Ci sono frasi che sembrano scritte sulla pietra, non invecchiano, perché raccontano l’animo umano meglio di qualsiasi manuale di materie umanistiche. Tra queste c’è una frase di Oriana Fallaci, che rende evidente, attraverso la storia del libro che racconta, come la la delusione sia un veleno capace di ferire, corrompere, far ammalare l’anima.
La grande inviata scrittrice, con la sua grande sensibilità e lucidità, esplicita gli effetti di quella ferita invisibile che nasce ogni volta che un affetto, un sogno o un ideale finiscono per tradire. Una riflessione che attraversa senza tempo, universale, che riguarda tutti. Perché la delusione è il prezzo che si paga per aver creduto davvero a qualcuno o in qualcosa di molto importante.
Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.
Il contesto della frase di Oriana Fallaci
La frase di Oriana Fallaci è tratta dal capitolo 10 della Parte Quarta del libro Un cappello pieno di ciliege, romanzo storico incompiuto di Oriana Fallaci, pubblicato postumo da Rizzoli il 30 luglio del 2008. Il nipote ed erede universale della scrittrice, Edoardo Perazzi, ha curato l’uscita del libro, seguendo le precise disposizioni della scrittrice riguardanti sia il titolo sia il testo del libro.
In questa parte del libro l’autrice racconta la vicenda di Anastasìa Ferrier, sua bisnonna, ballerina del Teatro Regio di Torino, una giovane donna che incarna l’intelligenza, la grazia e l’indipendenza delle antenate della scrittrice.
Anastasìa vive la sua adolescenza tra arte, disciplina e sogni di libertà. A soli diciassette anni conosce Edmondo De Amicis, all’epoca un ragazzo timido e ambizioso che ancora non immagina di diventare il celebre autore di Cuore. Tra loro nasce un sentimento intenso e idealizzato, fatto di tenerezza e di promesse.
Per mesi si incontrano a Torino, si scambiano confidenze, leggono poesie, sognano di sposarsi. La ragazza lo ammira, lui le dedica versi impacciati ma sinceri. Sembra l’inizio di un amore puro, quasi letterario, come quelli raccontati nei romanzi romantici dell’Ottocento. Ma all’improvviso tutto finisce.
Edmondo de Amicis lascia Torino per entrare all’Accademia Militare di Modena e non trova il coraggio di salutarla. Anastasìa scopre la sua partenza per caso, attraverso le parole di un’amica. È in quel momento che il suo mondo si spezza.
Oriana Fallaci, con la precisione di una cronista e l’empatia di una discendente, sospende la narrazione e riflette. Scrive che “niente ferisce, avvelena, ammala quanto la delusione” perché sa che quella frase, pur riferita a un episodio lontano nel tempo, parla di una verità che attraversa tutte le generazioni.
La delusione di Anastasìa non è solo la delusione di una ragazza tradita nei sentimenti, ma diventa il simbolo di tutte le delusioni dell’animo umano. Il dolore di chi scopre che la realtà non corrisponde ai propri sogni, che la fiducia può trasformarsi in inganno, che anche l’amore più puro può spezzarsi per immaturità o destino.
Da quella ferita, racconta la scrittrice, nasce la reazione. Anastasìa cerca conforto nella seduzione, si vendica con ironia e leggerezza, passando da un uomo all’altro senza mai concedersi del tutto, quasi a voler dimostrare di non poter più essere ferita. Ma Oriana Fallaci non la giudica.
In lei riconosce una forma di orgoglio femminile e di sopravvivenza, la stessa che percorre tutta la sua genealogia e, in fondo, tutta la sua opera. Per questo il romanzo non è solo un racconto di famiglia, ma un viaggio nel cuore delle emozioni umane, dove ogni personaggio diventa un archetipo di speranza, disillusione e resilienza.
Il significato profondo della frase di Oriana Fallaci
Quando Oriana Fallaci scrive che
niente ferisce, avvelena, ammala quanto la delusione
non racconta soltanto un dolore privato, ma descrive una delle esperienze più profonde e universali dell’animo umano.
Nelle sue parole la delusione non è un’emozione passeggera ma una ferita che scava, un veleno sottile che intacca la fiducia e la speranza. Ferisce perché tocca la parte più viva e autentica dell’essere umano, quella che si apre alla fiducia. Avvelena perché lascia dentro un’amarezza che, se non viene trasformata, rischia di corrompere anche il futuro. Ammala perché rompe l’equilibrio interiore e genera un senso di sfiducia non solo negli altri ma anche in se stessi.
In questa immagine, tanto semplice quanto definitiva, c’è la consapevolezza di chi ha conosciuto la vulnerabilità dei sentimenti e la difficoltà di tornare a credere dopo essere stata ferita.
Quando aggiunge che
la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita
la scrittrice individua la radice più profonda di questa sofferenza.
Non è il fallimento in sé a far male, ma la fine di ciò che avevamo immaginato e custodito con amore. Chi viene deluso non è chi non ha mai creduto, ma chi ha scommesso tutto su qualcosa o qualcuno, chi ha avuto il coraggio di affidarsi. Per questo la delusione è un dolore così umano e allo stesso tempo così nobile, perché nasce da un atto di fiducia.
Oriana Fallaci prosegue affermando che la delusione è
una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita.
Con queste parole sposta la riflessione su un piano morale.
La delusione non è solo perdita ma anche crollo della credibilità, una frattura tra ciò che credevamo vero e ciò che la realtà ci restituisce. Chi viene deluso non soffre solo per l’assenza dell’altro ma per la sensazione di essere stato ingannato, di aver creduto invano, di essere stato ingenuo. È un dolore che colpisce l’anima ma anche l’orgoglio, perché tocca il cuore e la dignità insieme.
