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La realtà diventa arte nelle foto di Henri Cartier-Bresson

Henri Cartier-Bresson E' considerato un pioniere del foto-giornalismo, tanto da meritare l'appellativo di 'occhio del secolo'

Henri Cartier – Bresson è considerato un pioniere del foto-giornalismo, tanto da meritare l’appellativo di ‘occhio del secolo’. Teorico dell’istante decisivo in fotografia, l’artista francese ha anche contribuito a portare la fotografia di stampo surrealista ad un pubblico più ampio.

LandscapesPaysages, in mostra gli scatti di Henri Cartier-Bresson

Landscapes/Paysages, simmetrie e natura nella mostra fotografica di Henri Cartier-Bresson

Dal 17 giugno al 21 ottobre 2018 a Forte di Bard (AO) si terrà la mostra del celebre fotografo francese Henri Cartier-Bresson

La formazione

 Cartier Bresson nacque il 22 agosto 1908 a Chanteloup, vicino Parigi, da una famiglia della ricca borghesia. Dotato di uno spirito innovativo e curioso, il giovane Henry si interessò inizialmente di pittura e letteratura, passioni che lo spinsero alla frequentazione degli esponenti del movimento surrealista. Dopo il viaggio, durato un anno, in Costa d’Avorio, iniziò ad appassionarsi al mondo della fotografia, spinto dalla sua insaziabile curiosità e dal desiderio di immortalare la realtà. Cartier-Bresson raccontò più volte come fu una fotografia del fotografo ungherese Martin Munkacsi a folgorarlo, facendogli crescere l’entusiasmo e la passione per quest’arte. Nel 1932 comprò la sua prima macchina fotografica, una Leica 35 mm con lente 50 mm che lo accompagnò per molti anni. In questo periodo lavorò nel campo del cinema, come assistente del grande regista francese Jean Renoir. Nel 1934 conobbe un fotografo ed intellettuale polacco, che gli presentò il grande Robert Capa, che divenne poi suo collaboratore nella fondazione dell’Agenzia Magnum. Durante la Seconda Guerra Mondiale Cartier-Bresson entrò a far parte della resistenza, pur non abbandonando mai la sua attività di fotografo. Catturato dalle truppe naziste, riuscì a sfuggire al carcere. Nel 1945 fu il fotografo che immortalò la liberazione della capitale francese. Concluso il conflitto, tornò a lavorare nel mondo del cinema, dove diresse “Le Retour”, un interessante documentario sul ritorno in patria dei prigionieri di guerra e dei deportati. Nel 1947 inaugurò la sua prima mostra fotografica al Moma di New York.

Bresson e la Magnum

Sempre nel 1947 Cartier–Bresson fondò, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour e William Vandivert l’Agenzia Magnum Photos, che di lì a poco sarebbe diventata la più famosa agenzia del mondo. Magnum nacque dalla combinazione di piccole macchine fotografiche e di grandi menti che avevano acquistato grande sensibilità negli anni della seconda guerra mondiale, anni di grandi eccessi emotivi. La caratteristica che contraddistinse questa agenzia dalle altre fu la capacità fresca e nuova di essere nel mondo e sulla notizia. La fotografia portò Cartier-Bresson a girare tutto il mondo, dalla Cina al Canada agli Stati Uniti, sino all’Unione Sovietica. Fu il primo fotografo occidentale a fotografare proprio l’Unione Sovietica del dopoguerra. Tra le mete del suo viaggio vi fu anche l’Italia. Dal 1968 iniziò a dedicarsi sempre meno all’attività fotografica per consacrarsi al suo primo amore artistico, la pittura.

Fondazione Bresson

Nel 2000, insieme alla moglie ed alla figlia creò la Fondazione Henri Cartier-Bresson. Lo statuto permette di vendere stampe firmate per raccogliere fondi, a condizione che stampe identiche siano incluse nell’archivio inalienabile. In fondo la macchina fotografica è soltanto un mezzo per comunicare emozioni. Nel 2002 la Fondazione è stata riconosciuta dallo stato come ente di pubblica utilità. Nella sua carriera ha anche ritratto personalità importanti in tutti i campi; Balthus, Albert Camus, Truman Capote, Coco Chanel, Marcel Duchamp, William Faulkner, Mahatma Gandhi, John Huston, Martin Luther King, Henri Matisse, Marilyn Monroe, Richard Nixon, Robert Oppenheimer, Ezra Pound, Jean-Paul Sartre ed Igor Stravinsky. Cartier Bresson morì a Céreste il 3 agosto 2004.

Poetica immagini

Cartier-Bresson è il fotografo che ha trasformato il fotogiornalismo in arte, anche proprio grazie alla sua grande passione per la scrittura. Il vero motore della sua ricerca artistica, quale che sia la forma nella quale si è poi espressa, può essere identificato nella sua concezione umanistica della realtà. Fu infatti spesso definito un classicista, non solo per la sua attenzione ai canoni della forma e agli equilibri geometrici dell’immagine, ma soprattutto per il suo costante indagare sui valori dell’esistenza, sull’essere umano e i suoi rapporti con il mondo. L’idea di Cartier-Bresson rimase sempre quella che non si può imparare a fotografare, perché fotografare è un modo di vedere, ed è anche un modo di vivere. La macchina fotografica è soltanto il mezzo col quale fissare la realtà; e del tutto realistiche pretendono di essere le sue immagini, scattate sempre con un obiettivo che restituisce un’immagine in tutto simile a quella vista dall’occhio (un 50 millimetri) e fedelmente riportate in stampa a pieno formato, senza escludere nulla di ciò che l’occhio ha visto nel mirino. La sua Leica diventa “un prolungamento dell’occhio” che può essere, a seconda delle occasioni, “un revolver, oppure il divano di uno psicanalista”.

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