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Al MIA Fair si riscoprono i libri d’artista

L'attenzione per i libri di fotografia è uno degli aspetti principali di MIA Fair, in corso ancora per oggi a Milano: ricchissima è la sezione editoria, con una vasta gamma di pubblicazioni esposte. Ai libri d'artista, e in particolare al collezionismo di volumi di questo tipo, è stato anche dedicato uno degli approfondimenti in programma...
Tre grandi collezionisti, Claudio Palmigiano, Giorgio Maffei e Christoph Schifferli, hanno spiegato in uno degli incontri di approfondimento cosa siano i libri d’artista e come abbia contribuito a scrivere una parte poco conosciuta della storia della fotografia  
 
MILANO – L’attenzione per i libri di fotografia è uno degli aspetti principali di MIA Fair, in corso ancora per oggi a Milano: ricchissima è la sezione editoria, con una vasta gamma di pubblicazioni esposte. Ai libri d’artista, e in particolare al collezionismo di  volumi di questo tipo, è stato anche dedicato uno degli approfondimenti in programma, svoltosi in compagnia di tre grandi collezionisti, Claudio Palmigiano, Giorgio Maffei e Christoph Schifferli.  
 
LA FOTOGRAFIA, DA MEZZO DI DOCUMENTAZIONE AD ARTE – A introdurre l’argomento è stato Palmigiani, con un breve excursus sulla storia della fotografia e su come siano cambiati nel tempo gli intenti di questo mezzo espressivo. “La fotografia è nata come strumento di documentazione della realtà”, spiega. “Solo in seguito si è affermato un tipo di fotogiornalismo in cui, oltre all’aspetto della testimonianza, c’era anche una ricerca di qualità – pensiamo al lavoro dei fotografi dell’agenzia Magnum, o alle fotografie di riviste come Life, National Geographic. La fotografia ha cambiato il suo ruolo quando è passata da fine a mezzo, quando si è iniziato a usare la macchina fotografica come uno strumento per raggiungere un fine espressivo. Oggi la fotografia non è una rappresentazione automatica della realtà, e non è detto neppure che debba essere qualitativamente straordinaria per essere considerata arte.” Per chiarire ciò che intende dire, Palmigiani mostra alcune foto tratte dalla sua collezione, e cita il lavoro di alcuni fotografi: Cindy Sherman, per esempio, che negli anni ’70-’80 aveva realizzato una serie in bianco e nero e una serie a colori di fotografie di donne, immagini importanti per il valore di denuncia degli stereotipi femminili di quei tempi, non tanto per la tecnica straordinaria. Venendo più nello specifico all’argomento dell’incontro, Palmigiani dichiara che, anche tra persone informate, non c’è chiarezza su cosa si intenda per libro d’artista.
 
LA DEFINIZIONE SFUGGENTE DEL LIBRO D’ARTISTA – “Io mi occupo di libri d’artista da vari anni e in differenti modalità, in diversi ruoli, da quello del collezionista a quello del mercante”, interviene Giorgio Maffei. “Eppure nemmeno io saprei definire cosa sia un libro d’artista. È una materia sfuggente. Da giovane pensavo che si trattasse di un oggetto realizzato dall’artista in maniera assolutamente libera, senza ingerenze da parte di altri soggetti, come i critici, e indipendente da altri progetti, come poteva essere quello di una mostra. Ma mi sono reso conto che la realtà non è così rigida. Anche le schematizzazioni temporali fatte dalla critica sul libro d’artista sono troppo rigide. Una certa critica per esempio ritiene che grazie al lavoro dell’americano Ed Ruscha negli anni ’60 si sia consolidata l’idea del libro d’artista nella sua forma perfetta. Ma allora cosa ne facciamo dei libri delle avanguardie, dei grandi libri futuristici, che contengono tutti gli elementi dell’oggetto d’arte? Dire che il libro d’artista nasce negli anni ’60 è riduttivo. 
 
IL LAVORO DI ED RUSCHA – Con Ed Ruscha, spiega comunque Maffei, il libro d’artista diventa sicuramente qualcosa di nuovo. Da quegli anni per esempio inizia a contemplare anche l’uso della fotografia. Uno dei lavori di Ruscha è “Twentysix Gasoline Stations”, un libro di piccolo formato realizzato con le fotografie di ventisei stazioni di servizio. “Ruscha non lo fa stampare da un grande tipografo, a dimostrazione di quanto diceva prima Palmigiani: l’importante non è che l’immagine sia di grande qualità. Inizialmente, Ruscha lo fa stampare in trecento copie, ma poi si rende conto di aver fatto un errore: scegliere una piccola tiratura significava inserirsi nella concezione precedente del libro d’artista, quella di un oggetto pregiato di bella edizione. La sua idea invece è quella di portare il libro d’arte a tutti, di farne un prodotto che si può vendere ai supermercati. Immediatamente allora ne fa stampare 3 mila copie.”
 
L’ATTENZIONE DELL’ARTISTA PER L’OGGETTO LIBRO – “Io ho scoperto il libro d’artista negli anni ’80, quando ho iniziato a collezionare fotografia”, interviene Schifferli. “Ho iniziato a comprare anche libri di fotografia, libri sugli autori e monografie. Ho scoperto così che ci sono libri sui fotografi e libri fatti dai fotografi, che realizzano determinati progetti in vista della pubblicazione. E poi mi sono accorto che ci sono libri che non rientrano né nell’una né nell’altra categoria, che usano sì le fotografie, ma non al fine della loro pubblicazione: lo scopo di quei lavori non è mostrare gli scatti, ma farne qualcosa di diverso. Due artisti mi hanno colpito in particolare, Ruscha e il tedesco Feldmann, che assemblava a mano dei piccoli libretti che poi metteva in esposizione sul tavolo della galleria: il pubblico poteva prenderli liberamente, l’artista non li trattava come oggetti pregiati. Di Ruscha c’è anche un libro intitolato ‘Nine Swimming Pools’, con le foto di nove piscine. Fa parte della stessa collana di  ‘Twentysix Gasoline Stations’, concepita come collana di volumi di uguale formato, con le stesse dimensioni. Dato che nel caso di ‘Nine Swimming Pools’ le immagini erano solo nove, Ruscha ha aggiunto delle pagine bianche, che costituiscono i due terzi del libro. A dimostrazione ancora una volta di quanto si diceva: l’interesse era rivolto più all’oggetto libro che alle immagini”.
 
UN OGGETTO D’ARTE NON ABBASTANZA VALORIZZATO – Se la definizione del libro d’artista è sfuggente, quel che è certo è che, purtroppo, questi oggetti non sono difficilmente accessibili. Su questo, Palmigiani, Maffei e Schifferli sono concordi. Sono pochissime le librerie che li trattano, e quel che più dispiace è che non venga riservata loro la giusta attenzione dal mondo dell’arte. Non si concepiscono esposizioni dedicate ai libri d’artista, semmai ne viene esposto qualcuno in qualche teca a margine di mostre fotografiche, pittoriche o d’altro tipo. Molto spesso questi volumi giacciono in esemplari unici in biblioteca, senza che nessuno li possa vedere. Fortunatamente, occasioni come questa fiera, con la sua ricca proposta anche in questo settore, consentono di scoprirli.
 
12 maggio 2013
 
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