Paolo Villaggio è stata una delle personalità più splendenti del mondo culturale italiano, molto più che un semplice grande attore o un comico brillante, molto più del celebre “Fantozzi”, ma una mente ed una persona dalle mille sfaccettature culturali ed umane, tutte di altissimo livello
Paolo Villaggio infatti è stato scrittore, attore e comico italiano, ma anche autore di testi per canzoni indimenticabili. Con la sua dissacrante e grottesca ironia, è stato uno dei primi attori brillanti in Italia che, attraverso la satira, è riuscito a far riflettere sui problemi della nostra società.
UGO FANTOZZI E LA SATIRA SOCIALE
Paolo Villaggio nasce a Genova il 31 dicembre del 1932, e la sua infanzia è segnata dalla povertà e dalla guerra. Farà molti lavori, tra cui l’impiegato presso l’azienda Consider. Ispirandosi a questa esperienza crea il personaggio del ragionier Ugo Fantozzi, che lo renderà popolarissimo. A scoprire la vena artistica di Villaggio fu Maurizio Costanzo, che nel 1967 gli consiglia di esibirsi in un cabaret di Roma.
Passerà poi alla macchina da scrivere, facendo pubblicare dall’Espresso i suoi brevi racconti incentrati sulla figura del ragionier Ugo Fantozzi, uomo dal carattere debole, perseguitato dalla sfortuna e dal ‘megadirettore’ della ‘megaditta’ dove lavora. Nel 1971 la casa editrice Rizzoli pubblicherà il libro ‘Fantozzi‘, basato proprio su questi racconti, dando a Paolo Villaggio notorietà internazionale.
Il successo dei best-seller di Paolo Villaggio (ne scriverà tre, tutti editi da Rizzoli) gli darà l’opportunità di darsi al cinema con successo e profitto. Per la verità, Paolo Villaggio aveva già lavorato in alcuni film (si ricordi, per tutti, ‘Brancaleone alle crociate’ di Monicelli del 1970), ma solo con il celebre film ‘Fantozzi’ di Luciano Salce nel 1975 incomincerà a essere apprezzato anche in questo campo.
PAOLO VILLAGGIO ATTORE E SCRITTORE
Paolo Villaggio lavora anche con maestri del cinema quali Federico Fellini (nel 1990 con ‘La voce della Luna’, insieme a Roberto Benigni), Lina Wertmuller (nel 1992 con ‘Io speriamo che me la cavo’), Ermanno Olmi (nel 1993 con ‘Il segreto del bosco vecchio’), Mario Monicelli (nel 1994 con ‘Cari fottutissimi amici’) e Gabriele Salvatores (nel 2000 con ‘Denti’). In tutti questi anni non è tuttavia cessata la sua attività di scrittore, proponendo libri di buon successo.
Per Mondadori ha pubblicato: ‘Fantozzi saluta e se ne va’ (1994-95), ‘Vita morte e miracoli di un pezzo di merda‘ (2002), ‘7 grammi in 70 anni’ (2003) e il suo ultimo disperato sfogo: ‘Sono incazzato come una belva‘, del 2004.
PAOLO VILLAGGIO E LA MUSICA
C’è qualcosa che pochi sanno della vita di Paolo Villaggio; una parte della sua giovinezza vissuta tra i vicoli di Genova dove era in contatto con buona parte del mondo culturale ed artistico del capoluogo ligure.
Ed è in questo contesto che si sviluppa l’amicizia con Fabrizio De André, all’epoca ancora poco conosciuto lontano dalla Lanterna dov’era in realtà molto celebre ed amato, e tra le loro serate comuni nasce una strana, rapida, ma produttiva collaborazione.
Paolo Villaggi0 ha infatti scritto il testo per due brani del cantautore genovese. La prima canzone è “Il Fannullone”, testo che racconta la vita di un uomo che passa la sua vita proprio tra i locali ed il mondo della notte che i due tanto amavano.
La seconda canzone invece è un brano molto più celebre: “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers”, canzone contro il potere, impersonato proprio da Carlo Martello.
Questo il testo:
“Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d’allor
al sol della calda primavera
lampeggia l’armatura
del sire vincitor
il sangue del principe del Moro
arrossano il ciniero
d’identico color
ma più che del corpo le ferite
da Carlo son sentite
le bramosie d’amor
“se ansia di gloria e sete d’onore
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all’amore
chi poi impone alla sposa soave di castità
la cintura in me grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave”
così si lamenta il Re cristiano
s’inchina intorno il grano
gli son corona i fior
lo specchi di chiara fontanella
riflette fiero in sella
dei Mori il vincitor
Quand’ecco nell’acqua si compone
mirabile visione
il simbolo d’amor
nel folto di lunghe trecce bionde
il seno si confonde
ignudo in pieno sol
“Mai non fu vista cosa più bella
mai io non colsi siffatta pulzella”
disse Re Carlo scendendo veloce di sella
“De’ cavaliere non v’accostate
già d’altri è gaudio quel che cercate
ad altra più facile fonte la sete calmate”
Sorpreso da un dire sì deciso
sentendosi deriso
Re Carlo s’arrestò
ma più dell’onor potè il digiuno
fremente l’elmo bruno
il sire si levò
codesta era l’arma sua segreta
da Carlo spesso usata
in gran difficoltà
alla donna apparve un gran nasone
e un volto da caprone
ma era sua maestà
“Se voi non foste il mio sovrano”
Carlo si sfila il pesante spadone
“non celerei il disio di fuggirvi lontano,
ma poiché siete il mio signore”
Carlo si toglie l’intero gabbione
“debbo concedermi spoglia ad ogni pudore”
Cavaliere egli era assai valente
ed anche in quel frangente
d’onor si ricoprì
e giunto alla fin della tenzone
incerto sull’arcione
tentò di risalir
veloce lo arpiona la pulzella
repente la parcella
presenta al suo signor
“Beh proprio perché voi siete il sire
fan cinquemila lire
è un prezzo di favor”
“E’ mai possibile o porco di un cane
che le avventure in codesto reame
debban risolversi tutte con grandi puttane,
anche sul prezzo c’è poi da ridire
ben mi ricordo che pria di partire
v’eran tariffe inferiori alle tremila lire”
Ciò detto agì da gran cialtrone
con balzo da leone
in sella si lanciò
frustando il cavallo come un ciuco
fra i glicini e il sambuco
il Re si dileguò
Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d’allor
al sol della calda primavera
lampeggia l’armatura
del sire vincitor