C’è una frase di Franco Battiato che riesce a donare una lezione universale sulla ricerca di tutto ciò che può fare stare bene, che offre gioia e felicità, che genera amore. Una frase che, come sempre nello stile del grande cantautore siciliano, che nella sua apparente semplicità propone una visione filosofica altissima capace di unire Oriente e Occidente, Platone e i mistici. Una vera lezione di vita che si dovrebbe saper ascoltare per diventare tutti un po’ migliori.
Una frase che sembra arrivare da un luogo di silenzio, capace di sciogliere l’illusione di un amore puramente terreno per restituirgli la sua natura più alta. In queste parole si compie il mistero dell’arte del grande musicista siciliano, ovvero trasformare la musica in filosofia vissuta, la poesia in cammino interiore.
L’amore, la gioia, le emozioni umane più pure, tutto ciò che crediamo assoluto, non sono che riflessi di una verità più grande. Ombre, appunto, di una luce che non si lascia possedere, ma solo intuire.
Perché le gioie del più profondo affetto
O dei più lievi aneliti del cuore Sono solo l’ombra della luce
La frase di Franco Battiato nella canzone L’ombra della luce
La frase di Franco Battiato è tratta dalla canzone L’ombra della luce, la quarta traccia dell’album Come un cammello in una grondaia, pubblicato da EMI Italia nel 1991. Le musiche del brano sono arrangiate insieme a Giusto Pio.
Il testo completo de L’ombra della luce
Nel brano, il poeta siciliano dà voce a una supplica universale:
“Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare maiRiportami nelle zone più alte
In uno dei tuoi regni di quiete
È tempo di lasciare questo ciclo di vite
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare maiPerché le gioie del più profondo affetto
O dei più lievi aneliti del cuore
Sono solo l’ombra della luceRicordami, come sono infelice
Lontano dalle tue leggi
Come non sprecare il tempo che mi rimane
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare maiPerché la pace che ho sentito in certi monasteri
O la vibrante intesa di tutti i sensi in festa
Sono solo l’ombra della luce”.Fonte: Musixmatch
Compositori: Franco Battiato
Testo di L’ombra della luce © Emi Music Publishing Italia Srl, L’ottava Srl, L’ottava Edizioni Musicali
A cosa s’ispira la canzone
L’ombra della luce è una preghiera laica, un inno contemplativo che attraversa il mistero della vita e della morte. Le parole scorrono come un mantra. Non c’è pathos drammatico, ma una dolcezza che accoglie. L’uomo, fragile e lucido insieme, chiede di non essere abbandonato, di essere riportato “nelle zone più alte”, nei “regni di quiete”.
In questo spazio di resa e consapevolezza nasce la rivelazione: anche le esperienze più luminose, l’amore, la pace, la bellezza, non sono la luce, ma la sua ombra. Sono segni del divino, riflessi dell’invisibile che abita il mondo. Battiato la scrive in un periodo di profonda ricerca interiore, segnato dal bisogno di comprendere ciò che unisce la materia allo spirito, la carne al divino.
In un’intervista del 1998, Battiato ha dichiarato che a ispirare L’ombra della luce sia stato Il libro tibetano dei morti, uno dei testi che più hanno influenzato la sua formazione umana e spirituale. Il Bardo Thodol, questo il titolo originale del testo, non è solo una finestra sull’antica civiltà del Tibet, ma un viaggio dentro le profondità dell’anima, una guida alla scoperta degli aspetti sconosciuti dell’essere.
Un “Io” che, a un certo punto, smette di apparire solido e sicuro e si rivela per ciò che è, ovvero un passaggio, una vibrazione, una forma di coscienza in cammino.
Catturato dalla recitazione del Bardo Thodol accanto al corpo del morente, Battiato si avvicina a quella luce che non si può guardare direttamente, di cui possiamo solo intravedere l’ombra.
Un principio che affascinò Battiato e divenne il fondamento della nascita della canzone e il percorso della sua musica più matura. L’artista chiede protezione (“Difendimi dalle forze contrarie”), guida (“Riportami nelle zone più alte”) e la forza di sopportare il richiamo delle esperienze terrene che lo allontanano dal suo centro spirituale (“Perché le gioie… sono solo l’ombra della luce”).
L’amore e la gioia sono il riflesso di qualcosa di più grande
La frase che è il cuore pulsante dell’intera canzone di Franco Battiato descrivendo la condizione dell’universo intero. Ogni forma di vita, ogni emozione, ogni pulsazione vitale è un’eco della “Luce originaria”, la forza da cui tutto ha avuto principio. Nella sua brevità racchiude una della riflessioni più profonde del suo pensiero artistico e spirituale.
Il significato principale della frase è che le esperienze umane più intense e appaganti, inclusi l’amore, l’affetto e i desideri più puri, non sono la realtà ultima, ma un riflesso imperfetto e transitorio di una verità superiore, di un assoluto che Battiato definisce “la luce”.
