roma diventa “mentale”, ovvero non solo città reale, ma rete di relazioni fragili, desideri disattesi, corpi abbandonati.

La forma dello spettacolo: ibridazione e riflessione

La scelta registica è audace: corpi in carne e ossa, video‑schermi, interpreti virtuali, costumi che non sono solo abiti ma “segni” di un sistema d’identità spezzato. Il pubblico è posto davanti al “nodo”, non al semplice racconto: cosa significa stare nel conoscibile e nel non‑detto, quando la violenza emerge senza ragione apparente?

Sul palco, gli attori (tra cui Sergio Leone, Pietro De Tommasi, Daniele Di Pietro) interagiscono con figure in video, generando un’espansione dello spazio scenico che ingloba la città, la casa, la parola non detta, la membrana sociale che implode. La durata è indicata intorno alle due ore.

Temi che non si possono ignorare

La banalità del male: Non c’è la roba “extraterrestre”; ci sono due ragazzi che, senza movente, distruggono una vita. Questo fa paura perché ci riguarda da vicino.

La città come soggetto: Roma non è solo ambientazione: è attore, responsabile pure se non colpevole; la città che ospita, consuma e dimentica.

La responsabilità dello sguardo: Il teatro invita a non distogliere lo sguardo. Il pubblico diventa testimone, custode involontario, colluso forse.

Memoria e oblio:  Il corpo di Luca è restituito come simbolo del ripudio sociale: non è una storia isolata, ma campo di battaglia di molte altre storie invisibili.

Potere, privilegio e vuoto: I due aggressori sono “ragazzi in apparenza normali”: borse di studio, feste, contesti agiati. E forse è proprio questa “normalità” che diventa terreno fertile per la violenza.

Perché andarci

Questo spettacolo non è “intrattenimento leggero”, e non punta a consolare. È uno scavo, un confrontarsi con il lato oscuro della nostra contemporaneità. Se cerchi un teatro che dia risposte immediate, questo non è. Se invece sei disposto a essere provocato, a rimanere con la domanda anziché la risposta, allora questo è uno spettacolo importante.

Per lettori di Lagioia: permette di vedere un passo ulteriore, la trasformazione del testo in esperienza. Per chi ama teatro e riflessione: è occasione di scontro.

In più, va visto come monito: il male non ha bisogno di motivo visibile; ha bisogno di silenzio, di indifferenza, di anonimato.

Dettagli sullo spettacolo

Titolo: “La città dei vivi”, liberamente tratto dal romanzo di Nicola Lagioia

Regia: Ivonne Capece

In scena: interpreti Sergio Leone, Pietro De Tommasi, Daniele Di Pietro, Cristian Zandonella, e altri.

Produzione: Elsinor Centro di Produzione Teatrale, TPE Teatro Piemonte Europa, Teatri di Bari, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro di Sardegna.

Date in prima nazionale: 13‑14 novembre e 17‑26 novembre 2025 al Teatro Fontana di Milano.

Durata: circa 120 minuti.

Avvertenza: spettacolo consigliato dai 16 anni.

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