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Giulio Di Sturco, ”L’attualità di oggi è per noi fotografi una fonte inesauribile di storie”

Essere capaci d'interpretare la nuova situazione e capire il più velocemente possibile le nuove dinamiche sotto il proprio sguardo, senza mai dimenticare il pudore e il rispetto per i soggetti che si fotografa. E' questa la filosofia che accompagna il lavoro del fotografo Giulio Di Sturco, il giovane artista italiano protagonista da domani a FotoLeggendo con la mostra 'Aerotropolis'...

Il giovane fotografo italiano ci racconta come è nata la sua passione per la fotografia, soffermandosi sul suo ultimo lavoro “Aerotropolis”, in mostra al b>gallery dal 17 ottobre al 7 novembre 2012, nell’ambito del Festival FotoLeggendo a Roma

 

MILANO – Essere capaci d’interpretare la nuova situazione e capire il più velocemente possibile le nuove dinamiche sotto il proprio sguardo, senza mai dimenticare il pudore e il rispetto per i soggetti che si fotografa. E’ questa la filosofia che accompagna il lavoro del fotografo Giulio Di Sturco, il giovane artista italiano che vive a Bangkok e che a 33 anni conta già diversi premi internazionali, tra i quali il Word Press Photo 09 e il Sony World Photography Awards 2009. Il fotografo da domani sarà protagonista a FotoLeggendo con Aerotropolis, la mostra dedicata agli snodi aereoportuali di Seul, Bangkok e Hong Kong, intorno ai quali sorgono le più elevate espressioni del potere dell’uomo, come teorizzato dall’accademico americano John Kasarda.

 

Come è nata la sua passione per la fotografia?
Mio padre è un fotografo, come lo erano mio nonno e il mio bisnonno. Tutta la mia famiglia lavora in un laboratorio fotografico, specializzato nella fotografia per matrimoni, dove io e mia sorella siamo cresciuti. La passione per la fotografia nasce da qui, è come un gene nel mio DNA. Ho iniziato accompagnando mio padre ai matrimoni e facendogli da assistente. Attualmente vivo a Bangkok alla continua ricerca di storie da fotografare.

 

Durante la sua formazione cosa l’ha spinta a scegliere la carriera di fotogiornalista?
A 19 anni ho deciso di iscrivermi all’Istituto Europeo di Design. All’inizio mi interessavo ai ritratti in studio, allo still life, a tutto ciò che emergeva sulla pellicola grazie alle luci artificiali. La mia prospettiva è completamente cambiata quando ho cominciato a seguire un corso con Angelo Turetta. Da quel momento ho capito che il fotogiornalismo era la mia strada.
 
I suoi scatti presentano un forte interesse etico e antropologico, un’attenzione nel raccontare il mondo e le sue diverse culture, molte volte in prima linea in regioni marginali e a rischio, per testimoniare conflitti, povertà e annientamento. In che modo lavora per realizzare i suoi reportage? A cosa presta più attenzione nella costruzione del suo progetto rappresentativo?
Ovviamente dipende dal tipo di storia che decido di seguire, ogni storia, ogni lavoro ha un suo percorso giornalistico e creativo. La prima cosa da fare è informarsi il più possibile sulla storia che si cerca di realizzare e confrontarsi con le persone che sono state già in quel posto. Poi m’impegno ad immaginare il progetto che voglio realizzare e a stabilire una serie di nodi centrali intorno a cui sviluppare la storia. Una volta sul posto però spesso ti rendi conto che la realtà è diversa da quella che avevi immaginato oppure ci possono essere delle difficoltà che rendono impossibile la realizzazione della storia come pensata originariamente. In questo caso bisogna essere capaci d’interpretare la nuova situazione e capire il più velocemente possibile le nuove dinamiche sotto il tuo sguardo. La cosa da non dimenticare mai comunque è il pudore e il rispetto per i soggetti che si fotografa.
 
Attualmente è presente a FotoLeggendo con un progetto nuovo, con il quale è stato anche protagonista del “Cortona on the move”. In esso sembra che abbia voluto lasciare per un attimo i soggetti a cui si è dedicato fino ad ora per sperimentare un nuovo modo di fare fotografia. Ma cos’è “Aerotropolis”?
Per “Aerotropolis” s’intende una città che cresce intorno ad un aeroporto, dove quest’ultimo diventa parte integrante dello sviluppo urbano e motore economico della stesso, perchè lo scambio di beni avviene proprio attraverso il trasporto aereo. Kasarda, lo studioso che ha coniato il termine “Aerotropolis”, sostiene che da sempre le città si sono sviluppate intorno ai luoghi utilizzati per il trasporto delle merci: i porti quando le merci venivano trasportate via mare, le stazioni ferroviarie durante la rivoluzione industriale, gli aeroporti con lo sviluppo delle città globali e sempre più interconnesse grazie anche al traffico aereo.
 
Come è nato questo nuovo progetto?
Stavo cercando un nuovo progetto da portare avanti nel tempo, ero appena arrivato a Bangkok e non avevo ancora le idee chiare su cosa focalizzarmi. Un giorno ricevo una telefonata dal Financial Times Magazine che mi chiede di fare un ritratto a John Kasarda. Dopo aver scattato i ritratti, ci siamo presi un caffè e mi ha spiegato nel dettaglio cosa s’intende per “Aerotropolis”: era il progetto che cercavo.
 
Vincitore di numerosi e importanti premi, si può dire che lei sia un giovane fotografo ormai di fama internazionale. Dalla sua biografia emerge che la sua formazione è stata subito orientata all’estero. Pensa che in Italia sia difficile fare fotografia?
No affatto, penso che si possa fotografare ovunque e sicuramente l’Italia, sopratutto nel momento storico che stiamo vivendo, è una fonte inesauribile di storie. Credo che ognuno debba trovare il proprio percorso, non c’è una strada prestabilita da seguire, la cosa più importante è guardarsi dentro e capire cosa vogliamo raccontare, quale storie sentiamo più vicine e quali storie riusciamo a comunicare agli altri con più ‘potenza’. Questo percorso è influenzato dalla personalità di ognuno, dalla formazione che si ha, dal legame con la propria terra di origine e dalla curiosità di conoscere e viaggiare.
 
Quale è il progetto fotografico a cui è più legato?
Non posso dire di essere legato ad un progetto specifico; tutti i progetti che seguo sono legati ad un periodo della mia vita. Ognuno di questi è rappresentativo di quello che sono e che sento in quel momento. Attualmente sono molto affascinato e stimolato da “Aerotropolis” e dal progetto sul Gange che seguo ormai da tre anni.

 

16 ottobre 2012

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