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“Il poeta dell’Infinito”, 5 curiosità sulla miniserie che racconta Giacomo Leopardi

E' in onda su Rai 1 la miniserie di Sergio Rubini dedicata a Giacomo Leopardi “Il poeta dell’Infinito”. Scopri 5 curiosità e aneddoti che la riguardano.

Su Rai 1 è in onda in prima serata “Leopardi. Il poeta dell’Infinito”, una miniserie che racconta la vita e l’opera di uno dei poeti italiani più amati di sempre. In questo articolo scopriamo cinque curiosità sul prodotto televisivo in arrivo nelle prossime settimane.

Leopardi. Il poeta dell’Infinito

La miniserie “Leopardi. Il poeta dell’Infinito”, suddivisa in due puntate, è stata concepita da IBC Movie con Rai Fiction e Rai Com, con il sostegno dell’Apulia Film Fund di Regione Puglia e Apulia Film Commission, e scritto da Sergio Rubini con Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini.

Protagonista il giovane e promettente attore ravennate Leonardo Maltese accanto a numerosi volti noti del cinema italiano: Giusy Buscemi, Cristiano Caccamo, Andrea Pennacchi, Bruno Orlando, Alessandro Preziosi e tanti altri.

Cinque curiosità su “Leopardi. Il poeta dell’Infinito”

Il protagonista ha recitato per Gianni Amelio e Marco Bellocchio

Il giovane attore che presta il volto a Giacomo Leopardi ha lineamenti sottili e puliti, una voce carica di entusiasmo e gli occhi luminosi e presenti: è Leonardo Maltese, promettente artista ravennate, di origini anglo-siciliane, che stupisce per le doti attoriali e per la freschezza che riesce a donare alla figura di Giacomo Leopardi.

Per molti, Leonardo non è un volto sconosciuto: il giovane, classe 1997, ha esordito nel mondo cinematografico con “Il signore delle formiche” di Gianni Amelio, film in cui l’attore ha stupito tutti con la sua interpretazione di Ettore Tagliaferri. Ha poi recitato, l’anno successivo, nel 2023, per Marco Bellocchio con “Rapito”, impersonando un convincente Edgardo adolescente.

Nel 2025, Leonardo Maltese sarà nel cast de “L’abbaglio”, il film di Roberto Andò con Toni Servillo e Ficarra e Picone. Insomma, il suo è un volto che non si dimentica, e che ha donato quel quid in più al personaggio di Leopardi.

La miniserie mira alla positività del personaggio leopardiano

Attraverso la sua miniserie, Sergio Rubini cerca di restituire un Leopardi diverso rispetto a quello che siamo abituati a conoscere dai libri di testo e spesso anche dalla viva voce degli insegnanti di letteratura italiana.

Perché non di rado Giacomo Leopardi viene dipinto come “il padre del pessimismo cosmico”, come un autore che ha fatto della tristezza, del dolore e della malinconia i suoi marchi di fabbrica. La miniserie che andrà in onda a dicembre ha il merito di tratteggiare un protagonista sfaccettato che, nonostante un’infanzia difficile e una famiglia asfissiante, si aggrappa al suo sogno senza arrendersi mai. Come a voler sottolineare che Leopardi può – e forse, deve – essere guardato da una prospettiva più obiettiva, sgombra dai pregiudizi della tradizione.

Guardando “Leopardi. Il poeta dell’Infinito”, ti troverai dinanzi a un giovane che non si fa spezzare da nulla: né dal padre onnipotente e manipolatore, né dallo studio totalizzante, né dai piani che gli altri gli hanno imposto, né dai problemi di salute. Giacomo va avanti, cerca con ogni sua forza di realizzarsi. E, possiamo dire noi a distanza di qualche anno, alla fine ce l’ha fatta, in un modo o nell’altro.

L’amore e la passione sono il motore della trama

Uno dei temi centrali della miniserie firmata da Sergio Rubini è l’amore. Ti sembrerà sorprendente, dato che siamo abituati a pensare a Leopardi come a un uomo triste e solitario che non ha mai conosciuto questo sentimento.

E invece, sin dalle primissime scene de “Il poeta dell’Infinito”, ti accorgerai di come questo tema abbia un ruolo centrale nello sviluppo. È un amore che si veste di tante sfaccettature diverse, ma che non manca mai di tessere i fili della trama, sin da quando il fidato amico Ranieri cerca disperatamente un appiglio per onorare la salma del suo adorato poeta, quando i fratelli di Giacomo incitano il giovane con affetto e ammirazione a inseguire i suoi sogni, o quando la passione bruciante illumina gli occhi del poeta…

La miniserie realizza un sogno di Sergio Rubini

“Leopardi. Il poeta dell’Infinito” racconta due sogni: quello del suo protagonista, che fa dell’amore puro per la vita, per la libertà e per la poesia il motore delle sue azioni, ma anche quello del suo regista.

Sergio Rubini ha infatti rivelato durante la presentazione in anteprima di aver coltivato il sogno di un’opera dedicata a Giacomo Leopardi per tanto tempo.

Il regista voleva celebrare l’uomo forte, coraggioso, innamorato della bellezza e della vita che è Leopardi. Voleva che, per una volta, l’aspetto fisico sacrificato, la malattia e il dolore venissero messi in secondo piano.

Leopardi ci ha regalato straordinarietà inaudita coi suoi versi. Ci ha insegnato a ribellarci e a inseguire la libertà e i sogni con ogni mezzo. È questo aspetto che Rubini ha voluto incapsulare nel suo lavoro, a venticinque anni di distanza dall’idea embrionale che lo ha generato.

È costruito su diversi piani temporali

Infine, una curiosità che ha a che fare con l’impianto narrativo e che – ti avvertiamo – potrebbe costituire un piccolo spoiler. “Leopardi. Il poeta dell’Infinito” inizia dalla fine: siamo catapultati a Napoli, in una notte piovosa e oscura, in cui un uomo fradicio e affannato si reca in cerca di rifugio in una chiesa.

È Ranieri (Cristiano Caccamo), alla disperata ricerca di qualcuno che possa accettare di dare giusta sepoltura al suo amico Giacomo Leopardi. L’intera narrazione è frutto del tentativo di Ranieri di riabilitare agli occhi del sacerdote che gli sta dinanzi (Don Carmine, interpretato da Alessandro Preziosi) un uomo ritenuto indegno dei sacri onori.

Il racconto impregnato di passione e di amore per la vita è quindi il riflesso della passione e dell’affetto con cui Ranieri ha conosciuto e accompagnato il poeta negli anni di amicizia. È lui il narratore. Sono suoi gli occhi attraverso cui guardiamo il nostro affascinante poeta dell’Infinito.

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