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L’isola degli idealisti, il film tratto dal primo romanzo di Giorgio Scerbanenco

Scopri l'isola degli idealisti, il film ispirato al primo romanzo di Giorgio Scerbanenco, che cattura l'essenza di un'epoca unica.

C’è un’isola, nascosta tra le nebbie della memoria e le pieghe della giustizia, in cui il crimine non è punito, ma rieducato. Dove la legge non è dettata dai codici, ma dagli ideali. È questo lo scenario sospeso e magnetico di L’isola degli idealisti, film diretto da Elisabetta Sgarbi e ispirato a un inedito romanzo giovanile di Giorgio Scerbanenco, uno dei padri fondatori del noir italiano.

Scritto nel 1942 ma pubblicato solo nel 2018 da La nave di Teseo, il romanzo da cui il film è tratto rappresenta una pietra preziosa finora nascosta: un’opera di formazione autoriale e allo stesso tempo un esperimento narrativo di sorprendente attualità. Il film, accolto con entusiasmo alla Festa del Cinema di Roma 2024, arriva nelle sale italiane nel maggio 2025, distribuito da Fandango.

L’isola degli idealisti: il film tratto dal primo romanzo di Giorgio Scerbanenco 

L’isola degli idealisti non è solo un film tratto da un libro: è un esperimento, una provocazione, una domanda aperta. Se oggi parliamo tanto di giustizia riparativa, di riconversione del carcere, di percorsi alternativi alla pena… questo film, scritto oltre ottant’anni fa, sembra parlarci con voce viva.

Giorgio Scerbanenco, maestro del noir, ci lascia con un’opera che non risolve ma mette in discussione. E la regia di Elisabetta Sgarbi restituisce con eleganza e coraggio tutto il fascino, il rischio e l’ambiguità di questa “isola dell’anima”.

La storia si apre in una fredda notte d’inverno. Beatrice e Guido, due giovani fuggitivi, approdano sull’isola della Ginestra, in fuga da un furto mal riuscito. Invece di denunciarli, la famiglia Reffi, composta dall’anziano patriarca Antonio (ex direttore d’orchestra), dalla figlia Carla (scrittrice disillusa) e dal figlio Celestino (ex medico e filosofo), decide di offrire loro qualcosa di inaspettato: una possibilità di redenzione.

Il cuore del film è tutto in questa sospensione tra colpa e riscatto. Celestino propone ai due ladri una “rieducazione etica”, un tentativo di riscrivere il destino attraverso il dialogo, la cultura, l’umanità. È un’idea che sfida il tempo, la legge e le convenzioni: cosa succede quando la giustizia si affida alla filosofia e non alla punizione?

Pur partendo da un impianto da giallo classico, L’isola degli idealisti si muove in un territorio più ambiguo, più psicologico. La regia di Elisabetta Sgarbi gioca con i tempi sospesi, i dialoghi teatrali, la fotografia evocativa per immergere lo spettatore in un luogo che è reale e simbolico allo stesso tempo. Non a caso, il set dell’isola è stato costruito come un microcosmo chiuso: quasi un laboratorio esistenziale in cui i personaggi diventano cavie delle loro stesse convinzioni.

Un cast raffinato e carismatico

Il film poggia su un cast intenso: Tommaso Ragno è un Celestino carismatico e introverso, Elena Radonicich interpreta una Beatrice fragile ma determinata, Michela Cescon dà spessore a Carla, donna dalla dolcezza spigolosa, mentre Renato Carpentieri, nei panni di Antonio, aggiunge un tocco di lirismo al racconto.

Ogni personaggio è mosso da tensioni interiori, idealismi sopiti, ferite non rimarginate. Nessuno è solo ciò che appare. Ed è proprio su questa ambiguità morale che il film costruisce la sua tensione narrativa.

La vera sorpresa di L’isola degli idealisti è che anticipa molto del futuro Scerbanenco. Prima di diventare il creatore del medico-investigatore Duca Lamberti e delle cupe atmosfere milanesi degli anni Sessanta, Scerbanenco si cimenta con un’opera più filosofica che investigativa. Eppure i temi ci sono già tutti: il male, la possibilità (o l’impossibilità) del riscatto, la violenza latente nei rapporti umani.

L’isola è un laboratorio morale, ma anche un’illusione. Come sempre in Scerbanenco, l’ideale si scontra con la natura umana.

Un film che divide, ma che lascia il segno

Le opinioni sul film sono state contrastanti: c’è chi ha amato la sua densità filosofica, chi ha trovato la messa in scena eccessivamente teatrale. Ma una cosa è certa: L’isola degli idealisti è un film che non si dimentica. È una parabola etica travestita da noir. Un racconto fuori dal tempo che ci interroga su cosa significa davvero “redimere”.

Il romanzo fu scritto da Scerbanenco durante il secondo conflitto mondiale, quando era ancora lontano dall’immaginare il successo che avrebbe avuto con i suoi noir milanesi.

Celestino, il personaggio del film, è ispirato in parte a esperimenti pedagogici e filosofici realmente esistiti nel primo Novecento, tra cui le comunità utopiche anarchiche.

Le musiche originali del film sono state registrate su strumenti d’epoca per creare un’atmosfera sospesa tra passato e presente.

Il titolo del romanzo e del film è stato scelto da Scerbanenco per omaggiare (in forma velata) l’isola di Utopia di Tommaso Moro.

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