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Gilberto Maltinti di Parioli Fotografia, ”In Italia il livello delle gallerie fotografiche è mediamente più basso rispetto alle capitali europee o americane”

n Open space nel cuore dei Parioli, un lugo dove approfondire la fotografia e condividerne interesse e passione, in cui è possibile discutere, commentare a analizzare la fotografia d’autore, in tutte le sue sfaccettature. E' questo Parioli Fotografia, lo studio ideato da Gilberto Maltinti...

Il fotoreporter parla del suo studio, un luogo dove è possibile non fare solo fotografie ma anche parlarne, e commenta le problematiche e le peculiarità della fotografia in Italia

MILANO – Un Open space nel cuore dei Parioli, un lugo dove approfondire la fotografia e condividerne interesse e passione, in cui è possibile discutere, commentare a analizzare la fotografia d’autore, in tutte le sue sfaccettature. E’ questo Parioli Fotografia, lo studio ideato da Gilberto Maltinti, fotoreporter di viaggi, attualità, gastronomia e costume per settimanali e mensili del gruppo Espresso, Rizzoli e Corriere della Sera. Maltinti ce ne spiega le attività e commenta le problematiche e le peculiarità della fotografia in Italia.

Da cosa nasce Parioli fotografia?
Il mio studio nasce nel 2009 dall’esigenza di trovare un luogo dove fare e parlare di fotografia, nella mia città, Roma. Per i miei giornali e per i servizi ero e sono tutt’oggi spesso in viaggio. Quando ero a casa volevo un luogo dove non fare solo fotografie ma anche parlare di fotografia, raccontare di me e delle mie esperienze, confrontarmi con chi ha la mia stessa passione, non chiudermi esclusivamente davanti al pc per post-produrre. Da tempo poi i miei amici più stretti mi chiedevano consigli su come fare delle foto migliori soprattutto conoscere di più e meglio la propria macchina fotografica. Così è nata l’idea di fare corsi di fotografia e, come tutte le cose che nascono per gioco, con il passaparola, oggi sono 5 anni che facciamo corsi, almeno 10 ogni anno divisi tra base,  avanzati, workshop a tema come reportage e food styling, che sono i temi che amo di più. Con me da sempre collabora Lorenzo Monacelli, un ragazzo giovane di grande talento, non solo come fotografo ma che come “mago di photoshop”.

Quali attività vengono realizzate per promuovere la fotografia?
Oltre ai corsi base avanzati e workshop tematici, affrontiamo l’estetica fotografica attraverso incontri dedicati a grandi maestri, approfittando poi della possibilità di visitare le mostre in corso a questi dedicate. Un esempio è il ciclo BIANCO NERO, tre incontri dedicati alla poetica e al segno visivo di Giacomelli, Doisneau e Erwitt, in concomitanza con le mostre che sono in corso a Roma. Il venerdì sera sono decine gli appassionati che affollano il mio studio a via francesco siacci, 2/c nel cuore dei Parioli. A loro spiego la storia, le scelte fotografiche, la tecnica, la poetica e il periodo storico in cui ha vissuto ogni autore. Il sabato mattina poi andiamo a vedere la mostra guardando i capolavori appesi al muro con occhi e mente più attenti e consapevoli. In più stiamo preparando la seconda edizione del PARIOLI FOTOGRAFIA FESTIVAL, che lo scorso anno ha avuto un grande successo di pubblico. Stiamo lavorando anche a due viaggi fotografici, a luglio e agosto, in Europa.

Lei è un fotografo, quali sono i suoi maestri di riferimento?
Adoro il bianco e nero degli anni 50, 60, e 70 in Italia. L’ho riscoperto ora che sono grande, attraverso i libri che i miei genitori avevano a casa. Facendo dei nomi rischio sicuramente di dimenticare qualcuno ma senza dubbio trovo dei capolavori i libri di viaggio del Touring Club per i quali scattavano fotografi del calibro di Folco Quilici, Gianni Berengo Gardin, Italo Zannier, Aldo Scarpa, Giancarlo Botti, Monique Valentin, Pia zanetti, Giorgio Lotti. Attualmente sto rileggendo tutta l’opera di Burri soprattutto il suo capolavoro, Brasilia. Trovo Nino Migliori un maestro indiscusso e ai miei allievi dei corsi avanzati leggo sempre la sua opera invitandoli a prendere esempio di pulizia, concretezza, essenzialità del messaggio fotografico.

Cosa ne pensa dell’introduzione del digitale all’interno del mondo fotografico?
È stata una vera rivoluzione. Oggi ogni fotografo, dal professionista al fotoamatore competente, è autonomo dalla A alla Z. Pensa un’inquadratura, setta la macchina, scatta, e corregge se crede in post-produzione con programmi dedicati spesso facili. Con l’analogico ogni rullino, per chi non aveva la camera oscura, era preso e messo in mano allo stampatore. Ore e ore di confronto su come tagliare, contrastare le immagini. E spesso i risultati non erano soddisfacenti. Pensiamo solo al bilanciamento del bianco: oggi una qualsiasi macchina reflex di livello medio, se ben settata, lo fa praticamente alla perfezione. E ogni miglioramento successivo in post-produzione si ottiene utilizzando comandi semplici che si trovano nei programmi alla portata di tutti.

Pensa che in Italia ci sia abbastanza attenzione nei confronti della fotografia? Secondo lei cosa occorrerebbe fare?
Il livello delle gallerie è mediamente più basso che nelle capitali europee o americane. Nella sola Londra le gallerie che si occupano totalmente o anche solo in buona parte di fotografia sono circa 200. A Roma non esiste più una galleria fotografica di livello internazionale. I festival invece o le rassegne sono sì di buon livello ma non troppo ben collegate tra loro. Si potrebbe pensare di creare una rete effettiva tra i festival, di “mutuo soccorso”. Un esempio? Il festival  di fotografia Europea di Reggio Emilia, di alto livello e ben organizzato, dovrebbe avere un appendice a Napoli a Roma.

Oltre alle scuole specializzate in fotografia, crede che la fotografia abbia bisogno di essere trattata al pari di altre materie artistiche, all’interno delle scuole?
Sì certamente. Il livello di apprendimento di un giovane di 15 o 16 anni è altissimo, oggi, soprattutto perché è “nativo digitale” e ha in mano un macchina digitale. Quindi la didattica sulla parte tecnica si risolverebbe in pochi incontri e nel resto del tempo si potrebbe parlare più liberamente di cultura fotografica: cosa scattare e come per comunicare qualcosa a qualcuno. Ed è quello che mi sforzo di insegnare: per me fotografare significa guardarsi intorno concretamente.

2 marzo 2013

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