House of Guiness è la nuova serie tv di Netflix che ha stregato gli spettatori.
House of Guinness arriva con una premessa audace: raccontare la nascita e l’evoluzione dell’impero Guinness in Irlanda mescolando storia, finzione e conflitti personali.
Firmata da Steven Knight, il creatore di Peaky Blinders, la serie promette drammi, lotte di potere e un sottofondo industriale e sociale che rende tutto più pulsante.
Non è solo una vicenda imprenditoriale: è la storia di una famiglia divisa, di una nazione in fermento e di un brand diventato leggenda.
House of Guiness: intrighi, birra e potere in un’Irlanda da romanzo
House of Guinness è una serie che merita di essere vista non solo come dramma familiare, ma come romanzo visivo in costume dove la birra è simbolo, reputazione, eredità e piattaforma di conflitti.
Stephen Knight non ha raggiunto il sublime di Peaky Blinders, ma ha costruito una storia densa e appassionante, capace di mescolare storia e finzione, dolore e ambizione, ricchezza e vendetta.
Se entri in questo mondo, preparati a camminare tra cisterne, salotti e vicoli, ascoltare discorsi su denaro e identità, e a pensare che la bottiglia più famosa del mondo cela dentro di sé una guerra di sangue e di cuore.
La trama e i protagonisti
Tutto comincia con la morte del patriarca Guinness, che lascia l’enorme azienda di famiglia a quattro figli destinati a scontrarsi: Arthur (Anthony Boyle), impulsivo e carismatico; Edward (Louis Partridge), uomo riflessivo ma sottovalutato; Anne (Emily Fairn), unica figlia che lotta per una sua voce; e Benjamin (Fionn O’Shea), il più giovane, tormentato da vizi e insicurezze.
Arthur è stato a Londra per molti anni e al rientro si trova davanti a una città e una famiglia diversa da quella che ricordava.
Edward, più calmo e stratega, fatica a farsi ascoltare, anche quando propone innovazioni nella produzione o visioni politiche più moderne.
Anne è legata a Rafferty (James Norton), figura chiave nelle trame di potere interni, mentre Benjamin cerca la propria strada fra eccessi e desiderio di approvazione.
Lo spessore del dramma aumenta quando l’Irlanda entra in fermento politico e i fratelli Guinness si trovano a navigare tra richieste di indipendenza, pressioni delle istituzioni inglesi e un’opinione pubblica che li osserva.
Arthur tenta la carriera politica, altri devono salvaguardare reputazione e patrimonio sotto assedio. Le storie personali e i segreti si intrecciano alla lotta industriale e nazionale.
Atmosfera, stile e idee centrali
Se hai visto Peaky Blinders, noterai subito l’affinità: strade fumose, contrasti visivi, facce segnate dall’aspra geografia industriale.
House of Guinness segue la stessa aura dark, ma con un piglio meno brutale e più melodrammatico. La Londra/Irlanda di metà ottocento appare grezza, divisa tra le infrastrutture nascenti e gli slum, fra i piani alti delle birrerie e le zone operaie.
La serie gioca sullo spettro tra idealismo e pragmatismo: l’ethos del brand Guinness è legato alla qualità, all’identità nazionale, al prestigio.
Ma chi governa quell’eredità deve spesso piegarsi alla logica dei soldi, della concorrenza, della modernizzazione. Il contrasto fra l’“anima” della birra e i meccanismi economici offre splendidi momenti di tensione drammatica.
Knight mescola realismo e teatralità, alternando grandi scene di confronto a dialoghi intimi e sofferenti. La regia di Tom Shankland e Mounia Akl sa muoversi tra vicoli, salotti signorili e impianti birrari con una fotografia fredda e urbana che rende l’aria densa di segreti.
E i costumi, i trucchi, i dettagli industriali sono curati con precisione: in alcuni momenti, scorci contemporanei (come scritte in sovrimpressione sui valori monetari) spingono a leggere la serie come allegoria della modernità che avanza.
C’è spazio anche per la complessità femminile: Anne, a confronto con i fratelli, non è semplicemente vittima, ma donna che cerca autonomia e potere in un mondo maschile; le figure femminili portano dignità e tensione morale nelle pieghe del racconto.
Punti di forza, limiti e paragoni
Punti di forza: Un concept originale: la storia di una birra famosa come filo attraverso cui leggere politica, società e identità. Cast ben scelto, con interpreti che raramente cadono nella caricatura. Produzione curata, che sa rendere credibile un’epoca di transizione industriale e sociale.
Equilibrio tra intrattenimento e sostanza drammatica.
Limiti possibili: Alcuni episodi rallentano nel ripetere conflitti familiari già visti in altri period dramas. Per chi cerca la durezza di Peaky Blinders, House of Guinness può apparire “morbidamente ambiziosa”: ha momenti di brutalità, ma anche di respiro lirico e morale.
L’intreccio storico può essere romanzato: chi cerca pure biografia storica dovrà accettare licenze creative. Come confronto, la serie rievoca atmosfere e ingegno narrativo di Downton Abbey, miscelate al gusto oscuro e violento di Boardwalk Empire.
Ma la sua cifra è unica: unire la glorificazione industriale alla tragedia intima di una famiglia che si consuma dall’interno.