Elvira. Titoli di Coda: la vita dimenticata della prima regista italiana

17 Novembre 2025

Uno spettacolo emozionante su Elvira Coda Notari, la prima regista italiana dimenticata dalla storia del cinema. Al Piccolo Teatro Porta Catena di Salerno va in scena "Elvira. Titoli di Coda", con la regia di Angela Rosa D’Auria e la drammaturgia di Bruna Fusco. Un atto d’amore per la libertà femminile

Elvira. Titoli di Coda: la vita dimenticata della prima regista italiana

Domenica 16 novembre 2025 ha debuttato al Piccolo Teatro Porta Catena di Salerno lo spettacolo “Elvira. Titoli di Coda”, una drammaturgia di Bruna Fusco diretta da Angela Rosa D’Auria, che riporta alla luce la figura dimenticata e pionieristica di Elvira Coda Notari, prima regista del cinema italiano e donna straordinaria oscurata per decenni dalla narrazione ufficiale.

Protagoniste sul palco Rosanna De Bonis, nei panni di Elvira, e Roberta Lista nel ruolo della giovane Nina. Le scene sono firmate da Sara Manzo, i costumi dalla Sartoria Canzanella. Lo spettacolo sarà preceduto da un intervento di Paolo Speranza, storico del cinema esperto dell’epoca del muto e grande conoscitore della figura di Elvira.

“Elvira. Titoli di Coda”: la vita dimenticata della prima regista italiana rivive sul palco di Salerno

Chi era Elvira Coda Notari? Nata a Salerno nel 1875, è stata la prima regista italiana a dirigere, produrre e scrivere film in un’epoca in cui le donne venivano escluse quasi completamente dal mondo della settima arte. Fondatrice della Dora Film, casa di produzione attiva fino agli anni Trenta, Elvira firmò oltre 60 pellicole, molte delle quali oggi purtroppo andate perdute. Lavorò a stretto contatto con il marito Nicola e con il figlio Eduardo, costruendo un’industria familiare e artigianale del cinema, con base a Napoli ma con uno sguardo internazionale.

Tuttavia, la sua eredità fu progressivamente cancellata, sia per la natura popolare e melodrammatica dei suoi film, che non si allineavano alle estetiche del regime fascista, sia perché era una donna autonoma, creativa e non conforme. Il suo nome è rimasto a lungo assente dai manuali, fino a essere riscoperto da studiosi e studiose negli ultimi decenni.

Lo spettacolo: un racconto di luci e ombre

Ambientato a Cava de’ Tirreni nel 1944, lo spettacolo immagina gli ultimi anni di Elvira, ormai anziana, ospite in una casa isolata e accompagnata soltanto da una giovane sfollata di guerra, Nina, che diventa testimone e catalizzatrice di una memoria sommersa. L’arrivo di una lettera da New York risveglia in Elvira le ferite del passato e, forse, l’ultimo barlume di un futuro.

È un’opera di finzione storica, ma basata su una profonda ricerca e una sincera immersione empatica nella vita della regista. La scrittura di Bruna Fusco, come lei stessa racconta, nasce dal desiderio di “fare vivere di nuovo Elvira sul palco”, partendo da pochissime fonti: “Ho provato a entrare nel suo cuore, ma alla fine è lei che è entrata nel mio.”

Ne emerge un ritratto intimo, contraddittorio e potentemente umano. Elvira è presentata non come una martire, ma come una donna forte, orgogliosa, talvolta scomoda. Una madre ferita, un’artista visionaria, un’outsider.

Il teatro come gesto politico

La regista Angela Rosa D’Auria, già nota per i suoi lavori teatrali di forte impatto sociale e femminista, ha dichiarato: “Raccontiamo una storia a un pubblico che non conosce bene di chi stiamo parlando, ma che la sentirà dal suo stesso sangue.” Un modo per colmare una lacuna storica e creare un ponte tra il passato di Elvira e il presente di tutte le donne che oggi si ritrovano a combattere con le stesse dinamiche di marginalizzazione.

Nel cuore del testo c’è la riflessione sul costo del talento femminile, su quanto sia difficile per una donna essere riconosciuta come autrice, artista, mente creativa. “Non c’è apologia, ma la spietata verità”, dice la regista, richiamando il realismo dei film della stessa Notari, spesso girati per strada, con attori non professionisti, raccontando storie di amore, dolore, emigrazione, ingiustizia e riscatto sociale.

Elvira è una figura che, in scena, diventa simbolo di tutte le donne non conformi, di tutte le voci che sono state spente o ignorate. Ma è anche, attraverso Nina, un’eredità viva, una memoria che può essere raccolta, trasformata e rilanciata nel presente.

Il teatro come archivio del non detto

Il debutto salernitano di “Elvira. Titoli di Coda” è significativo: porta in scena una figura della storia locale che ha lasciato un segno indelebile nel cinema italiano. In questo senso, lo spettacolo si fa anche opera di restituzione collettiva, di pedagogia del ricordo.

Importante anche il ruolo delle realtà culturali territoriali, come l’associazione Adorea, il Fitzcarraldo Cineclub e la rivista Il Novelliere, media partner dell’evento. Non si tratta solo di una pièce teatrale, ma di un evento culturale più ampio, che mette in dialogo teatro, cinema, storia e memoria.

Il prezzo del biglietto è accessibile (12€), e la serata sarà arricchita da un dibattito post-spettacolo con l’autrice e il cast, preceduto da un intervento introduttivo di Paolo Speranza, che da anni si occupa della riscoperta di Elvira Coda Notari.

Un monito per il presente

Nel momento storico in cui il dibattito sul riconoscimento delle autrici dimenticate è sempre più acceso, dalle scrittrici alle pittrici, dalle filosofe alle registe, uno spettacolo come “Elvira. Titoli di Coda” ha un valore politico e culturale fortissimo. Invita a guardare il passato con occhi nuovi, a colmare le assenze della storiografia ufficiale, e soprattutto a restituire voce e dignità alle donne che hanno cambiato il corso dell’arte senza essere ricordate.

Come scrive la stessa Fusco: “Elvira è in ogni donna che non ha accettato un ruolo imposto. Ogni sognatrice con radici ben piantate nel reale.”

 

© Riproduzione Riservata