In questa prospettiva, l’amore e la gioia non sono emozioni private, ma movimenti cosmici che attraversano la materia. Sono il linguaggio con cui l’universo si riconosce vivo. Ogni volta che amiamo, che proviamo gratitudine o felicità, partecipiamo a un flusso più grande di noi, una vibrazione che ci collega a tutto ciò che esiste.
Le esperienze umane più intense, l’amore, la felicità, l’amicizia, la pace interiore, non sono la realtà ultima, ma soltanto riflessi imperfetti di una verità più alta. Sono la manifestazione terrena di una “luce” che rappresenta, per Battiato, l’Assoluto, il Divino, o la Coscienza universale. L’uomo, dunque, vive immerso nell’ombra, ma in quell’ombra può intuire la presenza della luce.
Per comprenderlo pienamente, bisogna guardare oltre la dimensione poetica e scorgere le radici filosofiche e mistiche che ne sostengono il senso.
L’eredità del pensiero platonico
L’immagine dell’ombra è un chiaro richiamo al Mito della Caverna di Platone. Nel dialogo platonico, gli uomini vivono incatenati in una caverna, vedendo solo le ombre delle cose proiettate sulla parete e scambiandole per realtà. Solo chi riesce a liberarsi e a uscire dalla caverna può contemplare la vera luce del sole, simbolo del Bene e della Verità assoluta.
Secondo il filosofo greco, gli uomini sono come prigionieri in una caverna, costretti a guardare delle ombre proiettate su una parete, credendo che esse siano la vera realtà. Solo liberandosi e uscendo dalla caverna si può conoscere il mondo reale, illuminato dalla luce del sole, che simboleggia la Verità e il Bene assoluto.
In quest’ottica, le “gioie del più profondo affetto” sono come le ombre, reali e significative per chi vive nell’esperienza terrena, ma pallide proiezioni di una felicità e di un amore di ordine superiore, di natura divina e spirituale.
In questa prospettiva, anche le “gioie del cuore” di cui parla Battiato sono reali, ma non definitive. Appartengono al mondo sensibile, quello che percepiamo, ma non coincidono con la realtà più profonda dell’essere.
Sono, come direbbe Platone, ombre del Bene, frammenti di una felicità più grande, che l’uomo può solo intravedere.
Il cammino mistico e la trascendenza
Franco Battiato fu profondamente influenzato da molte correnti spirituali e mistiche, in particolare dal Sufismo islamico, dalle filosofie orientali e dagli insegnamenti del filosofo armeno Georges Gurdjieff, maestro della consapevolezza e del risveglio interiore.
In queste tradizioni, la vita è vista come un percorso di elevazione. L’essere umano deve imparare a trascendere l’ego, a liberarsi dall’attaccamento alle emozioni, ai desideri e ai beni materiali per riconnettersi con il divino.
Le gioie terrene, per quanto splendide, fanno parte di ciò che i mistici chiamano “maya” o “saṃsāra”: l’illusione del mondo transitorio. Esse non vanno negate, ma comprese per ciò che sono, ovvero passaggi, non traguardi. La vera luce è la consapevolezza spirituale, una forma di pace che non dipende da nulla di esterno. È la dimensione in cui la mente tace e l’anima percepisce la propria unità con il Tutto.
Le emozioni e i legami terreni, per quanto belli, sono visti come parte di questo mondo fenomenico e mutevole. Essi possono essere un primo passo, una guida, ma anche un ostacolo se ci si attacca ad essi come se fossero il fine ultimo. Il vero obiettivo è la “luce” della consapevolezza spirituale, una pace e una gioia che non dipendono dalle circostanze esterne.
Un messaggio universale
Così, dietro questi versi di straordinaria bellezza poetica, si cela una visione del mondo che abbraccia filosofia, religione e fisica dell’anima. Franco Battiato non parla solo agli spirituali, ma a chiunque senta che la vita non può esaurirsi nel visibile. Ricorda che l’amore e la gioia non sono illusioni, ma tracce del divino dentro la materia. Quando li viviamo con consapevolezza, diventano ponti tra il nostro piccolo orizzonte e il grande respiro dell’universo.
La frase non esprime disprezzo per i sentimenti umani, ma la consapevolezza della loro natura effimera rispetto all’eternità dello spirito. È il riconoscimento che, per quanto possa essere meraviglioso l’amore umano, esso è solo un’eco, un indizio di un Amore più grande e incondizionato.
Battiato invita a non assolutizzare l’esperienza terrena e affettiva. Non nega la bellezza dell’amore e dei sentimenti, ma li colloca in una gerarchia di valori dove al vertice sta la ricerca spirituale, la “luce” dell’Assoluto. Le gioie del cuore sono preziose, ma sono come la luna che riflette la luce del sole: la loro bellezza deriva da una fonte più grande, che è il vero oggetto della ricerca dell’anima.
Ogni volta che amiamo davvero, che ci emozioniamo davanti alla bellezza o che sentiamo una pace profonda, tocchiamo, anche solo per un istante, quella luce di cui siamo ombra. E forse è proprio in quel frammento di eternità che la nostra umanità si rivela nella sua forma più pura.