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Alessandro Burato, ”La mia fotografia va oltre il nudo e ritrae la superficie”

Ricercare l'infinita bellezza della superficie, come il grande Richard Avedon, questo il senso dell'esposizione ''Nudaluce: la pelle non passa mai di moda'', la personale di Alessandro Burato che il 3C di Cascina-Silvio Barsotti allestisce all'Angolo di Borgo di Giovanni Allegrini...
“Nudaluce: la pelle non passa mai di moda” è l’esposizione fotografica di Alessandro Burato, allestita a Pisa. Protagonisti in ogni scatto la pelle e la luce che vi si riflette

MILANO – Ricercare l’infinita bellezza della superficie, come il grande Richard Avedon, questo il senso dell’esposizione “Nudaluce: la pelle non passa mai di moda”, la personale di Alessandro Burato che il 3C Cascina Silvio Barsotti allestisce all’Angolo di Borgo di Giovanni Allegrini, a Pisa. La mostra, curata da Enzo Gaiotto e collocata in uno dei più importanti e suggestivi spazi espositivi, nel cuore della città vecchia, è visitabile fino al 28 febbraio.

IL FOTOGRAFO
– Alessandro Burato è un giovane ritrattista pisano che quando parla di fotografia cita sempre una famosa frase di Richard Avedon : “Le mie fotografie non vogliono andare al di là della superficie, sono piuttosto letture di ciò che sta sopra. Ho una grande fede nella superficie che, quando è interessante, comporta in sé infiniti spunti.” La passione di Burato per la fotografia nasce dal confronto con questo grande artista. A proposito di Avedon dichiara: “Nutro ammirazione per la sua onestà intellettuale, per la sua capacità di vivere negli ambienti frivoli della moda senza lasciarsi corrompere, ma rafforzando la sua natura di ritrattista minimale, per il suo amore ossessivo per la “superficie” che ha portato a capolavori come quelli di “The American West”.

NUDA LUCE – Burato non lavora quasi mai con modelle e modelli professionisti, a loro preferisce  persone normali, per quell’intima restituzione, di cui parla il Maestro, di una superficie “infinita”, che supera il visibile. Poco più di due anni fa Alessandro Burato ha trasformato la sua passione in lavoro, creando “Buonaluce”, attività che gestisce insieme a un socio, dedicata a servizi fotografici per matrimoni. In “Nudaluce” i suoi scatti appaiono levigati e intrisi di una luce che racconta  le superfici, e l’essenza, di ogni soggetto immortalato. Intervistato, il fotografo ci presenta la mostra.

Com’è nata la mostra “Nudaluce: la pelle non passa mia di moda”?
La mostra è nata da una coincidenza quasi, poiché ho partecipato a un concorso FIAF al 3C Cascina di Silvio Barsotti e una mia foto è stata vincitrice relativamente alla categoria del bianco e nero. Enzo Gaiotto, che fa parte del circolo, mi ha invitato ad esporre all’Allegrini, spazio molto rinomato, uno dei più antichi negozi di fotografia italiana e prestigioso angolo espositivo a Pisa. Ho accettato piacevolmente stupito.

Può parlarci della sua carriera fotografica? Quali sono le caratteristiche principali del suo stile?
Io sono un professionista con partita iva, ma non faccio parte di alcuna Associazione. Sono ritrattista minimalista, mi piace lavorare in studio, soprattutto lavorare con il soggetto e basta. In particolare, proseguendo su questa strada, sono venuti fuori questi ritratti, fino al nudo: una modalità di ritratto definitivo. Non intendo però il nudo glamour, da calendario, che è pure rispettabilissimo. Parlo del nudo come approdo definitivo nell’arte del ritratto.
La mia clientela è composta da persone comuni più che da modelle, da chiunque voglia avere un servizio fotografico, e l’attenzione alla pelle è nata proprio da questi lavori. Quando non ci sono più vestiti resta la pelle, e la luce. La luce che, secondo me, è la protagonista indiscussa di ogni scatto.

Quali sono gli aspetti che cerca di riprender dal grande Avedon?

Lo venero, ben consapevole dell’impossibilità di paragonarmi a lui. Ammiro la sua personalità, la sua grandezza e nel contempo la sua umiltà, ha vissuto negli ambienti assolutamente più alla moda, in mezzo a donne splendide, tuttavia ha trascorso i suoi primi suoi 10 anni di carriera facendo fototessere per imparare la tecnica. Nonostante il fashion in cui era immerso, nonostante Harper’s Bazaar e Vogue, ha deciso di girare l’America per ritrarre persone comuni, operai, minatori, che lo hanno reso celebre con la serie “American West”, incredibile cosa sia riuscito a fare con soggetti comuni e uno sfondo bianco. Mi sembra fondamentale rilevare che, a differenza di grandi artistoidi, Richard Avedon non ha mai avuto la pretesa di andare oltre la superficie, poiché già questa è strabiliante e infinitamente interessante. Il mio motto è appunto riuscire a rendere la superficie. Già questo sarebbe per me una grandissima soddisfazione.

13 febbraio 2013

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