Inizia il weekend. Per molti, questi due giorni di libertà non portano pace, ma una strana pressione. Spesso c’è un’agenda mentale che preme più degli altri giorni della settimana. Pulizie arretrate, sport da fare a tutti i costi, spesa al supermercato, incontro con gli amici, auto da lavare, serie da finire a tutti i costi, e si potrebbe continuare all’infinito.
L’idea di “non fare nulla”, di lasciare dei momenti vuoti tra un impegno e l’altro, genera disagio. Fa sentire in colpa, quasi pigri. Per molti, se ci si ferma, l’ansia sale.
Il fine settimana finisce inevitabilmente per trasformarsi da un momento di riposo, a due giorni in cui lo stress finisce per superare quello accumulato gli altri giorni della settimana.
Ma perché ciò accade? La risposta è scomoda ed è la stessa da 350 anni: è la “paura del vuoto“. Un filosofo, Blaise Pascal, ha teorizzato questa trappola secoli fa, e oggi è diventata una delle chiavi per capire l’ansia collettiva da tempo libero.
Facendo leva sulle congetture di Pascal e coinvolgendo altri illustri colleghi pensatori, proviamo a capire perché si cade in questo paradosso e come, finalmente, imparare ad uscire da questo paradosso.
La “paura del vuoto” e l'”angoscia della camera”. Le Intuizioni di Pascal
Per capire la radice dell’ansia da weekend, bisogna tornare a Blaise Pascal. Nei suoi Pensieri, all’interno della sezione dedicata alla “Miseria dell’uomo senza Dio” e in particolare nel capitolo sul “Divertissement” (Distrazione), il filosofo individua nella noia e nell’incapacità di stare fermi la fonte primaria dell’infelicità.
Il problema, scrive Pascal nel frammento 79, è che il riposo totale ci costringe a guardarci dentro, e ciò che vediamo ci terrorizza:
Niente è insopportabile all’uomo quanto l’essere in pieno riposo, senza passioni, senza occupazioni, senza divertimenti, senza faccende. Sente allora la sua nullità, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua impotenza, il suo vuoto.
Questo “vuoto” è l’angoscia che emerge nel tempo libero del weekend. Per non affrontare questa sensazione di nullità, l’essere umano ha inventato un meccanismo di fuga: il Divertissement.
Nel frammento 83, Pascal formula la sua intuizione più celebre, collegando direttamente l’infelicità alla fuga dal riposo:
…ho scoperto che tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non sapersene restare tranquilli in una camera.
L’agenda fitta del fine settimana (pulizie, sport, impegni sociali) è una forma moderna di Divertissement. Non è un programma di rigenerazione, ma una fuga organizzata dal “vuoto” della “camera”.
Blaise Pascal smaschera questa illusione spiegando che non cerchiamo la felicità nelle cose, ma cerchiamo l’agitazione per non pensare a noi stessi. Cerchiamo la “caccia, e non la preda”. In un passaggio che sembra descrivere perfettamente il paradosso del weekend, scrive:
Così gli uomini che sentono naturalmente la loro condizione non evitano nulla tanto accuratamente quanto il riposo: non vi è niente che essi non facciano per poter vivere in agitazione
Il risultato è un ciclo infinito in cui il riposo è visto solo come un traguardo futuro, che però, una volta raggiunto, diventa insopportabile:
Così scorre via tutta la vita. Si cerca il riposo combattendo diversi ostacoli; ma, quando si sono superati, il riposo diventa insopportabile; perché si pensa o alle miserie che si hanno, o a quelle che ci minacciano. E quand’anche ci si vedesse abbastanza al riparo da ogni parte, la noia, con la sua autorità privata, non tralascerebbe di affiorare dal profondo del cuore, dove ha radici naturali, e di riempire lo spirito del suo veleno.
Lo stress da iper-programmazione del weekend, quindi, è preferibile all’angoscia del vuoto che emergerebbe se ci fermassimo davvero.
Così, l’uomo è tanto infelice, che si annoierebbe anche senza nessuna causa di noia, per lo stato stesso della sua conformazione; ed è così vano, che pur essendo pieno di mille cause essenziali di noia, la minima cosa, come un biliardo o una palla da spingere, sono sufficienti a distrarlo.
Dalla fuga all’auto-sfruttamento: il supporto di Byung-Chul Han
Se Pascal ha diagnosticato la necessità della fuga dal vuoto (il Divertissement), il filosofo contemporaneo Byung-Chul Han spiega perché questa fuga oggi sia diventata così stressante.
Nel suo saggio fondamentale La società della stanchezza, Han sostiene che non viviamo più in una “società disciplinare”, basata su ordini e divieti esterni, il “Devi!”. Viviamo in una “Società della Prestazione” (Leistungsgesellschaft), dove l’imperativo è diventato un sussurro interiore: “Puoi!”.
Siamo diventati “imprenditori di noi stessi”, spinti da un obbligo interno di auto-ottimizzazione continua.
La società della prestazione […] è caratterizzata dal verbo modale potere (Können). […] L’illimitato potere è la massima della società della prestazione.
