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Eugene Smith, il maestro della fotografia documentale

Uno dei più grandi fotoreporter della storia della fotografia, il massimo esponente, insieme a Robert Capa, dell'innesto del fotoreportage europeo in quello americano. Parliamo di William Eugene Smith, il fotografo documentarista statunitense, famoso per i suoi scatti di guerra nel corso del secondo conflitto mondiale e per i suoi famosi saggi fotografici: Il medico di campagna, La levatrice, Un uomo di carità e Il villaggio spagnolo, pubblicati per la più importante delle riviste dell’epoca, 'Life'...

Dall’esperienza sul campo di guerra al suo impegno sociale, la storia di uno dei più grandi fotoreporter di sempre

 

MILANO – Uno dei più grandi fotoreporter della storia della fotografia, il massimo esponente, insieme a Robert Capa, dell’innesto del fotoreportage europeo in quello americano. Parliamo di William Eugene Smith, il fotografo documentarista statunitense, famoso per i suoi scatti di guerra nel corso del secondo conflitto mondiale e per i suoi famosi saggi fotografici di denuncia sociale: Il medico di campagna, La levatrice, Un uomo di carità e Il villaggio spagnolo, pubblicati per la più importante delle riviste dell’epoca, ‘Life‘.

 

GLI INIZI – Eugene Smith Nasce a Wichita, Kansas, nell’Ovest degli Stati Uniti, nel 1918. Smith impara a conoscere la fotografia giovanissimo da sua madre, Nettie ma dei suoi primi scatti non rimane traccia: fu lui stesso distruggerli anni dopo, giudicandoli troppo scarsi. La sua passione per gli aeroplani lo porta a vedersi già all’età di 14 anni pubblicata la sua prima foto sul New York Times. Nel 1936 fu ammesso alla Notre Dame University dove un corso di fotografia fu istituito appositamente per il promettente giovane fotografo. Abbandonata l’università, iniziò a collaborare con il settimanale Newsweek, da cui fu allontanato per aver rifiutato di lavorare con le ingombranti macchine Graphic 4×5.

 

FOTOREPORTER DI GUERRA – Nel 1939 Eugene Smith entra a far parte dello staff di Life, per il quale collabora fino al 1941, anno che lo vede impegnato, come corrispondente di guerra sul fronte del Pacifico, oltre che per Life anche per Popular Photography. Il 23 maggio 1945 nel croso della battaglia di Okinawa venne ferito al volto dall’esplosione di una granata. Nei due anni successivi fu costretto a dolorosi interventi e a una lunga riabilitazione, in un periodo in cui si domandò più volte se avrebbe mai ripreso a fotografare. Nel 1947 tornò a Life per realizzare alcuni memorabili reportage che sono ancor oggi precisi punti di riferimento non solo per quanti sono particolarmente interessati alla fotografia giornalistica.

 

L’ESPERIENZA CON LA MAGNUM – Nel 1955 abbandona Life e si lega all’agenzia Magnum Photos, per la quale realizza un reportage su Pittsburgh che gli varrà il primo dei suoi tre premi Guggenheim (1956, 1957, 1968). Negli anni successivi Smith torna a collaborare con Life e realizza alcuni dei reportage più celebri pubblicati dalla rivista americana: su tutti "Spanish Village", in cui è raccontata una cittadina spagnola in pieno franchismo, e "Country Doctor", narrazione fotografica della vita di un comune medico condotto in Colorado. Il rapporto con Life finì per deteriorarsi, e con esso crollò la fiducia di Smith verso il sistema dell’informazione americano. Nonostante questo, nel 1971 realizzò uno dei suoi reportage più riusciti, "Minamata", in cui fotografò i tragici effetti dell’inquinamento da mercurio in Giappone. Dal 1959 fino al 1978, anno della sua morte, ha alternato la sua attività di fotografo a quella di insegnante, ottenendo nel 1976 una cattedra all’Università dell’Arizona.

NEL CUORE DELL’IMMAGINE – "Non ho mai scattato una foto, buona o cattiva, senza che mi provocasse un turbamento emotivo." Questo aforisma riassume il concetto di fotografia di Eugene Smith. Attraverso i suoi scatti, l’artista è riuscito a raccontare storie di vita toccando le emozioni e la coscienza degli spettatori. Lo spirito che ha caratterizzato il suo approccio verso il suo lavoro è incentrato nell’azione. Come dimostrato durante la campagna nel Pacifico, Eugene Smith fotografava a terra, in mare e in aria, sperando di riuscire a comunicare simbolicamente il senso della esperienza della guerra, e, come da lui stesso affermato, "affondare nel cuore dell’immagine".

 

STRUMENTO DI SENSIBILIZZAZIONE SOCIALE – Rimasto colpito dall’esperienza della guerra, decise di utilizzare la fotografia come strumento di sensibilizzazione sociale, spiegando così il perché di questa scelta: “Volevo portare con le mie fotografie qualche messaggio contro l’avidità, la stupidità e l’intolleranza che queste guerre provocano”. A rappresentare questa sua nuova fase la famosa fotografia, “The Walk to Paradise Garden”, la prima scattata dopo l’incidente di guerra e che rappresenta i suoi due figli che camminano mano nella mano in un bosco è una delle immagini da lui più amate. Trasferitosi a New York, decise di documentare la vita nelle strade della metropoli e immortalare la comunità artistica della città. Questo suo lavoro culminerà in una acclamata mostra dal titolo “Let Truth Be The Predjudice” Pregiudizio”, al Jewish Museum di New York nel 1970. Conseguentemente al suo impegno ambientale in Giappone, anche attraverso il suo ultimo reportage "Minamata" con il quale denunciava gli effetti dell’inquinamento da mercurio in un villaggio di pescatori, fu picchiato a sangue da teppisti assoldati da una azienda chimica. Le lesioni subite lo portano alla perdita quasi totale della vista, ma ciò non gli ha negato di continuare, attraverso la sua voce e le sue opere, di insegnare e tramandare la sua concezione artistica.

 

23 ottobre 2012

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