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Nino Migliori, ”La fotografia è il più importante mezzo espressivo del mondo”

C'erano anche gli amici e colleghi di sempre - Ferdinando Scianna e Gianni Berengo Gardin – ad accogliere ieri sera, presso la Fondazione Forma per la Fotografia, il fotografo bolognese Nino Migliori...
Ieri sera a Milano, presso la Fondazione Forma per la Fotografia, Nino Migliori ha ripercorso la sua carriera attraverso le riflessioni critiche di Marco Vallora

MILANO – C’erano anche gli amici e colleghi di sempre – Ferdinando Scianna e Gianni Berengo Gardin – ad accogliere ieri sera, presso la Fondazione Forma per la Fotografia, il fotografo bolognese Nino Migliori. Partendo dalle riflessioni critiche di Marco Vallora – docente di Estetica al Politecnico di Milano, collabora con il quotidiano La Stampa –, Migliori ha ripercorso le tappe più importanti della sua carriera, dagli esordi nel dopoguerra, alle frequentazioni artistiche, alle continue sperimentazioni. Questo incontro si inserisce all’interno dell’iniziativa promossa dalla Fondazione Forma “80 ore con l’autore”, 8 appuntamenti per conoscere da vicino i grandi autori che hanno costruito la storia della fotografia nel nostro Paese. A Nino Migliori la Fondazione dedica inoltre “La materia dei sogni”, la prima grande retrospettiva dell’autore, in mostra fino al 6 gennaio 2013.

DALLA PAURA DELLA GUERRA ALLA FELICITÁ DELL’ESPRESSIONE
– E’ il 1948. Alla paura della guerra appena conclusasi in Nino Migliori si sostituisce la necessità di esprimersi attraverso la fotografia. Racconta: “Dopo gli allarmi, i bombardamenti, le distruzioni, sentivamo tutti la necessità di riappropriarci dei luoghi della nostra città. Iniziai ad uscire e a ripercorrere le vie, i portici, le scale: Bologna divenne la mia palestra fotografica”. Sono questi gli esordi di Migliori, che ben presto aderisce a quella corrente oggi nota come Neo-realismo: “Per me – commenta il fotografo – era solo un approccio al sociale. Era un modo per esprimere il mio interesse verso una fotografia raffigurativa, di reportage. Non volevo l’attimo magico alla Cartier Bresson; volevo piuttosto vivere tra la gente, condividere con loro esperienze, abbandonarmi nelle loro abitudini”.

UNA CONTINUA SPERIMENTAZIONE – Un altro aspetto decisivo nella formazione di Nino Migliori fu sicuramente la frequentazione degli artisti dell’Informale bolognese: “Li conobbi con la scusa che ero un fotografo e che avrei potuto fargli qualche ritratto. In verità volevo assimilare tutto, il loro modo di dipingere, di fare arte”. Da quegli incontri inizia così uno scambio vicendevole dall’arte alla fotografia e dalla fotografia all’arte; Migliori, mosso da una forte curiosità personale, sperimenta il più possibile sullo specifico fotografico: nascono così le ossidazioni, le colature di vernice, le pressioni per modificare i cromatismi, le esposizioni prolungate al sole e al caldo. Ogni scoperta è un’emozione: “Ogni progetto è un’incognita, è il tempo a svilupparlo. Ma quando alla fine di tutto si raggiunge il risultato sperato, allora sì che la sperimentazione diventa gratificante!”.

MANIFESTI STRAPPATI – Tra i tanti lavori, quello sui “Manifesti strappati” è sicuramente il più rappresentativo di Migliori per quanto riguarda la sua curiosità e dedizione alla scoperta, nonché per il suo interesse documentario. Precedente anche alle opere di Domenico Rotella, sembra averle in qualche modo ispirate: “Io non ero un artista e le mie ricerche erano solo fotografiche”, specifica Migliori. “Non ritraevo questi manifesti per pura gratificazione artistica, addirittura evitavo di esporre le mie foto, raramente le diffondevo. La mia curiosità principale era quella di osservare come murales, scritte di ogni tipo e cartelloni riuscissero a modificare l’aspetto dei muri delle città, trasformandoli in veri e propri elementi comunicativi”.

STRAORDINARIO VALORE COMUNICATIVO – “La fotografia è il più importante mezzo espressivo del mondo”. Non usa mezzi termini Migliori quando gli si chiede cosa sia per lui l’arte fotografica: “Nel mio lavoro tento di servirmi della fotografia per esprimere qualcosa. Quando scatto una sequenza di immagini non è per scegliere quella più bella, più interessante o che è venuta meglio; il mio scopo è quello di esprimere un concetto, creare un discorso per immagini, rappresentare una situazione, così come sta avvenendo”. Migliori fa propria anche la richiesta di Umberto Eco, che rivolgendosi ai fotografi li aveva invitati ad essere meno artisti e più scrittori: “Ai miei allievi raccomando il libro d’autore: una raccolta di foto monotematiche, che si racchiudono attorno ad un unico argomento. Secondo me è il modo privilegiato per trasmettere con immediatezza il proprio pensiero". E sulle nuove possibilità che la fotografia potrebbe offrire in futuro dice: “Va ancora studiata e sperimentata: a 180 anni dalla sua nascita è probabilmente una ragazza un po’ attempata, ma dopotutto ancora giovane”. 

 

26 ottobre 2012

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