Il Divertissement di Pascal, oggi, non è più solo la “caccia alla lepre” per distrarsi. È diventato un progetto da ottimizzare. Il tempo libero è l’estensione di questo auto-sfruttamento:
- Lo sport non è più gioco, ma performance fisica e ottimizzazione della salute.
- Il riposo non è più pausa, ma recupero efficiente per tornare produttivi.
- La vita sociale non è comunione, ma networking o performance da documentare.
In questo sistema, non si ha più un “padrone” esterno che opprime, ma si diventa schiavi di se stessi. Come scrive Han, il soggetto di prestazione “è padrone e schiavo di sé stesso”.
La “paura del vuoto” (Pascal) si combina così con la paura del fallimento (Han). Il tempo vuoto del weekend non solo spaventa (nullità), ma appare come un’inefficienza, un’occasione sprecata. Si finisce per auto-sfruttarsi chiamandolo “relax”, e questo genera un burnout, esaurimento psico-fisico dovuta allo stress cronico legato al lavoro, anche quando si vive il tempo libero.
Il senso di colpa per l’ozio: il blocco di Russell
C’è un ultimo strato che cementa il paradosso del weekend: il senso di colpa. Anche quando si desidera fermarsi, una voce interiore accusa di “sprecare tempo”, di essere “pigri”.
Questa voce è l’eco della cosiddetta “etica del lavoro”, un dogma che il filosofo Bertrand Russell ha demolito nel suo celebre saggio del 1932, Elogio dell’ozio.
Russell sostiene che la società moderna ha interiorizzato l’idea (derivata da una morale imposta per secoli) che il lavoro, inteso come attività produttiva, sia una virtù morale in sé. Di conseguenza, l’ozio (il “non fare” produttivo) è visto come un vizio.
Un’immensa quantità di danno è prodotta dalla convinzione che il lavoro sia virtuoso.
La “paura del vuoto” (Pascal) è così rinforzata dal “senso di colpa” (Russell). Non riusciamo a riposare perché consideriamo l’inattività un fallimento morale. Il “dolce far niente” non è più dolce, è carico d’ansia.
Per Russell, questo è un errore tragico. L’ozio, inteso come tempo liberato dalla necessità produttiva, non è pigrizia; è la condizione necessaria per le attività che rendono l’uomo civile e felice:
L’ozio è il presupposto della civiltà.
Siamo quindi in una triplice trappola psicologica:
- Fuggiamo dal vuoto perché ci angoscia (Pascal).
- Trasformiamo la fuga in un lavoro stressante di auto-ottimizzazione (Han).
- Ci sentiamo in colpa se proviamo a smettere di “lavorare” (Russell).
La via d’uscita: una corretta filosofia del tempo libero e del riposo
Non esistono “cure” magiche o soluzioni prescrittive, ma la filosofia offre lo strumento più potente: la consapevolezza. Comprendere la diagnosi è il primo passo per disinnescare il paradosso. La via d’uscita non è un “fare” diverso, ma un “pensare” diverso.
Quindi proviamo a prenderci dai grandi studiosi e pensatori ciò che loro offrono di meglio, “pensiero”, che vale più di mille corsi motivazionali. Adottare una giusta filosofia di vita è possibile se si apprende, se si coltiva la mente con nuova linfa conoscitiva. D’altronde investire il proprio tempo nella lettura dei libri, nel consumo di cultura serve a prendere coscienza delle false convinzioni che ci costruiamo e a diventare più liberi nei confronti di ciò che la società impone.
Tre suggerimenti per una nuova filosofia del weekend
Seguendo il pensiero di questi tre grandi filosofi si possono evidenziare tre facili principi da adottare per liberarsi dall’ansia da weekend.
1. Pascal: riconoscere il Divertissement
La prima consapevolezza è ammettere la “paura del vuoto”. Quando l’ansia di “fare qualcosa” sale, l’approccio filosofico non è riempire quel vuoto, ma chiedersi perché ci spaventa. Riconoscere che si sta cercando una distrazione (il Divertissement) per non “restare nella camera” è già un atto di liberazione. È la differenza tra l’agire compulsivo e la scelta consapevole.
2. Han: interrogare la prestazione
La seconda consapevolezza è smascherare l’auto-sfruttamento. Di fronte a un’agenda fitta, l’approccio filosofico è interrogare lo scopo. “Sto facendo questa cosa per un piacere autentico, o per ‘performare’ il mio tempo libero? Per chi sto ottimizzando questo riposo?”. Disarmare la prestazione non significa non fare nulla, ma smettere di trattare il riposo come un secondo lavoro.
3. Russell: riabilitare l’ozio
La terza consapevolezza è ridefinire il valore dell’inattività. Per combattere il senso di colpa, l’approccio filosofico è capire che l’ozio non è “tempo sprecato”, ma “tempo liberato”. Come insegna Russell, è in quel tempo apparentemente “inutile” che risiedono le attività più profondamente umane: la contemplazione, il gioco, la conversazione disinteressata, la creatività.
Il vero riposo, in fondo, non è un’attività da aggiungere alla lista. È un atto filosofico di resistenza. È la scelta di definire il proprio valore al di là della propria produttività.
