“Lazzaro, alzati e cammina!” è una delle frasi più citate e radicate nella cultura popolare, ma in nessun Vangelo è presente questa espressione. In realtà si tratta di una frase apocrifa, nata dalla tradizione e frutto dell’incontro di due episodi distinti raccontati nei testi evangelici: la resurrezione di Lazzaro e la guarigione del paralitico.
Eppure, la sua forza evocativa è tale da aver attraversato i secoli. Si è trasformata in un modo di dire universale, simbolo di rinascita, guarigione e speranza. Un’esortazione che ormai non appartiene più soltanto alla fede, ma al linguaggio comune: un invito a rialzarsi, a tornare a vivere dopo ogni caduta, a non restare immobili davanti alle difficoltà.
Oggi la frase viene usata anche in chiave ironica e affettuosa, per spronare o velocizzare chi si attarda, per dare una scossa a chi si rilassa troppo o rimanda qualcosa. Un modo per dire, con il sorriso, “muoviti, reagisci, fai qualcosa”.
Così, una formula nata nella tradizione religiosa è diventata un’espressione quotidiana di vitalità, capace di attraversare fede, cultura e linguaggio con la stessa energia della vita che invita a ricominciare.
Il vero passo evangelico: “Lazzaro, vieni fuori!”
L’episodio della resurrezione di Lazzaro è narrato nel Vangelo secondo Giovanni, al capitolo 11. Gesù, giunto a Betania dopo la morte dell’amico, si reca al sepolcro e, dopo aver pregato il Padre, pronuncia parole semplici ma decisive:
“Gesù gridò a gran voce: ‘Lazzaro, vieni fuori!’
Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti da bende e il viso coperto da un sudario.”
(Giovanni 11, 43-44)
Nessun “alzati e cammina”, dunque. Gesù non invita Lazzaro a muoversi, ma lo richiama alla vita. È la parola che rompe il silenzio della morte e restituisce esistenza, non solo movimento.
La vera origine dell’equivoco: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”
La confusione nasce da un altro episodio evangelico, sempre nel Vangelo di Giovanni, al capitolo 5, durante la guarigione del paralitico presso la piscina di Betzaeta:
“Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato.
Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?».
Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me».
Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina».
E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
(Giovanni 5, 8-9)
Lo stesso imperativo ritorna anche nei Vangeli di Marco e Luca:
“ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua.”
(Marco 2, 12)“Io ti dico: alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua.”
(Luca 5, 24)
Qui Gesù non resuscita un morto, ma guarisce chi era paralizzato.
È probabile che, nella memoria collettiva, i due momenti miracolosi, la resurrezione di Lazzaro e la guarigione del paralitico, si siano fusi, dando vita a una frase che non esiste nel testo sacro, ma che riassume la potenza dei due gesti: far rialzare chi è caduto, restituire vita e movimento.
Dai Vangeli al linguaggio comune trasformandosi in un modo di dire universale
Benché, come abbiamo visto, la frase “Lazzaro, alzati e cammina!” non sia mai stata pronunciata da Gesù secondo i Vangeli, la sua forza evocativa l’ha resa un’espressione popolare e ricca di sfumature nel linguaggio comune italiano.
Ha trasceso l’ambito religioso per diventare una metafora potente e versatile, usata in molteplici contesti.
Le principali accezioni moderne della frase sbagliata attribuita a Gesù
1. La ripresa miracolosa o inaspettata (l’accezione principale)
È il significato più diretto e diffuso. Si usa per descrivere una guarigione o ripresa fisica quasi impossibile, dopo una lunga malattia o un grave incidente.
2. L’esortazione a reagire e uscire dall’inerzia
Qui la frase diventa un incitamento energico a chi si trova in uno stato di apatia, pigrizia o scoraggiamento.
3. La “rinascita” sportiva o professionale
Nel linguaggio giornalistico, la frase descrive il ritorno trionfale di atleti, squadre o leader dati per finiti.
4. Uso ironico o scherzoso nei confronti di chi si attarda o perde tempo
5. Nel gergo della cultura pop
La frase è entrata nella cultura popolare, evocando i temi di riscatto, rinascita e trasformazione. La sua immediata riconoscibilità le consente di trasmettere, con poche parole, un messaggio di forza vitale e di ritorno alla luce.
Quando le parole diventano vere nel tempo
Il caso di “Lazzaro, alzati e cammina!” mostra come la memoria collettiva possa superare il testo e creare verità nuove. Quando una frase inventata diventa parte del linguaggio comune, significa che ha toccato qualcosa di profondo nell’immaginario collettivo: un bisogno, un simbolo, una verità universale.
Le parole nate nei testi religiosi, quando migrano nella cultura quotidiana, perdono il vincolo della fede e acquistano quello dell’umanità. Diventano icone del vivere, capaci di parlare a tutti, credenti e non, perché raccontano esperienze universali: cadere, rialzarsi, riprendere il cammino.
In questo senso, le frasi “apocrife” come questa non tradiscono lo spirito del messaggio originario lo amplificano. Dimostrano che la lingua popolare è viva, creativa, e capace di dare nuova vita anche alle parole sacre, trasformandole in patrimonio condiviso dell’umanità.