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Into the Wild, la storia di Supertramp raccontata dallo scrittore Jon Krakauer e dal regista Sean Penn

La prima volta che ho visto il film Into the Wild – Nelle terre selvagge (2007) di Sean Penn, ho provato incomprensione mista a stupore per Christopher McCandless, il giovane protagonista della storia, che racconta di una vicenda realmente accaduta. Perché mai andare in pellegrinaggio fino in Alaska per capire che «la felicità è reale sono quando condivisa», come scrive sul suo diario di viaggio? C’era bisogno di morire in solitudine in mezzo ai ghiacciai per contestare la società consumistica, salvo poi capire troppo tardi che si può cercare di migliorare i rapporti conflittuali con la famiglia? Ho dovuto rivedere il film una seconda e poi una terza volta per comprendere meglio e farmi una ragione sulle scelte di vita di Christopher.

Ma, andiamo con ordine. Prima che questa vicenda approdasse sul grande schermo, è stato il giornalista e alpinista Jon Krakauer a far conoscere al pubblico la storia del giovane Christopher. Krakauer è un professionista e grande conoscitore delle montagne più impervie: partecipa a numerose missioni di scalata, tra cui le cime degli Arrigetch Peaks in Alaska (1974-1975), le Ande in Patagonia (1992) e l’Everest (1992). È uno dei pochi sopravvissuti alla scalata sull’Everest e sulla vicenda ha scritto prima un articolo per la rivista Outside e poi il saggio Aria sottile (1997), dal quale è stato tratto il recente film Everest (2015) di Baltasar Kormákur.

Sempre per l’Outside scrive un articolo su Christopher McCandless e, dato il grande interesse, lo approfondisce con ricerche sul campo, interviste ai parenti e alla gente che lo conobbe, la lettura del suo diario e sopralluoghi in loco per ricostruire nel dettaglio tutto il percorso del ragazzo. Nasce così il romanzo biografico Into the Wild (1997), tradotto in italiano Nelle terre selvagge.

Christopher McCandless è un giovane ventenne di famiglia benestante che decide, dopo la laurea, di abbandonare la famiglia e donare tutti i suoi soldi in beneficenza per intraprendere un viaggio, on the road ma anche interiore, alla scoperta di se stesso e dei veri valori della vita, offuscati dalla  società consumistica in cui vive. Spogliatosi dei suoi averi, cambia nome in Alexander Supertramp e, nel 1990, parte da Washington alla volta del Messico del nord. Sarà per lui un viaggio lungo e faticoso attraverso gli States, fatto di chilometri macinati a piedi o con mezzi di fortuna e incontrando numerose persone (che Krakauer ha incontrato di persona durante le sue indagini) a cui racconterà la sua storia.

La ricerca di se stesso non si ferma e, dopo il Messico, l’obiettivo di Supertramp è l’Alaska. Vi arriverà attraverso un viaggio altrettanto lungo e difficile alla fine del 1991. Riuscirà a sopravvivere in questo territorio tanto incontaminato quanto aspro e crudele per cinque mesi, cibandosi di animali e di bacche e vivendo in un autobus abbandonato. Sarà proprio una bacca velenosa a causare la sua morte, dopo lenta agonia. Accanto al suo cadavere viene rinvenuto il diario su quale Supertramp annotava le sue riflessioni e da esso si evince che in ultimo aveva finalmente trovato se stesso e avrebbe voluto fare ritorno a casa.

L’opera di Krakauer, oltre che essere una storia ricostruita fedelmente nei fatti, vuole raccontare un personaggio controverso indirizzando però il lettore a non giudicare Supertramp ma a capirne gli stati d’animo.

Quando l’attore e regista Sean Penn ha letto il libro di Krakauer si è subito mobilitato per avere i diritti cinematografici. Ha dovuto tuttavia pazientare per dieci anni affinché i genitori di Christopher acconsentissero che la storia del figlio fosse diffusa sul grande schermo. Appena avuto il consenso, Sean Penn ha dato vita a una grande macchina organizzativa per girare il film. Sceglie il giovanissimo Emile Hirsch, scartando Leonardo DiCaprio, per il ruolo del protagonista. Hirsch si prepara per la parte isolandosi dalla società e dai famigliari, per calarsi al meglio nel personaggio, e perderà più di venti chili per girare le scene in cui Supertramp è denutrito. Ha inoltre girato tutte le scene, come quella di rafting, senza controfigura.

Il regista si affida poi ad attori di calibro per gli altri personaggi: il premio Oscar William Hurt per interpretare il padre di Christopher e l’attrice Marcia Gay Harden per il ruolo della madre; la candidata all’Oscar Catherine Keener per il ruolo della hippy Jan Burres, mentre per la parte di suo marito, Rainey Burres, Penn sceglie Brian Dierker, che si trovava sul set in veste di esperto di rafting e del Grand Canyon. Altri volti noti sono Vince Vaughn per la parte del trebbiatore Wayne Websterberg (il vero Wayne è stato assunto come consulente per le scene girate nelle campagne) e Kristen Stuart per la cantautrice Tracy.

Oltre che a essersi documentato e aver parlato con coloro che avevano conosciuto il vero Supertramp, Sean Penn si è affidato a professionisti indiscussi sia per la fotografia (Éric Gautier) che per la colonna sonora (Eddie Vedder dei Pearl Jam). Le immagini dei magnifici paesaggi naturali incontaminati, unitamente alla voce evocativa di Vedder, fanno sognare a occhi aperti.

Le riprese on the road, che hanno messo a dura prova sia gli attori che la troup, hanno toccato tutti i luoghi realmente percorsi da Christopher. Sean Penn ha dichiarato che l’obiettivo del suo film è stato di raccontare la storia di una persona “comune” che ha intrapreso un percorso di vita facendo delle scelte consapevolmente, e di aver evitato di descriverlo come un eroe.

Anche se ormai, Alexander Supertramp un eroe e un esempio lo è diventato.

13 novembre 2015

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