Quando scrive che
a subirla ti senti ingannato, beffato, umiliato, vittima d’una ingiustizia che non t’aspettavi, d’un fallimento che non meritavi,
Oriana Fallaci scende nel nucleo psicologico di questa esperienza.
La delusione non è solo una ferita affettiva ma una crisi interiore che incrina la percezione di sé. Ci si sente ridicoli, disarmati, offesi, come se la fiducia stessa fosse stata una colpa. Questa è la parte più umana e dolorosa della delusione, quella in cui il dolore si confonde con la vergogna, la rabbia e il senso di impotenza.
La scrittrice osserva poi che
ti senti anche offeso, ridicolo, sicché a volte cerchi la vendetta.
Il desiderio di reagire è naturale, nasce dal bisogno di ripristinare un equilibrio infranto.
Vendicarsi sembra offrire un sollievo immediato, un’apparente giustizia. Ma subito dopo aggiunge che
la vendetta è una scelta che può dare un po’ di sollievo, ma che di rado s’accompagna alla gioia e che spesso costa più del perdono.
Qui Fallaci rivela la parte più saggia e disincantata della sua riflessione. Sa che la vendetta non guarisce, ma prolunga la malattia. Rende il dolore più profondo perché tiene in vita il legame con ciò che ci ha feriti.
Solo il perdono, o almeno la capacità di lasciar andare, può riportare equilibrio e libertà. Perdonare, nella sua visione, non significa dimenticare, ma scegliere di non restare prigionieri della ferita.
Alla fine, la scrittrice sembra voler dire che la delusione è una tappa inevitabile per chi vive con sincerità e intensità. È il prezzo che si paga per aver creduto davvero, per aver avuto il coraggio di affidarsi e di amare.Chi non prova mai la delusione forse si protegge dal dolore, ma si priva anche della possibilità di vivere pienamente.
Per Oriana Fallaci la vera forza non è evitare le ferite, ma attraversarle senza rinunciare alla fiducia. Solo chi ha conosciuto la delusione sa quanto sia preziosa la speranza. Solo chi ha perdonato può dire di aver vinto.
La delusione nella vita e nelle opere di Oriana Fallaci
La lucidità della frase di Oriana Fallaci con cui racconta la delusione non nasce da un esercizio letterario ma da un’esperienza vissuta in prima persona. Dietro le sue parole si intravede il percorso di una donna che ha amato, creduto e sofferto con la stessa intensità con cui ha scritto.La sua visione non è astratta ma nasce dal contatto diretto con la realtà, da quella tensione continua tra passione e disincanto che attraversa tutta la sua vita e la sua opera.
L’amore più importante e doloroso fu quello con Alekos Panagulis, eroe della resistenza greca contro la dittatura dei colonnelli.
I due si conobbero nel 1973 e tra loro nacque un legame profondo, politico e spirituale, un amore che univa il coraggio della lotta alla fragilità umana. Dopo la morte improvvisa di Panagulis nel 1976, Oriana Fallaci riversò tutto il suo dolore nel libro Un uomo, un’opera che è insieme biografia, elegia e confessione.
In quelle pagine la delusione non è rivolta all’amato ma al mondo, incapace di comprendere e proteggere chi combatte per la libertà. È la delusione più grande, quella che nasce quando la vita tradisce gli ideali, quando la realtà distrugge ciò che di più puro avevamo creduto possibile.
Anche nelle sue opere successive, da Lettera a un bambino mai nato a Insciallah, la scrittrice continua a interrogarsi sulla fiducia, sull’amore e sul senso della perdita. Nei suoi personaggi si ritrovano le stesse domande che attraversano la sua biografia. Cos’è la fiducia, fino a che punto si può credere negli altri, quanto si è disposti a soffrire per ciò che si ama.
Per lei la delusione non è mai una resa ma una rivelazione. È l’altra faccia della speranza, il momento in cui si misura la forza autentica di un essere umano.
Oriana Fallaci ha spesso dichiarato che preferiva la verità alla consolazione, anche quando faceva male. Dietro la sua durezza apparente si nascondeva una forma altissima di sensibilità, quella di chi non accetta l’indifferenza come scudo. Proprio per questo la sua riflessione sulla delusione non è mai amara. È la constatazione di una verità che non toglie la speranza ma la purifica.
Chi viene deluso, secondo lei, non deve smettere di credere, ma imparare a distinguere tra ciò che vale e ciò che inganna. La fiducia, per la Fallaci, resta la più grande forma di coraggio, perché solo chi continua a credere dopo essere stato ferito dimostra di aver veramente vissuto.
La lezione universale della frase di Oriana Fallaci
Nelle parole di Oriana Fallaci c’è una verità che riguarda tutti. La delusione è inevitabile per chi ama, sogna e crede. Non risparmia nessuno, perché è il segno che si è vissuto davvero, che si è avuto il coraggio di fidarsi e di esporsi. Chi non si fida forse non soffre, ma nemmeno conosce la pienezza di un sentimento autentico.
La scrittrice insegna che la delusione non deve diventare una condanna. È una tappa del cammino, un passaggio che, se accettato, purifica e trasforma. Attraverso il dolore si impara a distinguere tra ciò che è reale e ciò che è illusione, tra chi promette e chi mantiene, tra chi inganna e chi resta. La delusione non distrugge la speranza, la rende più consapevole.
Oriana Fallaci ci invita a non smettere di credere, a non lasciare che il veleno della sfiducia diventi parte di noi. Solo chi sa perdonare, anche senza dimenticare, riesce a rinascere. Solo chi ha conosciuto la delusione può comprendere davvero la forza della fiducia.
E proprio in questo, nella capacità di credere ancora dopo il dolore, si trova la vera grandezza dell’essere umano.