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Per la prima volta in Italia lo sguardo nascosto di Vivian Maier, in mostra a Brescia

Rimasta sconosciuta fino al 2009, anno della sua scomparsa, Vivian Maier viene casualmente scoperta quando, in mancanza di persone che curassero i suoi averi, il materiale fotografico da lei accumulato nell'arco di decenni è messo all'asta...
Durante la prossima settimana e fino al 15 novembre sarà ancora possibile visitare presso la Galleria dell’Incisione a Brescia la mostra “Vivian Maier. Lo sguardo nascosto”, dedicata ad un volto nuovo e sensibile della fotografia americana del dopoguerra

MILANO – Rimasta sconosciuta fino al 2009, anno della sua scomparsa, Vivian Maier viene casualmente scoperta quando, in mancanza di persone che curassero i suoi averi, il materiale fotografico da lei accumulato nell’arco di decenni è messo all’asta. Immediatamente Vivian Maier diventa un caso nel mondo della fotografia e dell’arte. Fino al 15 novembre 2012 la Galleria dell’Incisione di Brescia le dedica la mostra personale “Vivian Maier. Lo sguardo nascosto”. L’esposizione propone per la prima volta in Italia il lavoro della fotografa americana, con circa trenta fotografie realizzate tra i primi anni Cinquanta e l’inizio degli anni Settanta.

UNO SPIRITO LIBERO – Vivian Maier nasce a New York il 1 febbraio del 1926. Trascorre l’infanzia in Francia e nel 1949 scopre l’amore per la fotografia grazie a una modesta macchina fotografica, la Kodak Brownie. Nel 1951 ritorna negli Stati Uniti; trasferitasi a Chicago nel 1956, viene assunta come baby sitter, un’attività che conduce per tutta la vita (da questo, forse, la particolare attenzione al mondo dell’infanzia nella sua opera fotografica). Sempre sola e molto taciturna — come la ricordano gli impiegati dello storico negozio di fotografia Chicago Central Camera — trascorreva i giorni liberi passeggiando per le strade di Chicago con una fotocamera Rolleiflex 6×6 (il formato preferito da Diane Arbus) e raccogliendo immagini e ritratti di un paesaggio urbano composto di volti di ogni età e ceto sociale. Tra il 1959 e il 1960, intraprese un viaggio che la portò a scattare fotografie a Los Angeles, Manila, Bangkok, Pechino, Egitto, Italia e nel sud-est americano. Un viaggio pagato, probabilmente, grazie alla vendita di una proprietà di famiglia. Nel 2008, Vivian Maier scivola sul ghiaccio e batte la testa. Non immediatamente curata, muore l’anno successivo all’età di 83 anni. Nel necrologio apparso sul Chicago Tribune è ricordata come: “Uno spirito libero che ha magicamente toccato le vite di chi la conosceva. Critica cinematografica e straordinaria fotografa”.

STRAORDINARIA SCOPERTA
– Proprio nei giorni concomitanti alla sua morte, John Maloof inizia la sua ricerca su Vivian Maier. Agente immobiliare di professione e appassionato di fotografia, aveva acquistato per poche centinaia di dollari alcuni contenitori appartenuti alla Maier e messi all’asta per coprire degli insoluti. All’interno trova oltre 40mila negativi dei quali circa 15mila ancora da sviluppare. Impressionato per il materiale di cui è entrato in possesso, decide, quindi, di far conoscere l’opera dell’autrice pubblicando le sue fotografie sul blog “Vivian Maier – Her discovered work”. È l’inizio della storia di Vivian Maier, la misteriosa bambinaia-fotografa rimasta nascosta per tutta la vita.

AMERICAN LIFESTYLE – La produzione di Vivian Maier, che conta oltre 100.000 scatti, si concentra principalmente su immagini raccolte nelle strade di Chicago e New York tra gli anni ’50 e ’60. È una ricerca appassionata votata a documentare il mondo intorno a lei: i volti, le espressioni, gli abiti, i lavori, gli ambienti in cui si muovono le persone che popolano la città, che la percorrono e ne vivono le strade. È chi vive ai margini del successo che ha investito l’America del dopoguerra: bambini, donne nere, anziani, barboni. Grande sicurezza di composizione, ecletticità dei soggetti, freschezza dei concetti e delle idee: una straordinaria fotografa di strada che ha saputo dare volti e sguardi a un immaginario collettivo condiviso e che si ricollega al lavoro di grandi autori come Arbus, Cartier-Bresson, Franck. Il lavoro di Vivian Maier coglie lo spirito e le contraddizioni dell’american lifestyle. Con la prontezza e lo sguardo tipico dei migliori street photographer, racconta lo straordinario della vita quotidiana, i cambiamenti di costume, interazioni umane struggenti, comiche, poetiche. Intensa e profonda la sua ricerca sull’autoritratto, un sé rappresentato quasi esclusivamente attraverso ombre e riflessi.

RITMO EMOTIVO
– “Immaginiamo di vederla all’opera, entriamo nel visore della sua Rolleiflex. Le sue fotografie nascono da un ritmo emotivo. Sono indici puntati su ciò che rallenta in lei il battito delle ciglia, sulle forme del mondo che ne fermano il passo, sulle situazioni appena percettibili che provocano un diverso battito cardiaco, più accelerato o solo più sospeso”, così Silvana Turzio, storica della fotografia, commenta la sensibilità artistica della Maier. E conclude: “Che abbia amato, odiato, desiderato, vibrato alla bellezza e seguito palpitante l’altalena delle vicende umane lo si capisce dalle sue immagini che scorrono come pagine di un diario intimo”.

5 novembre 2012

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