Dita Von Teese ha riportato al centro del palcoscenico un’arte antica come il desiderio: il burlesque. Ogni volta che accende le luci e fa scorrere le piume, ricorda che il corpo non è mai solo ciò che appare, ma ciò che si rivela.
Nata Heather Renée Sweet il 28 settembre 1972 a Rochester, Michigan, Dita ha costruito un’identità che è insieme citazione e innovazione, retro e contemporanea. Affascinata fin da ragazza dal cinema degli anni ’40, dalle dive retrò, dalle stampe pin-up, coltivò un immaginario elegante e sensuale.
A 12 anni la famiglia si trasferì in California, dove Dita continuò a studiare danza e sviluppare il suo gusto per l’abbigliamento vintage.
Da adolescente lavorò in un negozio di lingerie: esperienza che le permetterà di conoscere da vicino tessuti, silhouette e il legame tra vestito e pelle.
Inoltre, fu colpita da desiderare capi sensuali che altrove non trovava: corsetti, guêpière, calze finte. Scelse il nome d’arte “Dita” in omaggio all’attrice tedesca Dita Parlo, mentre “Von Teese” venne da un errore tipografico della rivista Playboy: originariamente aveva scelto “Von Treese”, ma una “r” in più trasformò il cognome. Lei decise di mantenere questa versione.
Intorno ai vent’anni iniziò a frequentare club notturni come performer, posando con look fetish e pluripubblicando set fotografici che univano erotismo stilizzato, lingerie rétro e il gesto teatrale del burlesque.
Portò da subito la sua cultura visiva, costruendo ogni numero come un’opera: coreografia, costume, scenografia. Con gli anni è diventata la figura centrale del revival del burlesque (neo-burlesque). Viene spesso chiamata “Queen of Burlesque” per aver consacrato l’arte come intrattenimento sofisticato nel contesto contemporaneo.
Dita Von Teese: Le origini del burlesque: satire, strip e trasformazioni
La parola burlesque deriva dall’italiano burla (scherzo, ironia) e ha origini antiche: già nella Grecia classica e nel teatro romano era usata per indicare forme di parodia e caricatura che mescolavano il sacro e il profano, la commedia e lo sberleffo.
Nel XIX secolo, con l’era vittoriana, il burlesque (in Inghilterra e negli Stati Uniti) attraversò una fase di teatralizzazione provocatoria: spettacoli in cui si giocava con l’eros, il travestimento, la satira sociale e le esagerazioni sceniche.
Le artiste che calzavano calze color carne e si avvicinavano all’idea del nudismo senza esporsi pienamente fecero scalpore.
Lydia Thompson con la sua compagnia “British Blondes” introdusse spettacoli di burlesque a New York alla fine dell’Ottocento, scatenando scandalo e innovazione.
Negli Stati Uniti, il burlesque si trasformò nel tempo in una forma di striptease artistico, che univa danza, numero comico, costumi elaborati e un equilibrio tra l’esplicitazione e la seduzione velata.
La filosofia del burlesque sta proprio lì: non è solo mostrare, ma rivelare con lentezza, con eleganza, con ambiguità. È l’arte del suggerire, del lasciare un vuoto che l’immaginazione colma.
È una celebrazione del corpo, della femminilità, della performance come atto di potere, non come oggetto passivo. Dita Von Teese ha fatto del burlesque una moderna rinascita di quel gesto.
La carriera e gli show iconici
Nel corso della sua carriera, Dita ha portato i suoi spettacoli nei teatri più prestigiosi del mondo: Parigi, Londra, New York, Berlino, Shangai.
I suoi numeri sono diventati celebri per l’originalità dei costumi e dei set: la “Martini Glass”, dove balla dentro un gigantesco bicchiere da cocktail; “Le Bain Noir”, in cui esibisce un sontuoso bagno scuro; “The Feather Fan Dance”, ispirato a “Sally Rand”, in cui utilizza ventagli di piume di dimensioni monumentali che danzano con lei.
Un altro numero memorabile è “Opium Den”, che evoca atmosfere esotiche orientali, o “The Champagne Glass”, che richiama bollicine e sensualità.
Ogni show è un piccolo mondo, con luci, specchi, musica, coreografia, e una regia che trasforma il palcoscenico in un sogno. Tra le tournées più note: “The Art of the Teese”, “Strip, Strip Hooray”, e “Glamonatrix” (2022–2023) che ha girato l’Europa e gli Stati Uniti.
Lei stessa pubblicò volumi dedicati al burlesque e all’estetica fetish: Burlesque and the Art of the Teese / “Fetish and the Art of Teese”, e Your Beauty Mark: The Ultimate Guide to Eccentric Beauty.
Tra gli aneddoti celebri, si racconta che Dita fu invitata a un gala di beneficenza con un numero in cui indossava esclusivamente diamanti: non un filo di tessuto, ma solo il “vestito” delle gemme.
La performance fece scalpore e fu definita audace e raffinata insieme. Inoltre, Dita è stata la prima ospite-stella del celebre cabaret parigino Crazy Horse nel 2006, portando quel tono burlesque internazionale nella patria del cabaret elegante.
Il lascito e il significato oggi
A renderla straordinaria non è solo la perfezione visiva, ma l’idea che dietro ogni gesto c’è cultura, storia, un atto di autorappresentazione.
Dita Von Teese ha restituito al burlesque un posto nobile tra le arti sceniche contemporanee. Ha riattivato un’arte che rischiava di restare confinata in locali minori, riportandola in teatri e festival internazionali.
La sua estetica è diventata icona: corsetti rigidi, silhouette ad hourglass, trucco grafico, capelli lucidi e “vintage glamour”. E dietro questo look c’è un pensiero: che sedurre è un’arte, che il corpo è superficie e memoria, che ogni numero è una storia con un inizio e una fine, non un consumo repentino.
Oggi Dita continua a esibirsi, a ideare spettacoli, a collaborare con designer e fotografi, a ispirare una generazione di performer che vedono nel burlesque un atto di libertà creativa.
Non è solo colei che “riporta in auge” il burlesque: è colei che lo reinventa per l’era moderna.