Leggere Grazia Deledda significa entrare in un universo dove il tempo non è mai lineare, dove il destino agisce come una forza silenziosa e ineluttabile, e dove l’animo umano viene osservato con una lucidità che non concede sconti. Unica donna italiana a ricevere il Premio Nobel per la Letteratura, Deledda ha costruito un’opera che affonda le radici nella Sardegna arcaica e simbolica, ma che parla in realtà a ogni lettore, in ogni epoca.
Le sue frasi non sono mai semplici aforismi: sono frammenti narrativi, respiri di romanzo, immagini che sembrano emergere dalla terra stessa. In esse convivono il senso della perdita, la forza del cambiamento, la consapevolezza del dolore come parte integrante dell’esistenza e una profonda compassione per l’essere umano, fragile e contraddittorio.
10 frasi di Grazia Deledda che ci raccontano le complessità dell’animo umano
Le frasi di Grazia Deledda non offrono consolazioni facili. Al contrario, ci costringono a guardare in faccia il tempo, la perdita, il cambiamento e la fragilità dell’esistenza. La sua scrittura è profondamente umana perché non cerca di addolcire il dolore, ma lo osserva, lo attraversa e lo trasforma in consapevolezza.
Rileggere Deledda oggi significa riscoprire una voce che parla ancora con forza al presente, ricordandoci che siamo tutti, inevitabilmente, canne al vento: fragili, mutevoli, ma capaci di resistere finché accettiamo la verità del nostro destino.
Le frasi
1.
«Se vostro figlio vuole fare lo scrittore o il poeta sconsigliatelo fermamente. Se continua minacciatelo di diseredarlo. Oltre queste prove, se resiste, cominciate a ringraziare Dio di avervi dato un figlio ispirato, diverso dagli altri.»
Questa frase racchiude una verità scomoda: la vocazione artistica non nasce mai da un consenso facile. Deledda riconosce che chi scrive lo fa nonostante gli ostacoli, non grazie a essi. La scrittura, qui, è una forma di resistenza, una chiamata che sopravvive persino al rifiuto.
2.
«Siamo proprio come le canne al vento, donna Ester mia. Ecco perché! Siamo canne, e la sorte è il vento.»
Forse la citazione più celebre di Deledda, simbolo dell’intera sua visione del mondo. L’essere umano non domina il destino: può solo piegarsi, cercando di non spezzarsi. È una metafora potente, che racconta la fragilità come condizione universale.
3.
«La vita passa e noi la lasciamo passare come l’acqua del fiume, e solo quando manca ci accorgiamo che manca.»
Qui Deledda riflette sul tempo con una lucidità quasi dolorosa. La vita scorre mentre siamo distratti, e solo la perdita ci costringe a guardarla davvero. È una frase che parla di rimpianto, ma anche di consapevolezza tardiva.
4.
«Mutiamo tutti, da un giorno all’altro, per lente e inconsapevoli evoluzioni, vinti da quella legge ineluttabile del tempo che oggi finisce di cancellare ciò che ieri aveva scritto nelle misteriose tavole del cuore umano.»
Il cambiamento non è mai improvviso: è silenzioso, continuo, spesso invisibile. Deledda descrive il tempo come una forza che riscrive l’animo umano senza chiedere permesso, cancellando ciò che credevamo eterno.
5.
«Da una muraglia nera una finestra azzurra vuota come l’occhio stesso del passato guarda il panorama melanconico roseo di sole nascente.»
Questa frase è pura pittura letteraria. Il passato diventa uno sguardo vuoto, incapace di intervenire, mentre il presente si accende di una luce malinconica. Deledda trasforma il paesaggio in uno stato d’animo.
6.
«E tu hai fatto questo… di andartene così, di nascosto… senza dir nulla… come l’altra volta.»
Il dolore dell’abbandono emerge qui nella sua forma più intima. I puntini di sospensione non sono solo stilistici: sono il vuoto lasciato dall’assenza, il non detto che pesa più di qualsiasi parola.
7.
«Era un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa.»
La natura, nell’opera di Deledda, è sempre viva e partecipe. Qui diventa quasi un organismo che respira, che condivide il destino degli uomini. È una visione arcaica e simbolica, profondamente poetica.
8.
«E come i bambini ed i vecchi si mise a piangere senza sapere il perché, – di dolore ch’era gioia, di gioia ch’era dolore.»
Questa frase racconta l’ambiguità delle emozioni umane. Gioia e dolore non sono opposti, ma spesso si confondono. Deledda coglie con precisione quel punto fragile in cui le emozioni diventano indistinguibili.
9.
«Egli sentì le labbra di lei bagnate di lacrime lasciargli sulle dita come l’impronta di un fiore umido di rugiada.»
Il dolore diventa immagine delicata, quasi sacra. Anche la sofferenza, in Deledda, conserva una sua bellezza fragile, una traccia che resta impressa come un segno d’amore e perdita insieme.
10.
«Ah, per questo non amo neppure tornare laggiù; mi pare che ci ho lasciato qualche cosa e che non la ritroverei più…»
Il ritorno è impossibile, perché il tempo ha già trasformato tutto. Questa frase parla di nostalgia e di irreversibilità: ciò che siamo stati resta nei luoghi della memoria, ma non può essere recuperato.
