Ci sono storie che non invecchiano perché non parlano solo di un’epoca, ma di un meccanismo di potere. “Il Diavolo veste Prada” è una di queste. A quasi vent’anni dall’uscita del film originale e a distanza di anni dal romanzo di Lauren Weisberger, l’annuncio di “Il Diavolo veste Prada 2” non è soltanto una notizia cinematografica: è il ritorno di un mito moderno.
Le prime immagini dal set, con Meryl Streep e Anne Hathaway di nuovo una accanto all’altra, hanno riacceso un immaginario che non ha mai davvero smesso di abitare la cultura pop. Perché Miranda Priestly non è solo una direttrice di moda: è il volto sofisticato e glaciale del potere contemporaneo.
“Il diavolo veste Prada 2” Dal libro al mito pop: il romanzo di Lauren Weisberger
Quando “Il Diavolo veste Prada” arriva in libreria, all’inizio degli anni Duemila, viene letto come un romanzo di costume. Una storia brillante, feroce, apparentemente leggera, che racconta il dietro le quinte dell’industria editoriale e della moda newyorkese. Ma sotto la superficie patinata, Lauren Weisberger costruisce un vero e proprio romanzo di formazione al femminile.
Andrea Sachs, Andy, è una giovane donna ambiziosa, colta, convinta che quel lavoro, “per cui milioni di ragazze ucciderebbero”, sia solo una tappa. Miranda Priestly, direttrice di Runway, diventa il suo banco di prova, il suo incubo, la sua iniziazione.
Il romanzo mette in scena un conflitto che resta attualissimo: quanto siamo disposte a sacrificarci per essere riconosciute? E soprattutto: a che prezzo?
“La vendetta veste Prada”: dieci anni dopo, nulla è davvero finito
Nel sequel letterario, “La vendetta veste Prada”, la storia riparte da una Andy diversa. Sono passati quasi dieci anni da quando ha lasciato Miranda. La sua vita sembra finalmente sotto controllo: una rivista di successo fondata con Emily, l’ex rivale diventata alleata, un matrimonio imminente con Max Harrison, simbolo di stabilità e riconoscimento.
Eppure, Miranda non è scomparsa. È rimasta come una presenza spettrale, un trauma elegante che ritorna nei sogni e nelle paure. Perché nessuno sfida il Diavolo senza pagarne le conseguenze.
Qui il romanzo cambia tono: da racconto di formazione diventa romanzo sulla memoria del potere. Non è più solo una questione di carriera, ma di identità. Andy ha davvero scelto chi essere, o ha solo cambiato campo di battaglia?
Il ritorno al cinema: cosa sappiamo de “Il Diavolo veste Prada 2”
Secondo le anticipazioni sulla trama e le immagini dal set, il sequel cinematografico si muove proprio su questo crinale: il passato che ritorna, il confronto tra chi eravamo e chi crediamo di essere diventate.
La moda resta centrale, ma non è più solo glamour. È linguaggio, controllo, rappresentazione del sé. Miranda Priestly, oggi, non è solo una boss temuta: è una figura quasi mitologica, una donna che ha saputo esercitare il potere in un sistema che raramente lo concede alle donne senza chiedere un prezzo altissimo.
Il film sembra voler interrogare anche questo: può esistere un potere femminile che non venga letto come crudeltà?
Miranda Priestly: icona, antagonista, specchio
Miranda è uno dei personaggi femminili più complessi della cultura pop contemporanea. Non è una villain classica, ma nemmeno un modello rassicurante. È competente, intransigente, visionaria. È temuta perché non chiede scusa per la propria autorità.
In questo senso, Il Diavolo veste Prada ha anticipato un discorso che oggi è centrale: la difficoltà di accettare donne potenti senza demonizzarle. Miranda non è amata, ma è rispettata. E forse è proprio questo il punto più scomodo della sua figura.
Andy Sachs e la questione dell’identità
Se Miranda incarna il potere, Andy rappresenta il conflitto. La sua parabola è quella di molte donne contemporanee: il desiderio di affermazione, il rifiuto di un modello tossico, il tentativo di trovare una via alternativa.
Il sequel mette Andy davanti a una domanda cruciale: si può davvero sfuggire al sistema, o si finisce sempre per riprodurlo in forme diverse? La rivista indipendente, il successo, l’amore: sono conquiste autentiche o solo una versione più digeribile dello stesso mondo?
Perché Il Diavolo veste Prada parla ancora a noi
Il ritorno di questa storia non è nostalgia. È un segnale. In un’epoca in cui il lavoro invade la vita privata, in cui l’immagine è moneta di scambio e il successo è continuamente performato, Il Diavolo veste Pradaresta una lente lucidissima sul nostro presente.
Moda, editoria, carriera: tutto diventa metafora di una domanda più profonda. Chi siamo quando nessuno ci guarda? E cosa siamo disposte a perdere per arrivare dove vogliamo?
Il Diavolo non se n’è mai andato
“Il Diavolo veste Prada 2” non arriva per chiudere una storia, ma per dimostrare che quella storia non si è mai conclusa. Miranda Priestly, Andy Sachs, il mondo di Runway continuano a parlarci perché raccontano il lato più elegante e più spietato del nostro tempo.
E forse è proprio per questo che, ancora una volta, saremo tutte lì a guardare. Con un misto di timore, fascinazione e irresistibile attrazione per il Diavolo.
