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Vintage Berlin, il viaggio per immagini nella Berlino di Cristina Leone

Da pochi giorni รจ acquistabile on line il nuovo photographic book di Cristina Leone, ''Vintage Berlin'' che sta giร  riscuotendo ottimi commenti dal pubblico...

La forza dell’architettura raccontata nella Berlino di Cristina Leone

MILANO – Da pochi giorni è acquistabile on line il nuovo photographic book di Cristina Leone, ”Vintage Berlin” che sta già riscuotendo ottimi commenti dal pubblico. In quest’occasione abbiamo intervistato l’autrice chiedendole qualche informazione in più sul suo progetto.

Come si è avvicinata alla fotografia? Quando è scattata in lei la scintilla?
Ho sempre sentito l’esigenza di comunicare con le immagini, ho iniziato con la pittura, lo faccio ogni giorno con l’architettura e il design, la fotografia è uno di questi mezzi. Fotografare fa parte del mio quotidiano da sempre, è un gesto inconsapevole, è la risposta all’esigenza di fermare una percezione che in un determinato momento mi trasmette una forma, un colore, un profumo, un riflesso, un’ombra e il tentativo di raccontarla. La scintilla è scattata quando ho iniziato a sentire davvero la fotografia come settima arte.

Come nasce questo progetto fotografico su Berlino? Cioè, perché proprio Berlino e non un’altra città?
Il progetto fotografico su Berlino è il primo di una serie, ancora in cantiere, dedicata ad alcune città che mi hanno permesso di entrare in contatto con loro. Credo che ogni città abbia una propria identità e che solo con alcune di esse si riesca a creare quell’empatia che ti permette di conoscerne l’anima. Berlino è una di queste, l’ho conosciuta, annusata, mangiata, l’ho fatta mia.

La maggior parte delle immagini è caratterizzata da un netto taglio geometrico e dalla quasi totale assenza di presenza umana. Scelta formale o caso fortuito?
Tagli netti, geometrie precise e ricerca continua di un particolare punto di vista che possa dar forma a composizioni  evocative  ed inaspettate sono la base della mia fotografia.
In questo caso i soggetti umani non erano necessari, anzi, avrebbero distolto l’attenzione dalle architetture, dall’arte e dai graffiti ovvero dai prodotti delle loro menti e delle loro mani. Anche se non sono stati ritratti, i soggetti umani sono presenti e si manifestano attraverso il frutto del loro genio e della loro creatività. 

Si è ispirata a qualcuno in particolare nella realizzazione di questo libro? A chi è dedicato?
Non direi, la contaminazione da parte dei grandi esponenti è oramai inevitabile ma non c’è un unico grande fotografo a cui tento di avvicinarmi. Posso dire con certezza che resto incantata davanti alle architetture di Gabriele Basilico, amo la poeticità di Bidermanas Izis, le architecture of density di Michael Wolf, che mi emoziono davanti alla fotografia di Henri Cartier Bresson e di Alice Austene e che il lavoro e il carisma di Fontana mi hanno dato il coraggio per provare a concretizzare un sogno.
Il libro è dedicato a Stefano, mio compagno di viaggio e di vita, a papà e mamma perché mi amano incondizionatamente,  a Bice e Luigi che hanno reso possibile il viaggio a Berlino, e poi a Paolo, Filippo e Marzia a cui voglio bene come fratelli.

15 maggio 2014

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