Gianni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980) è stato molto più di un autore per l’infanzia: è stato un educatore della fantasia, un pensatore che ha restituito alla parola e al gioco linguistico la capacità di trasformare il mondo.
Le sue pagine, da “Favole al telefono” a “Grammatica della fantasia”, sono state lette da generazioni, ma vanno oltre: ci parlano anche da adulti, perché la fantasia non è frivolezza, ma strumento di libertà e cambiamento.
Rodari è riuscito a far convivere l’humour con la serietà delle idee: credeva che educare i bambini significasse soprattutto farli pensare, inventare, dubitare, immaginare.
La sua cifra pedagogica risiede nella fiducia verso l’infanzia, non come età da completare, ma come paradigma di pensiero aperto. In un mondo che spesso misura tutto in utilità, efficienza e risultati immediati, Rodari ci ricorda che l’ errore , il divertimento, la domanda sono alleati della conoscenza.
10 frasi di Gianni Rodari che ci insegnano a giocare con la parola e la fantasia
Le frasi di Gianni Rodari, non sono solo citazioni carine: sono inviti all’azione, alla scoperta, alla libertà. In ciascuna si affaccia la sua visione: l’infanzia come paradigma di pensiero, la creatività come principio educativo, la lettura come strumento di liberazione, la fantasia come arma contro la pesantezza della realtà. Rodari ci ricorda che non tutto ciò che conta si può contare. C’è un sapere che nasce dal gioco, dalla domanda, dall’errore, dall’invenzione. E che può cambiare la vita, non solo dei bambini, ma di tutti.
Le frasi
1.
«Credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi.»
In questa frase Rodari afferma che la fiaba non è solo racconto per bambini, ma laboratorio di pensiero: permette di esplorare l’impossibile, di chiedersi “e se…?”, di aprire la mente a tutte le ipotesi, incluse quelle che sfidano la realtà. È un atto educativo radicale, che rende la mente flessibile e curiosa.
2.
«Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo?»
Rodari ci mette davanti a una domanda sconcertante: perché l’apprendimento deve essere sempre duro, costoso, doloroso? Egli suggerisce che imparare attraverso il gioco, la risata, la scoperta è non solo possibile ma desiderabile. È un cambio di paradigma della pedagogia.
3.
«Bambini, imparate a fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco… liberare gli schiavi che si credono liberi.»
Una frase che racchiude idealismo e concretezza. Parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco sono gesti di empatia e impraticabilità apparente, ma Rodari li propone come compiti fondamentali: superare l’indifferenza, agire oltre la superficialità. Liberare gli schiavi che si credono liberi significa smascherare le illusioni della quotidianità.
4.
«Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa.»
Rodari rovescia il valore negativo dell’errore: ne fa un ingrediente essenziale della creatività e della crescita. L’esempio della Torre di Pisa, “errore” architettonico diventato icona, è perfetto: ciò che sembra sbagliato può rivelarsi straordinario. Un invito a tollerare la sbavatura, il fuori‑schema.
5.
«Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo.»
Qui Rodari lega la lettura alla libertà. Non si legge per celebrità, per virtuosa posizione sociale, ma per emanciparsi, dallo sfruttamento, dalla manipolazione, dal silenzio. Un messaggio forte: il libro come strumento di liberazione.
6.
«Nelle nostre scuole, generalmente parlando, si ride troppo poco. L’idea che l’educazione della mente debba essere una cosa tetra è tra le più difficili da combattere.»
L’educazione secondo Rodari non è severità, ma anche leggerezza. Egli percepisce che nelle scuole manca la gioia, la risata, il gioco, e che questa assenza limita la crescita creativa. Ridere non è distrazione: è stimolo dell’intelletto.
7.
«La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni.»
Una frase essenziale: non esistono menti “per la matematica” o “per l’arte”, ma una mente che merita di essere nutrita, stimolata, lasciata libera. Rodari rifiuta la divisione rigida delle inclinazioni: l’intelligenza va esercitata integralmente.
8.
«Fu cambiato l’ordine degli anelli, ma la catena rimase una catena.»
Questa frase, essenziale e lucidissima, esprime una profonda verità politica e storica: cambiare l’ordine delle cose, delle persone, dei ruoli, dei governi, non significa necessariamente trasformare la struttura di potere che le tiene unite.
La “catena” resta tale anche se gli “anelli” si spostano. È una riflessione amara sul riformismo di facciata, sulle rivoluzioni incompiute, e su quei cambiamenti che sembrano novità ma sono solo una riorganizzazione del dominio. Il vero cambiamento non è cosmetico: spezza la catena, non si limita a risistemarne gli anelli.
9.
«Il vero segreto che condividono tutte le persone anziane è che in fondo non sei affatto cambiato in settanta‑ottant’anni. Il corpo cambia, ma tu no.»
Qui Rodari tocca la finitudine ma anche l’identità radicale: non siamo sostanzialmente diversi da quando eravamo bambini, e questa continuità è sia conforto che sfida. Continuare a crescere significa forse riconoscere quel nucleo che resta.
10.
«La fantasia non è un lupo cattivo del quale si debba aver paura.»
Con semplicità e forza, Rodari smonta il pregiudizio che la fantasia sia inutile o pericolosa. Al contrario, è risorsa vitale: la capacità di immaginare altri mondi, di ristrutturare la realtà, di inventare soluzioni.