”La scuola ha un ruolo fondamentale nella cultura all’arte”. Le parole di Massimiliano Tonelli, direttore del giornale online Artribune, nella nostra intervista
MILANO – L’Italia è uno dei Paesi con il più bel patrimonio artistico. Spesso, putroppo, non apprezzato a dovere. E allora ci siamo chiesti: quali strategie bisognerebbe adottatare per diffondere ancora meglio il bello dell’arte? Per rispondere a questa domanda abbiamo pensato di incontrare un esperto del settore, che ci ha chiarito definitivamente, secondo il suo punto di vista, in che situazione si trova l’arte in Italia. Lui è Massimiliano Tonelli, direttore di Artribune, uno dei megazine dedicati all’arte più conosciuto e più apprezzato. Ecco cosa ci ha raccontato
Artribune è il più seguito strumento d’informazione e approfondimento sull’arte. Quando e come nasce questo progetto editoriale?
Nasce all’inizio del 2011. Un gruppo di professionisti cresciuto assieme in altri progetti editoriali ha deciso di rilanciare e di fondare una piattaforma nuova, più al passo coi tempi, con un linguaggio ancora una volta nuovo, con una relazione forte coi social network e con i contenuti multimediali. È andata così. E, incredibilmente, è andata bene.
Non solo magazine online, ma anche freepress. Avete oltre 250 collaboratori in tutto il mondo e un tiratura di 55 mila copie in tutta Italia. I numeri ci sono. Si può dedurre che tra gli italiani e l’arte c’è un buon feeling?
Ci mancherebbe altro. Certo che sì. Quale popolo non ha feeling con l’arte. Poi, in Italia, l’arte è, o dovrebbe essere, proprio qualcosa di familiare. Qualcosa di casa.
Ancora oggi, però, sono solo i grandi nomi dell’arte ad attrarre folle di visitatori all’ingresso delle gallerie. Come mai, secondo lei? Mancanza di cultura?
Sì, mancanza di cultura. Peggio: mancanza di formazione. Le persone andranno a vedere gallerie d’arte contemporanea e mostre di ricerca in massa, come succede all’estero, quando impareranno – a scuola! – che quella è arte tanto quanto quella antica. Che merita lo stesso rispetto, la stessa attenzione, lo stesso spazio, la stessa concentrazione. Fintanto che a scuola ci verrà inculcata l’idea che qualcosa di antico vale in qualche modo di più che qualcosa di moderno non ne usciremo mai. Oggi, mentre scrivo questa intervista, la scuola italiana continua a radere al suolo la curiosità e l’apertura mentale delle nuove generazioni. Dal momento stesso in cui smetteremo di farlo, occorreranno una venticinquina d’anni per iniziare a vedere i primi risultati. Quando si inizia?
Qual è, ad oggi, la reale situazione dell’Arte in Italia?
Pessima, davvero pessima. Pessima a livello statale, con un Ministero che non funziona e con migliaia di persone che lucrano e che si sono adattati – tanto da ostacolare qualsiasi cambiamento – a questi malfunzionamenti. Pessima a livello locale con i comuni che, devastati da una malagestione cronica e dai tagli, hanno pensato bene di risparmiare sugli investimenti in cultura (basti vedere quanti sono i musei che hanno chiuso dell’inizio della crisi). E pessima anche a livello privato con troppo poche realtà che investono e puntano su questo ambito e con un quadro normativo che non invoglia – o invoglia troppo poco – l’investimento in cultura da parte delle aziende. Pessimo anche il livello della formazione: le nostre accademie non sono, salvo troppo poche eccezioni, degne di un paese occidentale. C’è un aspetto molto positivo: se ci svegliamo, possiamo solo migliorare. Anche perché i nostri fondamentali non sono di nessun altro paese. La leadership italiana, potenzialmente, non è raggiungibile nei campi della qualità della vita, della cultura, del genio, del paesaggio, dell’enogastronomia. Eppure sono decenni che ci stiamo suicidando.
I giovani e l’arte: che rapporto c’è? Secondo lei, quali potrebbero essere gli strumenti e le iniziative più adatte per avvicinare questi due mondi? In particolare, che ruolo hanno riviste, blog e community del settore?
Le riviste e la stampa hanno un ruolo fondamentale. Specie internet, visto che sempre più difficilmente i giovani (e anche i meno giovani) leggono carta stampata. Ma come ho detto il precedenza il ruolo chiave è quello (oltre che della famiglia, beninteso) della scuola. Non si esce dalle difficoltà attuali se non da lì…