“Il mago del Cremlino” si presenta come romanzo, poi si comporta come una conversazione captata per sbaglio: una voce racconta “come funziona”, e mentre racconta costruisce una sorta d’incantesimo. L’idea che, se capisci il meccanismo, smetti di subirlo.
Da qui nasce il successo del libro di Giuliano da Empoli, premiato in Francia e capace di diventare un caso internazionale. Va da sé il suo destino nel mondo del cinema.
Olivier Assayas ha portato la storia sullo schermo con “Il mago del Cremlino” (“The Wizard of the Kremlin”), presentato in concorso a Venezia questo 2025, con Paul Dano nel ruolo dell’uomo che inventa il racconto e Jude Law in quello del leader che quel racconto lo indossa come una seconda pelle.
Un romanzo che ragiona sul potere come se fosse un genere narrativo
Chi entra ne “Il mago del Cremlino” spesso cerca una cosa e ne trova un’altra. Cerca “la Russia”, trova un laboratorio emotivo: paure collettive, desiderio di ordine, fame di appartenenza. Il romanzo si affida a un narratore che sa sedurre: Vadim Baranov, figura fittizia ispirata al tipo di “stratega” capace di trasformare politica e televisione in un unico linguaggio.
La parte più interessante, per un pezzo di taglio sociologico, non riguarda l’elenco degli eventi storici, ma il modo in cui il libro suggerisce che la realtà, da sola, non basta. Serve una cornice, una musica di fondo, una trama che dia forma al caos; e chi costruisce quella trama finisce per sedersi vicino al trono, spesso senza bisogno di una corona.
Il fascino (e il rischio) di “spiegare troppo”
La ricezione critica del romanzo è divisa in un modo utile, perché accende la discussione giusta: quanto è lecito rendere comprensibile un potere che vive anche di opacità? Una parte della critica ha letto il libro come un dispositivo potente, “chilling”, capace di rendere percepibile la nascita di un’epoca.
Un’altra parte ha sollevato un’obiezione più sottile: il pericolo di scambiare la capacità narrativa per verità, e di confezionare una “Russia da romanzo” fatta di stereotipi eleganti e riconoscibili.
E fuori dal circuito francese si è ripetuta la stessa domanda con parole diverse: diversi esperti di Russia hanno guardato con sospetto l’entusiasmo attorno al libro, proprio perché la voce narrante può apparire indulgente nella costruzione del personaggio-Putin.
Qui c’è un punto che “tiene” bene: il romanzo parla anche del lettore, di quanto sia facile farsi ipnotizzare da una spiegazione ben scritta e di quanto conforto dia un racconto che mette ordine.
Dal libro al film: “Il mago del Cremlino” secondo Olivier Assayas
Assayas prende lo stesso nucleo e lo traduce in ritmo, corpi, stanze del potere, dialoghi che suonano come frasi da ricordare. Il film ha avuto la prima mondiale alla Mostra di Venezia nel 2025; la distribuzione francese è fissata per il 21 gennaio 2026 (Gaumont).
Una storia raccontata da chi costruisce e da chi viene costruito
Il film sceglie una prospettiva netta: al centro resta Baranov (Paul Dano), “l’uomo del racconto”, e attorno si muovono figure reali o riconoscibili, fra cui Vladimir Putin interpretato da Jude Law.
A Venezia, Law ha insistito su un’idea semplice: il suo Putin è un personaggio dentro un quadro più ampio, e il film punta su un approccio misurato, più interessato ai metodi che allo scandalo.
La sinossi ufficiale della Biennale chiarisce bene la traiettoria: caos post-sovietico, ascesa, fabbrica di percezioni, confine sempre più labile fra verità e menzogna, con Ksenia (Alicia Vikander) come figura che porta un’altra energia, meno addomesticabile.
Venezia 2025: applausi, dubbi, e una critica che si spacca
Sulla stampa internazionale la reazione è stata tutt’altro che uniforme, e questo per noi è oro: significa materiale, frizione, discussione.
- Variety riconosce la forza degli interpreti ma parla di un film episodico, che fatica a “raccogliersi” in un unico respiro narrativo.
- The Guardian è più duro: legge l’operazione come cinica e, in fondo, sterile, con un’energia che si spegne prima di arrivare al punto.
- Altri osservatori (come The Film Verdict) parlano di un film spesso affascinante, a tratti goffo: una cavalcata storica che colpisce per ampiezza e poi inciampa nel bisogno di spiegare.
- Deadline lo inquadra come un’operazione “timely”, un viaggio dietro le quinte della macchina politica, con il rischio tipico dei film che vogliono contenere un’intera epoca.
Un film promettente
Il punto, qui, non è “la Russia”, ma la promessa: qualcuno sa come funziona il caos. In rete si cerca ogni giorno una versione di questa promessa: “come riconoscere un manipolatore”, “come capire chi comanda davvero”, “come difendersi dalla propaganda” e “perché la gente crede alle bugie”. Il successo di “Il mago del Cremlino” si aggancia a questa fame: dà l’impressione di entrare nella stanza dei bottoni, e di portarne fuori una regola.